Per chi non ha potuto esserci, ecco il resoconto video a cura del Leoncavallo.
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Eravamo tutti “Charlie”, ma non per l’opera di Baj su Pinelli
Alla fine l’arte, qualunque essa sia, fa paura al potere quando descrive la realtà troppo efficaciemente. Eppure, meno di un anno fa, ricordiamo la solidarietà del comune di milano, ma anche provincia, regione e ancora più su, alla capitale francese e alla redazione di Charlie Hebdo. Il sindaco Pisapia ha marciato, insieme a tutta la rappresentanza governativa del mondo occidentale, per ribadire che la “libertà” (di satira!) appartiene alla cultura moderna e bla bla bla.
Libertà di espressione, ma a seconda dei casi, perchè a milano “I funerali dell’Anarchico Pinelli” di Enrico Baj, opera monumentale che da immagine a un pezzo di storia nostra e della città, non trova una collocazione consona per motivi non noti.
Mauro Decortes: “Nei 40 anni passati, più volte abbiamo pensato a come tirarla fuori. Io stesso mi sono informato sulle procedure per esporre; eravamo pronti a superare tutti gli ostacoli, ma ce n’era uno che per noi era insormontabile: ci chiedevano di sottoscrivere una assicurazione importante che non avremmo mai potuto sostenere economicamente.
Nell’86, Baj tenne un laboratorio artistico proprio qui nella sala Pinelli di viale monza, in quella occasione vennero create sagome molto simili a quelle presenti nel quadro, fra le quali il
Cristo capovolto, ovvero l’uomo che cade, ovvero Pinelli.
come lo stesso Baj l’aveva definito. Quelle sagome erano parte della scenografia di uno spettacolo teatrale e nella manifestazione del 12 dicembre dell’87 la sagoma di Pinelli che cade, apriva il corteo e subito dietro il nostro striscione «Giuseppe Pinelli: un assassinio da non dimenticare MAI!!!». Alla fine non saprei dire neanche che fine ha fatto il materiale del laboratorio artistico.”
Una specie di maleficio che condannerebbe alle buie cantine qualunque cosa possa ricordare il “volo” di Pinelli dal terzo piano della questura milanese.
Certo, questa amministrazione ha il merito di averla esposta dopo 40 anni (montandola però male visto che la finestra dalla quale Pinelli “cade” non era al centro della scena, ma totalmente fuori campo, sulla parete di sinistra), lì nella Sala delle Cariatidi a palazzo reale, luogo che avrebbe sin dall’inizio dovuto ospitare l’opera. Per ben 73 giorni però, estivi tra l’altro, dal 21 giugno 2012 al 2 settembre 2012 poi di nuovo in cantina prima che la cittadinanza rientri dalle ferie, nonostante reiterati inviti a ripensarci e una raccolta di migliaia di firme.
Se la memoria è cultura, sicuramente non può e non deve essere a tempo (brevissimo).
Ma mettiamo da parte discorsi come memoria, storia, cultura… e concentriamoci sui fatti. In occasione della mostra del 2012, il gallerista Marconi si dice disposto a donare l’opera al comune di Milano a patto che gli venisse trovata una sistemazione idonea ed esposta al pubblico. L’allora assessore Boeri dichiarò che anche a lui sarebbe piaciuto rimanesse fruibile al pubblico.
Quindi, c’è un’opera il cui valore artistico è comprovato, il cui valore commerciale non sapremmo quantificare, ma siamo abbastanza sicuri sia molto alto, che il comune non sembra voler accettare in DONO. Eppure le casse comunali dicono essere sempre in rosso, a ragionare da capitalisti, ci verrebbe da pensare che basterebbe accettare il regalo, esporlo al pubblico facendo pagare un ingresso per portare un po’ di incassi all’erario cittadino. L’atteggiamento del comune, quanto meno denota uno scarsissimo acume finanziario.
Insomma, chi ha paura di un’opera d’arte?
I deboli, censori, abbastanza potenti da far passare per stupida un’amministrazione che non accetta in dono un’opera di enorme valore culturale ed economico.
Martedì 15 dicembre prossimo alle 21:00 al Leoncavallo tenteremo ancora una volta di sensibilizzare sull’argomento. Pensiamo però anche ad altre iniziative per i prossimi mesi, per essere sicuri che la richiesta la sentano anche i più sordi.
Interverranno:
- Mauro Decortes (circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa)
- Saverio Ferrari (osservatorio democratico nuove destre)
- Piero Scaramucci (giornalista)
- Renato Sarti (regista/attore)
- Claudia Pinelli
- Silvia Pinelli
- Hazal (rappresentante della Comunità Curda a Milano)
Sarà presente anche Pia Valpreda.
presso Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito via Watteau, 7 – milano
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Organizza circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa.
Aderisce Memoria Antifascita.
VALPREDA INNOCENTE – PINELLI ASSASSINATO
Rassegna Stampa:
- Anarchici, Milano accetti quadro Baj
- Anarchici, Milano accetti quadro Baj
- Palazzo Marino lascia “I funerali dell’anarchico Pinelli” in cantina
- L’opera su Pinelli a Palazzo Marino? De Corato: no, meglio al Leoncavallo
- Piazza Fontana, De Corato: No a opera Baj su Pinelli
- Piazza Fontana: Circolo Ghisolfa, Milano accetti quadro Baj
- Gli anarchici: “Il Comune esponga ‘Funerali Pinelli'”. De Corato: “No, ferita chiusa”
- Campagna degli anarchici: Milano accolga il quadro di Baj sui funerali di Pinelli
- Piazza Fontana: Circolo Ghisolfa, Milano accetti quadro Baj anarchici invitano Comune ad accogliere opera ‘funerali Pinelli’
Decortes sul 15 dicembre
45 Anni fa moriva Pinelli assassinato. Perché quelle bombe il 12 dicembre?
In quegli anni era consapevolezza comune una prospettiva di vita grigia e senza senso. Una società fortemente ipocrita e perbenista veniva attraversata da flussi migratori da sud a nord, dalle campagne alle fabbriche. Il lavoro alla catena di montaggio e in ufficio era totalmente alienante, la condizione femminile subiva la pensante influenza vaticana di forma (impossibile ossigenarsi i capelli piuttosto che vestire calze trasparenti) e le spinte di trasformazione di costume e mentalità giovanile subivano il giudizio snob e inquisitore del pensiero dominante.
C’era una cappa culturale opprimente che ti impediva di vivere una vita consapevole. L’idea di mettersi il gessato grigio e la cravatta diventava asfissiante per una generazione che veniva dai campi e dalle rovine della guerra.
Noi volevamo vivere e reclamavamo l’amore libero, la liberalizzazione delle droghe, l’antipsichiatria…
In questo humus, la contestazione assumeva diverse sfaccettature. Gli anarchici contestavano lo stato come primo responsabile della condizione sociale, ma generalmente la gente reclamava quelli che vennero chiamati i bisogni reali: dalla casa, alle tutele sul lavoro, alla maggiorazione del salario.
Nel ‘69 in Italia scoppia il fermento sindacale. Tutti chiedono di vivere una vita piena e migliore. E’ probabilmente in quel periodo che si fa strada la paura nella borghesia dominante. Contestualmente scoppiano ordigni in tutta Italia, la cui paternità risulta essere ambigua e mai chiara: sebbene fosse, ai più, evidente la matrice nera, non c’era ancora consapevolezza delle possibili collusioni coi servizi.
Quella di piazza Fontana è solo una delle tante bombe in quel periodo, sicuramente però fu la più devastante. Nell’aria si sentiva la puzza di colpo di stato di stampo dittatoriale, visto anche lo scenario internazionale con i colonelli greci e la Spagna di Franco, probabilmente tutti questi ordigni disseminati sul territorio nazionale erano parte di una precisa strategia golpista.
Il 12 dicembre la strage. I servizi segreti di Roma indicavano la pista anarchica alla questura di Milano e poche ore dopo l’esplosione, Pinelli veniva portato in questura. Per 2 giorni e 2 notti venne torchiato fino ad essere assassinato volando dalla finestra. Calabresi era in quella stanza come testimoniato da Lello Valitutti ed è sicuramente il responsabile morale di quello che è accaduto negli uffici.
Le 17 vittime di piazza fontana, l’omicidio di Pinelli e l’ingiusta ed infame incriminazione di Valpreda, Gargamelli, Mander, Borghese e Di Cola rappresentano per la generazione del 68 il gesto più eclatante e spavaldo del potere criminale. Nasce quindi un movimento della società civile che partecipa alla campagna di controinformazione che scava sui retroscena della strage di piazza fontana. Analizza e verifica ogni documento, ogni velina mettendo in evidenza luci, ombre e contraddizioni.
Molto del materiale cartaceo e video è basato su quel lavoro di ricostruzione.
Di seguito alcuni titoli che potrebbero servire ad approfondire:
Petri e Risi “Ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli”
AAVV “Strage di stato” Odradek
Sassano “Pinelli una finestra chiusa” Marsilio
Staiano “La forza della democrazia” Einaudi
Consani “Foto di gruppo di piazza Fontana” Melampo
Sceresini e AA VV “Piazza Fontana noi sapevamo” Aliberti
Pinelli e Scaramucci “Una storia soltanto mia” Feltrinelli
Cederna “Pinelli una finestra sulla strage”
Lucarelli “Piazza Fontana” (DVD e libretto) Einaudi
Calvi e Laurent “Piazza Fontana” Mondadori
Pasolini “12 dicembre” (DVD e libretto) Nda
Orlandi Posti “Il sangue politico” Editori Internazionali Riuniti
AAVV “Bombe di Milano” Rizzoli
Ferrari “Stragi di stato”
Lanza “Bombe e segreti” elèuthera
Barilli e Fenoglio “Piazza Fontana” BeccoGiallo
Maltini e Fuga “e ‘a finestra c’è la morti” Zero in condotta
Cuzzola “5 anarchici del sud” Città del sole
Barilli e Sinigallia “La piuma e la montagna” Manifesto
il blog di controinformazione degli “ex” aderenti ai Circoli 22 Marzo e Bakunin
43 anni Piazza Fontana, un libro, un film – Adriano Sofri
e il nostro materiale in parte raccolto nel vecchio sito
PERCHE’ IL 15 DICEMBRE , DAL 1970 A OGGI
Il 12 dicembre 1970, nel primo anniversario della strage, la questura vietò la manifestazione indetta dagli anarchici. Circa 3000 persone sfidarono il divieto e in quella occasione lo studente Saverio Saltarelli trovava la morte in seguito ad un candelotto di lacrimogeni sparato ad altezzo uomo dai carabinieri.
Per tutti gli anni 70 il 12 dicembre diventa un appuntamento fisso ed incarna il senso dell’alternativa e la dimostrazione che le istituzioni non funzionano in quanto incapaci di dare delle risposte. Il processo Valpreda si trascina fino agli anni 80 senza nessun colpevole e la sentenza Pinelli risulta sin da subito ignobile, con la teoria del malore attivo.
Dopo il 77 la tensione sociale viene meno, i movimenti hanno uno stop. A quel punto viene rilanciata la data del 15 dicembre a ribadire l’ingiustizia della società e a presentare una diversa prospettiva di valori. Era importante partire dall’assassinio di Pinelli di per se incontrovertibile, una storia che prendeva passione, sangue e cuore.
Negli anni 80 e 90 le iniziative sono un crescendo: manifestazioni notturne molto partecipate nonostante il freddo particolarmente pungente, rappresentazioni di Paolo Rossi, Paolini piuttosto che Lucarelli e Moni Ovadia. Iniziative potenti che non sono servite a cambiare le sorti formali dei processi, ma a tenere alto il concetto di coscienza collettiva. Si dice che la memoria esiste se qualcuno la narra, noi volevamo a tutti i costi narrare.
Oggi è importante ribadire la non condivisione nella memoria, perché quando si tenta di mettere sullo stesso piano vittime e carnefici non possiamo renderci complici, non possiamo legittimare culturalmente questa opera di normalizzazione di appiattimento che ha come fine quello nascondere le responsabilità di autori e mandanti e di far passare per normale un momento storico che ha visto lo stato straordinariamente feroce e violento.
Ricordare l’assassinio di Pinelli e l’innocenza di Valpreda e di tutti gli altri compagni incarcerati, allora e oggi, significa rappresentare un presente in cui la fanno da padrone diritti negati, sfruttamento e diseguaglianze.
IL 15 DICEMBRE 2014
Lunedì ci sarà Di Stefano che prospetterà lo scenario economico che stiamo vivendo e le implicazioni dei trattati internazionali di deregolamentazione come il TTIP.
Scaramucci che oltre alla memoria storica si chiederà dove va la sinistra, Saverio Ferrari ci parlerà delle nuove alleanze in seno alla destra fascista e populista.
Ci saranno le testimonianze della famiglia con Claudia e Silvia Pinelli, Landini sui pericoli del jobs act e Renato Sarti che reciterà un pezzo tratto dal suo spettacolo “Chicago Boys”