Strage di stato: le prossime iniziative

Ricordare tutto, ricordare tutti. La memoria è un bene comune.

Di seguito la lista delle prossime iniziative e anche i link ai singoli eventi con aggiornamento delle adesioni.

28 novembre ore 21 @ viale Monza 255 – circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa

Pietro Valpreda. Memoria, passione, poesia. Ricordare tutti!Pietro Valpreda. Memoria, passione, poesia. Ricordare tutti!

In occasione del cinquantesimo della strage di stato, vogliamo ricordare Pietro Valpreda, accusato ingiustamente di essere l’autore dell’attentato alla Banca dell’Agricoltura, in un modo speciale: presenteremo il primo dei suoi libri “Tre giorni a luglio. Tri di a lüi”, un romanzo noir uscito nel 1997 e che viene oggi ristampato per le edizioni “La vita felice”; avremo il piacere di ospitare Olmo Losca che ci farà ascoltare le sue poesie sociali e quelle composte da Pietro, ci saranno anche gli interventi di Mauro Decortes del Ponte nonchè animatore della campagna Valpreda e Saverio Ferrari dell’Osservatorio Democratico sulle Nuove Destre.
Ci sarà anche Pia Valpreda.
Qualcuno vorrebbe far dimenticare Valpreda o farlo diventare un personaggio secondario, aiutando così, magari inconsapevolmente, qualcun’altro a insinuare dubbi sulla sua estraneità alla strage.
Noi continueremo a difendere la memoria. La memoria è un bene comune.
E’ molto importante che questa iniziativa, come quelle del corteo del 12 dicembre alle 18 da Piazza Fontana e la serata del 15 dicembre al Leoncavallo, abbiano una buona partecipazione. Aiutateci a difendere la memoria!
P.S.
Ci sarà anche della musica ( a sorpresa ) e anche un’altra sorpresa…..
Vi aspettiamo alla Sala Pinelli del Ponte!!

Evento: link

8 dicembre @ viale Monza 255 – circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa

Proiezione "12 pasolini"Proiezione “12 dicembre”

«Ci ho lavorato, l’ho montato io, ho scelto io le interviste ma non ho messo la regia, perché gli avvocati che l’hanno visto mi hanno detto che era pericolosissimo, che mi avrebbero messo in prigione. E allora abbiamo trovato una formula per cui il mio nome ci fosse, perché chi voleva capire capisse, ma formalmente non potessero procedere contro di me», racconta Pasolini parlando del suo film.
Questa era l’atmosfera nel ’69, questo il livello repressivo messo in campo dallo stato per contrastare l’animo rivoluzionario che serpeggiava fra le persone. Questo è parte di quanto la rimozione di questi giorni, vuole cancellare dalla memoria e far passare alla storia come un brutto episodio dove i familiari piangono i loro cari (vittime o carnefici che siano) uniti insieme dal dolore.
Il film restituisce bruscamente il bianco e il nero di un tempo che sembra ora lontanissimo, come ciò che è finito, ha perduto, si è messo da parte: ed è stato rimosso. Un’inchiesta, un documentario che parla del lavoro e della società e che attraversa, con i suoi morti, i suoi problemi.
Nel DVD oltre al film ci sono extra video 50 minuti di filmati inediti in assoluto di cinema militante degli anni ’70 commentati con una selezione di Canzoni del proletariato di Lotta Continua. Inoltre nel cofanetto c’è una nuova edizione aggiornata del libro “Il malore attivo dell’anarchico Pinelli”, a cura di Adriano Sofri. Con scritti, tra gli altri, di: Licia Pinelli, Goffredo Fofi e Mauro Decortes del Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa.

Proiezione con intervento di Mauro Decortes

Evento: link

12 dicembre ore 11 @ via Bergamini angolo via Larga

Saverio SaltarelliSostituzione Lapide Saverio Saltarelli

Il 12 dicembre sostituiremo la lapide di Saverio Saltarelli ucciso durante gli scontri in occasione del primo anniversario della Strage di Stato in accordo con i familiari e i suoi compagni di lotta, La lapide rispetterà la sua identità di comunista internazionalista.

Evento: link

12 dicembre ore 18 @ Piazza Fontana

corteo 12 dicembre 2019Corteo partigiano a 50 anni dalla strage di Stato.

Dalle ore 18:00 musica dal vivo, filmati e sorprese. A seguire corteo.

In vista della manifestazione per la strage di stato il riferimento alla memoria storica e alla sua difesa compare sempre.
Sarebbe però meglio chiarire di quale memoria stiamo parlando.
La memoria dei fatti? La memoria che racconta che lo stato democratico ha ammazzato Pinelli? La memoria di parte, della parte delle vittime?
O un’altra memoria? Quella che sembra emergere dai comunicati/appelli letti finora parla di uno stato bifronte: una faccia che organizza e partecipa alla costruzione della strategia della tensione, individua in alcuni anarchici capri espiatori dei loro crimini, commissiona stragi, omicidi… che perpetua nel presente la sua natura oppressiva: lo stato di Genova 2001, della TAV, di EXPO, dei CPR, dei decreti sicurezza, degli omicidi sul lavoro, degli emarginati fuori dalla logica del mercato e/o dal mercato sfruttati, del DASPO che pure a Milano si applica tra il compiacimento di alcuni e qualche mal di pancia di altri, la Milano la cui amministrazione erode lo spazio a verde (piazza d’armi) per cementificare (salvo poi scattare qualche selfie greenwasher), l’amministrazione che regala quartieri alla speculazione edilizia, che aumenta i biglietti ATM aumentando così il divario fra poveri e ricchi, l’amministrazione che fa della città un terreno da svendere ai grandi eventi come le olimpiadi e che spinge fuori da ogni quartiere i precari, i migranti ed ogni persona che non rende appetibile e “bello” il territorio. La famosa “riqualificazione”.
E l’altra faccia che va assolta, ingenua, ignara che si rifà ai principi della carta costituzionale e che per oltre 20 anni non individua responsabili se non quelli indicati dall’altro se stesso e non è mai capace di condannare i reali colpevoli ( individuati fuori tempo massimo ) e tanto meno se stesso?
Uno stato bifronte a cui si chiede giustizia?
Con chi dovremmo condividere la memoria?
Questa domanda se la dovrebbe porre chiunque. Anche e soprattutto chi afferma di riconoscersi nei valori della costituzione repubblicana dovrebbe domandarsi quale sia il reale volto dello stato.
A nostro parere, indipendentemente dalla propria opinione politica, è importante prendere le distanze da qualunque iniziativa di ammorbante pacificazione all’equiparazione tra vittime e carnefici, così come è importante esprimere contrarietà anche solo ad ogni ipotesi di abbraccio o stretta di mano con rappresentanti di quello stato che fa sistematicamente morire persone nei mari, nei deserti, nei territori liberati e resistenti, ma anche nei luoghi di lavoro, nelle carceri e sui marciapiedi delle città, gettando così la maschera del suo formalismo giuridico e disvelando infine la sua sostanziale ed effettiva disumanità.
Solo così la memoria sarà difesa e preservata e solo così si potrà dare un contributo alla costruzione di un futuro migliore che potrà arrivare solo da una ripresa del conflitto sociale che con la strategia della tensione lo stato ha voluto affossare.
E per concludere un’ultima considerazione sulla memoria: la lapide a Pinelli (quella di parla di Pinelli morto e non ucciso) fatta apporre dal comune diversi anni fa accanto a quella autentica, è ancora lì a testimoniare l’ambiguità e da doppiezza del potere. A 50 anni da Piazza Fontana ne sarebbe auspicabile la rimozione.

Evento: link

15 dicembre ore 21 @ Leoncavallo

15 dicembre pinelli assassinato valpreda innocente la strage è di statoPinelli assassinato Valpreda innocente la strage è di stato

…E AD UN TRATTO PINELLI CASCÒ

DIAMO UN FUTURO ALLA MEMORIA
Nel cinquantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana, dell’assassinio di Pinelli, dell’incarcerazione degli innocenti Valpreda, Roberto Gargamelli, Borghese, Mander, Bagnoli e costretto all’esilio Enrico Di Cola, incontriamoci per dare ancora un futuro alla memoria, per ricominciare a tessere quei legami e quelle relazioni che rendono possibile la lotta per una vita migliore. Perchè, non dimentichiamolo, la strage è servita a bloccare chi voleva una profonda trasformazione sociale e politica. È per questo che è necessario rifiutare ogni condivisione della memoria tra vittime e carnefici. Tra chi lottò per la vita e chi insanguinò, e continua ad insanguinare, questo paese.

Interventi poetici di Olmo Losca

Interventi musicali di

Intervento teatrale di Ascanio Celestini

e poi interventi di

Verrà inoltre proiettata una parte di “12/12 – Piazza Fontana” un documentario Matteo Bennati e Maurizio Scarcella

Per la buona riuscita dell’evento vi chiediamo di darci una mano: condividetelo e invitate gli amici, fate girare la voce!!
L’evento è in continua evoluzione altri contribuiti si aggiungeranno sicuramente, rimanete in contatto!

Evento: link

2019 11 20 Girotondi, musicarelli, il 12 dicembre e gli anarchici di Enrico Di Cola

In queste ultime settimane alcuni compagni mi hanno chiesto quali conseguenze avrà, secondo me, la frattura creatasi all’interno del movimento anarchico dopo la presa di posizione del Ponte della Ghisolfa di non aderire all’iniziativa dei familiari di Pino Pinelli. Come si sa io e gli anarchici dell’ex 22 Marzo – anche come Associazione Pietro Valpreda/Gli anarchici per la verità sulle stragi – abbiamo già aderito e condiviso a livello politico la posizione del Ponte su questo tema. Qui vorrei spiegare meglio il perché e cosa penso avverrà in futuro. Prima di farlo vorrei però proporvi la lettura della recensione di un libro appena dato alle stampe dalle edizioni eleuthera, che mi sembra già fornisca parte della mia risposta.

“La strategia dell’emozione” di Anne-Cécile Robert

Commuoversi è più facile che pensare, come dimostra l’uso del like nei social network, simbolo del potere sproporzionato che viene oggi attribuito alle emozioni nel determinare il vero e il falso: basta un click e il dibattito è finito, la verità rivelata. E così la società disimpara a pensare collettivamente e perde una dopo l’altra le sue difese immunitarie contro la manipolazione e la credulità.

L’oceano emotivo che ha travolto la nostra società sta progressivamente erodendo lo spazio sociale e politico marginalizzando lo spirito critico e la ragione stessa. Se è vero, come ha detto Hegel, che «nulla di grande può essere realizzato senza passione», questo impero dell’emozione, che depoliticizza gli eventi concentrandosi sugli effetti e non sulle cause, sta minando la capacità dell’individuo di scegliere, decidere, conoscere. Col fazzoletto in mano, l’individuo si abbandona a una facile emotività che lo depotenzia, mentre «coloro che sanno», gli «adulti» che detengono il potere, si occupano di mandare avanti il mondo. Una strategia ben congegnata che riduce i cittadini a uno stato di subalternità infantile neutralizzando ogni spirito di rivolta. Questo controllo sociale giocato sul registro emozionale, di cui si analizzano le manifestazioni più deleterie come il narcisismo compassionevole da social network o l’ossessione mediatica per le breaking news, sta mettendo a rischio la nostra vita democratica. Ed è per questo che l’autrice ci invita – senza fare sconti a nessuno, a cominciare dalla stampa – ad asciugarci le lacrime e tornare a quello spirito critico che, solo, può salvare la democrazia.”

Sia pur con le necessarie e dovute differenze del caso, mi sembra che in questo libro si colga un aspetto importante della discussione in atto: ci ricorda infatti che “Commuoversi è più facile che pensare”, ma mette in risalto come l’ “impero dell’emozione, che depoliticizza gli eventi concentrandosi sugli effetti e non sulle cause, sta minando la capacità dell’individuo di scegliere, decidere, conoscere”.

Al di fuori di quanto si dice in giro, se si vuol davvero essere informati e quindi prendere posizione in modo cosciente e non basandosi solo sui sentimenti (sia pur forti e di cui tener conto) mi sembra che il testo con cui i compagni del Ponte della Ghisolfa convocano un’assemblea per organizzare il corteo del 12/12 faccia non solo chiarezza, ma sgomberi il campo da ogni dubbio su di cosa stiamo veramente parlando e perché i compagni dovrebbero prendere una posizione politica che sia coerente con la nostra storia. Vediamo cosa dicono:

Assemblea per il corteo partigiano del 12/12

Come alcuni o molti sapranno, il circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa ha indetto un corteo alternativo a quello organizzato dalla sigla che va sotto il nome di MAAMS (Milano Antifascista Antirazzista Meticcia e Solidale).

Per tanti anni il 12 dicembre ci ha visto coorganizzare in una assemblea cittadina, fra diverse realtà e individualità, le iniziative per rinnovare la memoria della strage di stato, convinti come eravamo e come siamo tuttora, che la strage non fu solo contro gli anarchici, ma contro chiunque esprimesse dissenso e voglia di libertà, allora come oggi.

Per lungo tempo, il corteo del 12 è stato un momento di unità nella diversità: ogni realtà portava le sue parole d’ordine all’interno di una cornice di conflittualità.

Negli ultimi anni, tuttavia, le cose hanno cominciato a prendere una piega che non ci piaceva: come l’anno scorso quando l’iniziativa non doveva essere sottoscritta da tutte le sigle aderenti, ma averne una sola (MAAMS appunto) in nome di una presunta efficacia, a scapito della bellezza della diversità.

Anche quest’anno abbiamo partecipato e cercato di contribuire all’assemblea cittadina per il 12 dicembre. Cercato, appunto. Purtroppo le dinamiche assembleari che si sono palesate ci hanno messo davanti ad un muro (di gomma) dove qualunque nostra istanza (in qualunque forma la si sottoponesse: personalmente in assemblea, via mail alla mailing list, per iscritto e distribuito in assemblea) cadeva nel silenzio, a parte forse un solo commento in quattro assemblee.

Le nostre proposte tenevano ovviamente conto del contesto democratico in cui eravamo e perciò, come tutti gli anni, abbiamo “limato” tutto ciò che poteva risultare fuori luogo in quell’ambito, ma non rinunciando mai a determinati concetti che si possono riassumere in “VALPREDA INNOCENTE, PINELLI ASSASSINATO, LA STRAGE E’ DI STATO” e non eravamo, siamo e saremo disposti a farci imporre una linea di comunicazione politica.

Un muro di gomma che probabilmente nasceva dalla voglia di estromissione, per probabili calcoli opportunistici, del Ponte della Ghisolfa o comunque un forte ridimensionamento politico nell’ambito delle iniziative.

Non vogliamo nascondere neanche che in quella sede abbiamo, sin dal primo incontro, manifestato la nostra contrarietà all’iniziativa della catena musicale. Non spiegheremo adesso il perchè, per chi ha voglia legga il nostro blog o ci chieda, saremo ben lieti di rispondere in merito.

Tornando all’assemblea, non solo eravamo di fronte ad un muro di gomma, ma questa si dava una linea di comunicazione politica unica (con tanto di reprimenda per chi non la seguiva), faceva sua la catena musicale senza mai palesarlo in assemblea (anzi a giudicare dagli articoli scaturiti dalla conferenza stampa, sembrerebbe essere l’iniziativa centrale) e per finire dichiara la non contrapposizione con la commemorazione del comune. Oltretutto si dice che ci sarà Mattarella (cioè l’attuale rappresentante del mandante della strage di stato) in quei giorni a Milano, che in qualche modo farà la sua testimonianza.

Per questi motivi abbiamo abbandonato l’assemblea ed indetto un’iniziativa alternativa, PARTIGIANA! Un’iniziativa dalla parte delle vittime, che non è disposta a scendere a compromessi con i carnefici, anzi che vorrebbe inchiodare alle responsabilità i carnefici. Un’iniziativa che reclami giustizia. Che conquisti giustizia

A questo corteo hanno finora aderito l’Osservatorio democratico sulle nuove destre Italia, Pavia, Varese e Como, il Leoncavallo, l’Associazione Pietro Valpreda, il Comitato Lombardo Antifascista, la Rete Antifascista di Cologno Monzese e il comitato per la memoria di Saverio Saltarelli.

Per chiarire ulteriormente la nostra posizione, per raccogliere nuove adesioni e per costruire (per quanto sia possibile fare in 3 settimane) insieme l’iniziativa, invitiamo tutte e tutti il prossimo 24 novembre alle 18.00 c/o circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa in viale Monza 255, anche chi in tutti questi anni non ha trovato nell’assemblea cittadina il giusto contesto nel quale esprimersi.

TUTTE E TUTTI.

Venite anche se ci odiate e su facebook ci coprite di insulti per via delle nostre scelte e posizioni. Sarà una buona occasione per chiarirci.

Ovviamente se ci odiate perchè siete fascisti, liberisti ecc ecc avrete il giusto benvenuto ????

Dopo aver letto questo testo penso che chiunque (parlo sempre e solo di anarchici ovviamente) abbia aderito ad iniziative diverse da quella dei compagni del Ponte dovrebbe fare un passo indietro e riflettere sulle scelte fatte.

Cosa credo io che avverrà in futuro? Io credo che il “futuro”, sia di già avvenuto e che si tratti di una frattura profonda ed insanabile. Il “domani” sarà esattamente come quello che si vede oggi, con la differenza che gli “avvoltoi democratici” che si sono posizionati con la famiglia di Pinelli, saranno più forti di oggi!

Però questa spaccatura ha un pregio, quello di portare finalmente alla luce due metodi contrapposti di concepire l’anarchismo. L’uno si lega al nostro passato, mette i valori base, i valori etici, politici ed umani al primo posto. L’altro è quello sempre pronto ad ammiccare alla piccola borghesia rossa, disposta ai continui compromessi e persino a rinunciare ai propri ideali per ottenere piccoli benefici compatibili con questo sistema.

Questa divisione è evidente quando guardiamo come si stanno muovendo certi anarchici. Al di fuori delle posizioni del Ponte della Ghisolfa che uno può condividere o meno, mi sembra che tutto sia stato gestito in maniera irresponsabile e poco anarchica. I gruppi, i circoli, le individualità anarchiche (in maggioranza FAI/USI) che avessero voluto essere vicini alla famiglia Pinelli come atto di affetto, avrebbero certamente potuto farlo, però, e qui è un però che pesa come una montagna, allo stesso tempo avrebbero potuto essere solidali con il Ponte (soprattutto quando questi sono stati attaccati dalla stampa borghese) ed aderire ufficialmente anche alle loro iniziative. Vergognoso il loro eterno silenzio ogni qual volta si cerca di screditare ed infangare il compagno Valpreda, sia da parte di squallidi personaggi di tutti i colori politici, ma ancor di più ed in maniera più ferma quando questo fango viene prodotto da uno come Paolo Finzi, che dovrebbe essere un compagno anarchico! Se non si traccia una netta linea di demarcazione tra quello che è consentito fare e dire come compagni, allora vuol dire che si marcia su strade diverse e che bisogna prenderne atto una volta per tutte.

Dopo il ’69, non ho più messo piede al Ponte della Ghisolfa, conosco solamente di nome qualche compagno, però so benissimo il lavoro che il circolo ha svolto in questi 50 anni per mantenere viva la memoria di Pino Pinelli e per la liberazione dei compagni incarcerati prima e della difesa della memoria di Pietro Valpreda poi. E questa è una cosa che non ha prezzo, è un patrimonio per tutto il movimento anarchico. Può essere che a volte anche quelli del Ponte abbiano compiuto scelte più o meno condivisibili. Ma non è questo il punto. Il punto è che la difesa del Ponte oggi, è la difesa di una diga che, se la si lascia tracimare, porterebbe solo fango e distruzione al suo passaggio. E questo è un favore che non possiamo permetterci di fare allo Stato, quello stesso Stato che reprime ed assassina compagni ieri come oggi e contro cui tutti noi combattiamo.

Fonte: stragedistato.wordpress.com

“Si, Paolo Finzi, io ero uno di quelli brutti, sporchi e cattivi… ed orgoglioso di esserlo stato” di Enrico Di Cola

Enrico Di ColaL’ultimo numero di A rivista anarchica è interamente dedicato a Pino Pinelli. All’interno vi è un articolo di Paolo Finzi intitolato Il mio Pino. Visto che in questo capitoletto si parla di tematiche legate all’essere anarchici, alla questione della violenza, oltre che del rapporto tra Valpreda e Pinelli vorrei anche io dire qualcosa al riguardo.

Il linguaggio

Quello che più colpisce in questo articolo è il livore e la volontà denigratoria che Finzi dimostra contro Pietro Valpreda e i compagni a lui vicini. E questo lo fa utilizzando un vocabolario tipicamente borghese e reazionario e mettendo in bocca a Pinelli pensieri che sono suoi. Ecco alcuni esempi: Pinelli sarebbe stato per “il rifiuto di ogni stolta esaltazione della violenza, di comportamenti anti-sociali, ecc.”, il rifiuto di chi “nei pur ristretti ambiti anarchici e libertari, si faceva portavoce di un anarchismo stiracchiato tra droga e bombette, estremismi verbali e sporcizia personale, irregolarità ed estemporaneità”.

Come tutti sappiamo Pinelli, per la sua età, faceva parte della generazione precedente a quella del ’68, all’epoca noi ragazzi lo vedevamo come un vecchio anche se in realtà aveva poco più di 40 anni. Era uno dei pochi compagni della generazione di mezzo, quelli cioè che erano stati troppo giovani per partecipare alla guerra di Spagna e nel 68 troppo vecchi per vivere fino in fondo i fermenti delle lotte studentesche. Pinelli inoltre era un lavoratore, un uomo sposato e con figli, uno cresciuto con la vecchia cultura anarchica. Sebbene fosse aperto e curioso di conoscere il nuovo, a differenza di Valpreda che era poco più giovane di lui, non seppe o non poté “diventare parte” del movimento, del nuovo che stava nascendo.

Lo potremmo definire un osservatore esterno, rispettoso di quanto stava germogliando attorno a lui in quegli anni. Per questo sono certo che le frasi di Finzi sopra riportate non facessero parte del suo bagaglio culturale. Sono convinto che si tratti invece del pensiero, della cultura piccolo borghese, gretta e reazionaria, di Paolo Finzi (quello di allora come quello di oggi) che evidentemente non venne mai neppure lontanamente scalfito dalla profonda rivoluzione culturale in atto in quegli anni.

“L’esaltazione stolta della violenza” vorrebbe dire forse che Pinelli era contrario a chi inneggiava a Bresci, a Caserio, e a tutti quegli anarchici che si erano immolati per la causa anarchica contro re e dittatori? Non credo proprio, come non credo che ci sia un solo anarchico che non rivendichi quelle azioni esemplari.

Nell’articolo di Finzi colpisce anche la deriva psuedo sociologica nella quale scivola quanto parla di “comportamenti anti-sociali” .

Se io colpisco dei simboli, come ad esempio una vetrina di una multinazionale americana o l’ufficio governativo di un paese dittatoriale (cose che io rivendico di aver fatto) non credo proprio che il mio sia un atteggiamento anti sociale. Ho semplicemente compiuto atti di cosciente solidarietà verso gli oppressi, ho cercato di rompere il silenzio complice degli Stati verso quelle dittature. E sono sicuro che Pinelli sapeva fare questa distinzione.

Finzi deve aver avuto un’infanzia molto infelice ed un’adolescenza ancor più triste. Quando parla di “anarchismo stiracchiato tra droga e bombette, estremismi verbali e sporcizia personale, irregolarità ed estemporaneità” parla infatti di un’intera generazione, di quella della contestazione globale, che va dai “figli dei fiori” ai Provos, per arrivare a noi anarchici sessantottini. Come centinaia, migliaia, di giovani tutti abbiamo passato in qualche modo queste fasi. Tutti abbiamo tirato qualche spinello, abbiamo lanciato qualche molotov, abbiamo alzato i toni della discussione estremizzando le nostre posizioni per provocare un qualche tipo di reazione da parte di un mondo popolato da zombies (anche anarchici). A volte ci è capitato di essere sporchi, e questo succedeva quando si viaggiava in autostop per cui ci si poteva solo arrangiare con qualche fontanella. Sebbene non sia rilevante, ad onor del vero devo dire che Valpreda anche in queste occasioni era sempre molto attento alla sua pulizia personale e viaggiava addirittura con una bottiglietta di alcol per disinfettarsi e migliorare la sua circolazione sanguigna.

Ma il mio record personale di sporcizia – sei giorni senza lavarmi – l’ho raggiunto quando sono stato ospite delle patrie galere, in cui la doccia era consentita una volta a settimana e per il resto avevi solo 15 minuti per sciacquarti e pulire il buiolo prima del rientro in cella! Naturalmente ero molto irregolare ed estemporaneo nel tirare molotov e lanciare pietre: lo facevo solo quando ero sicuro di non essere preso, quando ne avevo o mi si presentava l’occasione. Certamente non era una attività quotidiana! Povero Finzi, forse ci invidia perché noi osavamo fare quello che lui aveva paura di compiere, non ha saputo ribellarsi fino in fondo contro la famiglia e la società ed oggi – come tanti pentiti – rinnega tutto e tutti, rinnega il modo di essere e di vivere di un’intera generazione di ribelli!

Anarchia non vuol dire bombe?

Nel paragrafo intitolato Anarchia non vuol dire bombe leggiamo “… Vi si accenna (si parla della lettera inviata il 12 dicembre 1969 da Pinelli al compagno ingiustamente incarcerato per le bombe del 25 aprile, Paolo Faccioli) a quello che è sempre stato un nostro chiodo fisso: la questione della violenza, il tentativo del potere di far apparire gli anarchici per una banda di bombaroli ma anche il fianco, che spesso gli anarchici hanno prestato, a dar sostanza a questa vera e propria campagna di disinformazione. Qui si entra nella vexata questio del rapporto tra anarchia e violenza, rapporto fini-mezzi, dove finisce la necessità di autodifesa e le mille altre questioni connesse.

…… (Pinelli ndr) portava, in questa sua mirabilmente aperta prospettiva pluralistica, il segno delle proprie origini e della propria storia: la serietà, la credibilità, il rifiuto di ogni stolta esaltazione della violenza, di comportamenti anti – sociali, ecc. Nel solco della migliore tradizione dell’anarchismo.

Istintiva ed etica, prima ancora che politicamente motivata, la sua opposizione, il suo vero e proprio rifiuto di chi, invece, nei pur ristretti ambiti anarchici e libertari, si faceva portavoce di un anarchismo stiracchiato tra droga e bombette, estremismi verbali e sporcizia personale, irregolarità ed estemporaneità. E siccome questi atteggiamenti erano anche presenti ai margini dell’anarchismo militante, Pino era tra quelli che più lucidamente li avversavano. “

Non faccio mai citazioni di ‘’testi sacri’’ perché lo trovo una fastidiosa saccenteria, ma questa volta, visto che Finzi si fa arbitrariamente interprete del pensiero malatestiano, mi ci vedo costretto. Come tutti i “testi sacri” infatti, anche Malatesta può essere interpretato a proprio piacimento. A me piace fare queste di citazioni: “Gli anarchici non hanno ipocrisia. La forza bisogna respingerla colla forza: oggi contro le oppressioni di oggi; domani contro le oppressioni che potrebbero tentare di sostituirsi a quelle di oggi. (“Pensiero e Volontà”, 1 settembre 1924)”. “Gli anarchici sono contro la violenza. È cosa nota. L’idea centrale dell’anarchismo è l’eliminazione della violenza dalla vita sociale; è l’organizzazione dei rapporti sociali fondati sulla libera volontà dei singoli, senza l’intervento del gendarme. Perciò siamo nemici del capitalismo che costringe, appoggiandosi sulla protezione dei gendarmi, i lavoratori a lasciarsi sfruttare dai possessori dei mezzi di produzione o anche a restare oziosi ed a patire la fame quando i padroni hanno interesse a sfruttarli. Perciò siamo nemici dello Stato che è l’organizzazione coercitiva, cioè violenta, della società. Ma se un galantuomo dice che egli crede che sia una cosa stupida e barbara il ragionare a colpi di bastone e che è ingiusto e malvagio obbligare uno a fare la volontà di un altro sotto la minaccia della rivoltella, è forse ragionevole dedurre che quel galantuomo intende farsi bastonare e sottomettersi alla volontà altrui senza ricorrere ai mezzi più estremi di difesa?… La violenza è giustificabile solo quando è necessaria per difendere se stesso e gli altri contro la violenza. Dove cessa la necessità comincia il delitto… Lo schiavo è sempre in istato di legittima difesa e quindi la sua violenza contro il padrone, contro l’oppressore, è sempre moralmente giustificabile e deve essere regolata solo dal criterio dell’utilità e dell’economia dello sforzo umano e delle sofferenze umane. (“Umanità Nova”, 25 agosto 1921). Oppure ….. “Ma allora, si potrà domandare, perché nella lotta attuale contro le istituzioni politico-sociali, che giudicano oppressive, gli anarchici hanno predicato e praticato, e predicano e praticano, quando possono, l’uso dei mezzi violenti che pur sono in evidente contraddizione coi fini loro? E questo al punto che, in certi momenti, molti avversari in buona fede han creduto, e tutti quelli in mala fede han finto di credere che il carattere specifico dell’anarchismo fosse proprio la violenza? La domanda può sembrare imbarazzante, ma vi si può rispondere in poche parole. Gli è che perché due vivano in pace bisogna che tutti e due vogliano la pace; ché se uno dei due si ostina a volere colla forza obbligare l’altro a lavorare per lui ed a servirlo, l’altro se vuol conservare dignità di uomo e non essere ridotto alla più abbietta schiavitù, malgrado tutto il suo amore per la pace ed il buon accordo, sarà ben obbligato a resistere alla forza con mezzi adeguati. (“Pensiero e Volontà”, 1 settembre 1924). Ma anche: “… Questa rivoluzione deve essere necessariamente violenta, quantunque la violenza sia per sé stessa un male. Deve essere violenta perché sarebbe una follia sperare che i privilegiati riconoscessero il danno e l’ingiustizia dei loro privilegi e si decidessero a rinunciarvi volontariamente. Deve essere violenta perché la transitoria violenza rivoluzionaria è il solo mezzo per metter fine alla maggiore e perpetua violenza che tiene schiava la grande massa degli uomini. (“Umanità Nova”, 12 agosto 1920).

Pinelli era dunque contrario alla violenza? Certamente si, come tutti gli anarchici. Ma questo non significa che fosse un pacifista. Pinelli non aiutava forse la resistenza, anche armata, in Grecia e Spagna? Non sosteneva forse i compagni arrestati ingiustamente (perché innocenti) a Milano per le bombe del 25 aprile? O Finzi vuol farci credere che Pinelli e Croce Nera fossero ignari che alcuni di questi compagni qualche bomba dimostrativa l’avessero messa davvero?

Se Finzi vuole fare questo gioco, quello di cercare di far passare Pinelli per un santino buono per tutte le stagioni, che stia molto attento. Finzi e A rivista vogliono che parliamo di personaggi come Gianfranco Bertoli? Noi siamo pronti a parlare anche di queste cose se proprio volete. Oppure solo Valpreda è da isolare e disprezzare pubblicamente? Vedi Finzi, la storia è storia, e non quella che uno vorrebbe che sia! Giù le mani da Pietro una volta per tutte!

Dell’allontanamento di Valpreda dal Ponte della Ghisolfa da parte di Pinelli dopo una sua “iniziativa sconsiderata” ne abbiamo già parlato a sufficienza e con una testimonianza importante: quella del compagno Paolo Braschi che era presente ai fatti.

Tralasciamo la presunta analogia con quanto sarebbe avvenuto a Roma. Intanto precisiamo per l’ennesima volta che la sede del Bakunin non era in via dei Taurini (dove all’epoca c’era solo la redazione di Umanità Nova) bensì in via Baccina. E poi la cosa fu ben diversa. Diversa perché in questo caso ci si basò solamente su voci e supposizioni – poi verificatesi totalmente infondate – della cui diffusione il primo responsabile, anche se involontario, fu proprio Pinelli. Anche su questo abbiamo scritto e scriveremo ancora per fare il massimo di chiarezza su questo episodio.

Quale è la vera identità politica di Pino Pinelli.

Anche su questa questione Paolo Finzi gioca sul massimo dell’ambiguità, vediamo come: Finzi scrive che “Pino era militante del gruppo Bandiera Nera, aderente (in successione) ai Gruppi giovanili anarchici federati (Ggaf) e poi ai Gruppi anarchici federati (Gaf). Anche se nel 1965 il suo nome compare tra i partecipanti a una riunione pisana dei Gruppi d’iniziativa anarchica (Gia) nati in quell’anno in contrasto con la linea organizzativa della maggioritaria Federazione anarchica italiana (Fai)”. Siccome Bandiera Nera e GAF nascono nel biennio ’68-’69 Finzi vorrebbe farci credere – o forse sono io a dargli questa interpretazione maliziosa – che Pinelli fosse stato solo un casuale partecipante (notare che qui Finzi non parla di militanza ma di semplice partecipazione di Pinelli) ad una riunione dei Gia. Insomma, un semplice passante. Peccato che stiamo parlando del Convegno di fondazione dei Gia, e non di una riunione qualsiasi. Così come dovrebbe spiegarci come mai nel novembre 1969 Pino si trovasse ad Empoli al Convegno dei GIA. Era un “passante” anche in quella occasione? E la sua lettera di richiesta di adesione ai Gia (che si trova negli archivi di Aurelio Chessa) è forse stata scritta da altri? Ma ci faccia il piacere!

Quel giorno a Milano era freddo

Anche qui Finzi mostra il suo lato migliore. Il paragrafo inizia così: “Sulla questione (quale questa sia Finzi ce lo dirà più avanti) c’è stata una polemica (se ne trova traccia in rete) tra alcuni coimputati di Valpreda per la strage di piazza Fontana e dintorni contro il sottoscritto, per quanto da me scritto nel necrologio dello stesso Valpreda (“A” 284, ottobre 2002). Scusandomi per eventuali piccole imprecisioni nel ricordo, confermo che in un corteo in piazza Duomo nel 1969 ho visto e sentito Valpreda e una decina di suoi compagni urlare “Bombe, sangue, anarchia”, con noi del circolo dietro a cercare – pateticamente – di coprire le loro urla con un ritmato “Cafiero, Malatesta, Bakunin”. Si era alla rottura. Che avvenne proprio anche grazie a Pinelli, con il rinfacciare in un incontro a Valpreda e ai suoi compagni l’inaccettabilità di un simile comportamento pubblico e la definitiva divergenza delle rispettive strade”.

Ringraziamo Finzi per etichettarci come “coimputati” di Valpreda piuttosto che come compagni. Da lui essere chiamato compagno lo riterrei un insulto. Inoltre le sue non erano affatto ‘’piccole imprecisioni’’ e quindi quelle false scuse (peraltro giunte con 10 anni di ritardo) non sono credibili. Entrambi gli articoli li troverete sul nostre Blog stragedistato.wordpress.com per cui rimandiamo a quanto già da noi scritto.

Per finire non possiamo non sottolineare la confusione della ricostruzione di Finzi che prima sostiene che Valpreda fu cacciato dal Ponte “dopo una iniziativa sconsiderata” e alcune righe più sotto attribuisce l’allontanamento allo slogan “bombe, sangue, anarchia” gridato da Valpreda durante una manifestazione.

Un’ultima cosa mi interesserebbe sapere: stiamo parlando di un gruppo anarchico o di cosa? E se si, vorrei sapere se davvero Pinelli, da solo, senza consultarsi con nessuno, avesse il potere di cacciare o meno dei compagni.

Qualche anno fa, Paolo Finzi fu invitato ad un pubblico confronto con alcuni compagni dell’ex 22 Marzo organizzato dal gruppo Fai di Roma. Prima aderì all’invito ma all’ultimo momento, il giorno stesso dell’incontro, disse che era malato e non si presentò. Intanto certi signori di Milano seguitano a parlare di noi come se non esistessimo e come se loro fossero i detentori della verità! Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: che nessuno si permetta più di (s)parlare a nome nostro e della nostra storia!

Enrico Di Cola

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