Mercoledì 11 febbraio alle ore 21.00 al circolo proiettiamo il film “Il Ribelle”: la storia di Guido Picelli, l’uomo che a Parma, nell’agosto del 1922, guidò la resistenza degli arditi del popolo riuscendo a tenere testa per cinque giorni alle migliaia di fascisti guidati da Italo Balbo che tentavano di espugnare la roccaforte rossa dell’oltretorrente.
Con Valerio Mastrandrea e Francesco Pannofino voci narranti.
Giornata della memoria, la liberazione di Auschwitz.
Il ricordo della Shoah, dell’annientamento di milioni di ebrei, omosessuali, rom, sinti, oppositori politici. Tutte vittime dei tedeschi, anzi, dei nazisti, che solo da loro può venire un male tanto grande.
Ricordare è costruire una identità, peccato che la memoria, quando non è un ingranaggio collettivo, sia uno strumento selettivo, scarta molto e non sempre sceglie bene. Ad esempio: tutti ricordiamo i luoghi dello sterminio gestiti dai nazisti, ma quanti conoscono i nomi dei campi di concentramento italiani?
Sì perchè anche l’Italia, fece la sua parte.
Fossoli, San Sabba, Borgo San Dalmazzo,Bolzano sono i nomi più noti, ma ci sono anche quelli qui sotto:
Campo di internamento di Agnone (Campobasso, Molise), presso il convento di S. Bernardino da Siena.
Campo di internamento di Alberobello (Bari, Puglia)
Campo di concentramento di Arbe (Fiume, Dalmazia) (giugno 1942 – settembre 1943)
Ateleta (L’Aquila, Abruzzo)
Campo di internamento di Bagno a Ripoli (Firenze, Toscana), presso Villa La Selva (luglio 1940 – settembre 1943)
Campo di internamento di Campagna (Salerno, Campania) (giugno 1942 – settembre 1943)
Capannori (Lucca, Toscana)
Carana (Cosenza, Calabria)
Campo di internamento di Casoli (Chieti, Abruzzo)
Campo di internamento di Chieti (Abruzzo)
Campo di internamento di Civitella in Val di Chiana (Arezzo, Toscana), presso Villa Oliveto
Campo di internamento di Corropoli (Teramo, Abruzzo), presso Badia Celestina.
Campo di internamento di Ferramonti di Tarsia (Cosenza, Calabria) (giugno 1940 – settembre 1943)
Campo di internamento di Gioia del Colle (Bari, Puglia)
Campo di internamento di Isernia (Campobasso, Molise)
Campo di internamento di Isola del Gran Sasso (Teramo, Abruzzo)
Campo di internamento di Lama dei Peligni (Chieti, Abruzzo), presso un edificio nel centro del paese (luglio 1940 – settembre 1943)
Campo di internamento di Lanciano (Chieti, Abruzzo)
Campo di internamento di Manfredonia (Foggia, Puglia), presso il Macello Comunale (giugno 1940 – settembre 1943)
Marsiconuovo (Potenza, Basilicata)
Campo di internamento di Montechiarugolo (Parma, Emilia-Romagna)
Montefiascone (Viterbo, Lazio)
Campo di internamento di Nereto (Teramo, Abruzzo)
Campo di internamento di Notaresco (Teramo, Abruzzo)
Osimo
Campo di internamento di Scipione (Parma, Emilia-Romagna)
Sforzacosta (Macerata, Marche)
Terranova di Polino (Potenza, Basilicata)
Campo di internamento di Tortoreto (Teramo, Abruzzo), presso l’attuale Municipio di Tortoreto e una villa a Tortoreto Stazione, ora
Alba Adriatica (luglio 1940 – settembre 1943)
Campo di internamento di Tossicia (Teramo, Abruzzo)
Campo di internamento delle Tremiti (Foggia, Puglia)
Tuscania (Viterbo, Lazio)
Campo di internamento di Urbisaglia (Macerata, Marche) (giugno 1940 – ottobre 1943)
Chi li conosce? Chi li ricorda?
E chi conosce o ricorda “La difesa della razza“? Rivista patinata pubblicata in periodo fascista che propagandava il razzismo più criminale e che aveva come collaboratori due dei padri della destra italiana, Evola ed Almirante?
In Italia il razzismo ha radici solide ed antiche, le leggi razziali promulgate nel 1938 non erano un servile adeguarsi alla politca nazista, ma il logico e naturale sviluppo del colonialismo italiano responsabile di stragi e deportazioni.
Come al convento di Debra Libanos, in Etiopia, dove gli italiani ammazzarono 2000 persone (altre migliaia nei giorni precedenti), come in Libia dove gli italiani non ebbero remore ad usare armi chimiche, e dove costruirono il campo di concentramento di El Aghelia (10000 prigionieri, morti a migliaia).
La lista potrebbe andare avanti, ma così è sufficiente, per chi vuol capire.
Capire che esiste una relazione tra una memoria storica lacunosa e i rigurgiti razzisti che viviamo ogni giorno.
Non parliamo solo dei fascioleghisti, di Salvini che invoca la linea dura, ma anche di quei “moderati” in doppiopetto che applicano politiche liberticide nei confronti dei migranti, sgomberano e incarcerano.
Ricordare è costruire una identità, non lasciamo che sia il potere a farlo.
45 Anni fa moriva Pinelli assassinato. Perché quelle bombe il 12 dicembre?
In quegli anni era consapevolezza comune una prospettiva di vita grigia e senza senso. Una società fortemente ipocrita e perbenista veniva attraversata da flussi migratori da sud a nord, dalle campagne alle fabbriche. Il lavoro alla catena di montaggio e in ufficio era totalmente alienante, la condizione femminile subiva la pensante influenza vaticana di forma (impossibile ossigenarsi i capelli piuttosto che vestire calze trasparenti) e le spinte di trasformazione di costume e mentalità giovanile subivano il giudizio snob e inquisitore del pensiero dominante.
C’era una cappa culturale opprimente che ti impediva di vivere una vita consapevole. L’idea di mettersi il gessato grigio e la cravatta diventava asfissiante per una generazione che veniva dai campi e dalle rovine della guerra.
Noi volevamo vivere e reclamavamo l’amore libero, la liberalizzazione delle droghe, l’antipsichiatria…
In questo humus, la contestazione assumeva diverse sfaccettature. Gli anarchici contestavano lo stato come primo responsabile della condizione sociale, ma generalmente la gente reclamava quelli che vennero chiamati i bisogni reali: dalla casa, alle tutele sul lavoro, alla maggiorazione del salario.
Nel ‘69 in Italia scoppia il fermento sindacale. Tutti chiedono di vivere una vita piena e migliore. E’ probabilmente in quel periodo che si fa strada la paura nella borghesia dominante. Contestualmente scoppiano ordigni in tutta Italia, la cui paternità risulta essere ambigua e mai chiara: sebbene fosse, ai più, evidente la matrice nera, non c’era ancora consapevolezza delle possibili collusioni coi servizi.
Quella di piazza Fontana è solo una delle tante bombe in quel periodo, sicuramente però fu la più devastante. Nell’aria si sentiva la puzza di colpo di stato di stampo dittatoriale, visto anche lo scenario internazionale con i colonelli greci e la Spagna di Franco, probabilmente tutti questi ordigni disseminati sul territorio nazionale erano parte di una precisa strategia golpista.
Il 12 dicembre la strage. I servizi segreti di Roma indicavano la pista anarchica alla questura di Milano e poche ore dopo l’esplosione, Pinelli veniva portato in questura. Per 2 giorni e 2 notti venne torchiato fino ad essere assassinato volando dalla finestra. Calabresi era in quella stanza come testimoniato da Lello Valitutti ed è sicuramente il responsabile morale di quello che è accaduto negli uffici.
Le 17 vittime di piazza fontana, l’omicidio di Pinelli e l’ingiusta ed infame incriminazione di Valpreda, Gargamelli, Mander, Borghese e Di Cola rappresentano per la generazione del 68 il gesto più eclatante e spavaldo del potere criminale. Nasce quindi un movimento della società civile che partecipa alla campagna di controinformazione che scava sui retroscena della strage di piazza fontana. Analizza e verifica ogni documento, ogni velina mettendo in evidenza luci, ombre e contraddizioni.
Molto del materiale cartaceo e video è basato su quel lavoro di ricostruzione.
PERCHE’ IL 15 DICEMBRE , DAL 1970 A OGGI Il 12 dicembre 1970, nel primo anniversario della strage, la questura vietò la manifestazione indetta dagli anarchici. Circa 3000 persone sfidarono il divieto e in quella occasione lo studente Saverio Saltarelli trovava la morte in seguito ad un candelotto di lacrimogeni sparato ad altezzo uomo dai carabinieri.
Per tutti gli anni 70 il 12 dicembre diventa un appuntamento fisso ed incarna il senso dell’alternativa e la dimostrazione che le istituzioni non funzionano in quanto incapaci di dare delle risposte. Il processo Valpreda si trascina fino agli anni 80 senza nessun colpevole e la sentenza Pinelli risulta sin da subito ignobile, con la teoria del malore attivo.
Dopo il 77 la tensione sociale viene meno, i movimenti hanno uno stop. A quel punto viene rilanciata la data del 15 dicembre a ribadire l’ingiustizia della società e a presentare una diversa prospettiva di valori. Era importante partire dall’assassinio di Pinelli di per se incontrovertibile, una storia che prendeva passione, sangue e cuore.
Negli anni 80 e 90 le iniziative sono un crescendo: manifestazioni notturne molto partecipate nonostante il freddo particolarmente pungente, rappresentazioni di Paolo Rossi, Paolini piuttosto che Lucarelli e Moni Ovadia. Iniziative potenti che non sono servite a cambiare le sorti formali dei processi, ma a tenere alto il concetto di coscienza collettiva. Si dice che la memoria esiste se qualcuno la narra, noi volevamo a tutti i costi narrare.
Oggi è importante ribadire la non condivisione nella memoria, perché quando si tenta di mettere sullo stesso piano vittime e carnefici non possiamo renderci complici, non possiamo legittimare culturalmente questa opera di normalizzazione di appiattimento che ha come fine quello nascondere le responsabilità di autori e mandanti e di far passare per normale un momento storico che ha visto lo stato straordinariamente feroce e violento.
Ricordare l’assassinio di Pinelli e l’innocenza di Valpreda e di tutti gli altri compagni incarcerati, allora e oggi, significa rappresentare un presente in cui la fanno da padrone diritti negati, sfruttamento e diseguaglianze.
IL 15 DICEMBRE 2014
Lunedì ci sarà Di Stefano che prospetterà lo scenario economico che stiamo vivendo e le implicazioni dei trattati internazionali di deregolamentazione come il TTIP.
Scaramucci che oltre alla memoria storica si chiederà dove va la sinistra, Saverio Ferrari ci parlerà delle nuove alleanze in seno alla destra fascista e populista.
Ci saranno le testimonianze della famiglia con Claudia e Silvia Pinelli, Landini sui pericoli del jobs act e Renato Sarti che reciterà un pezzo tratto dal suo spettacolo “Chicago Boys”