LE RADICI CRISTIANE DELL’ANTISEMITISMO ( da La Civiltà Cattolica )

I nazisti non hanno inventato niente. Tutto l’armamentario antisemita che essi hanno utilizzato fino alle estreme conseguenze lo hanno trovato bell’e pronto ed è di matrice cristiana. L’odio per gli ebrei, quelli che, negando Cristo come Messia e salvatore del mondo, negano le verità del cristianesimo, lo si ritrova tutto in questo articolo pubblicato dalla rivista gesuita “La Civiltà Cattolica”.  Vi si trova chiarissima l’equiparazione tra comunismo ed ebraismo. Il comunismo come complotto ebraico. Gli ebrei come una “razza”, ecc.

Intendiamoci:  non si vuol dire con questo che tutti i cattolici siano antisemiti o paranazisti. Non è così, anzi,  una parte di loro ha combattuto il nazifascismo. Si vuole invece dare un contributo alla salvaguardia della memoria storica e pure alla prevenzione del ritorno di idee totalitarie le cui radici sono molto più profonde di quanto si creda.

 

 

La Civiltà Cattolica e la questione ebraica.
La rivoluzione mondiale e gli ebrei. Tutto il catalogo razzista e reazionario

Da: La Civiltà Cattolica, Roma, 12 ottobre 1922, LXXIII, vol. IV, quad. 1736

LA RIVOLUZIONE MONDIALE E GLI EBREI

Il mondo è malato. Non siamo noi a dirlo: oggi. lo ripetono anche i moralisti da strapazzo: oggi anche la gente più spensierata, spaurita dal turbinoso caos in cui vede precipitare ogni ordine sociale, si è scossa, si è guardata dintorno chiedendo a se stessa donde e come le sia venuto un tale accesso di follia. Dappertutto i popoli agitati da inesplicabili convulsioni: gli Stati consumati dal debito pubblico: le nazioni affamate dalla carenza dei viveri: i cambi ogni giorno più rovinosi, e l’aggio dell’oro più stemperato; lo squilibrio economico sull’orlo del fallimento. E la turba, tanto
più disamorata del lavoro quanto, più avida di guadagni e di inafferrabili godimenti, pare divertirsi in una ridda tragica di tumulti e di scioperi, aspettando di proclamar domani la repubblica comunista, mentre i politici, i savi delle nazioni si aggirano, sperduti in cerca di una pace che, si risolve in una perpetua delusione. Dove andiamo?
Ecco la paurosa interrogazione che si ode ripetere da tutte le parti: e di riscontro a questa, un’altra interrogazione mormoreggia nella subcoscienza: Chi conduce? poiché le moltitudini sono mandrie e non sanno dove vanno, ma ubbidiscono a qualcuno che le guida o che le spinge. Chi spinge questa barabuffa di partiti, di leghe, di logge, chi guida questo movimento di rivoluzione universale che capovolge la società umana da un confine all’altro del mondo?
Voci sinistre si levano da più parti ad accusare la sinagoga. Il lupo è, sempre lupo: le colpe antiche accreditano i sospetti nuovi e rinciprigniscono, una, piaga, rammarginata ma non mai guarita. Una mano profana ha tratto pure alla luce dei segreti che portano la marca, del ghetto.
Documenti o falsificazioni ? Sarà difficile, come sempre, poter diradare le tenebre in cui si avvolge gelosamente Israele. Il velo del tempio, che Jahve aveva squarciato, i figli di Giuda l’hanno ricucito a fil doppio; ma quello che esso vuol ricoprire non è, più l’arca santa del Signore: è la cassa forte
delle sue usure e del suo egoismo. In ogni modo alla sua tenacità nel nascondere noi opponiamo il diritto di frugare e trarre alla luce del sole quello che ci riguarda, quello che tocca il bene pubblico del popolo cristiano, a cui far danno per i talmudisti è precetto di legge e merito di religione. A dir vero, già è parecchio tempo che di questi misteri ebraici si discorre, e si scrive in Italia e fuori, e più ancora fuori che in Italia, perché là più che da noi spadroneggia quella razza.

Noi abbiamo sinora taciuto di proposito, perché nessuno ci accusasse – come altre volte – quali istigatori partigiani di antisemitismo. Oggi, al punto in cui sono le cose, crediamo essere, parte del nostro compito mettere i lettori a notizia dei fatti che dettero occasione all’inchiesta.
Principiamo, da quelli che per la vastità del movimento e l’importanza delle conseguenze dominano sopra tutti gli altri.

La Russia è oggi il campo di battaglia sul quale si disputa l’impero del mondo di domani. Per quanto fitte sieno le tenebre con cui artatamente è circondato quell’infelice paese dalla prepotenza dei tiranni che se ne vogliono impadronire, essi non hanno potuto interamente nascondere il tetro bagliore degli incendi, né strozzare il grido delle vittime straziate, fucilate, trucidate, a capriccio, né soffocare la disperata lotta di un popolo, a cui col ferro, col fuoco, col sangue si volle imporre la delizia del governo comunista. Sono quattro anni che l’Europa stolta o infrollita sta spettatrice di quella distruzione regolata a mente fredda da masnadieri trasformati in capi di Stato, circondati
da sicari ben degni del titolo significativo di <<guardie rosse >>, ministri di strage e di terrore. Essa ha dovuto vedere le stesse residenze degli ambasciatori suoi rappresentanti, asilo protetto dal più elementare diritto delle genti, assalite e depredate; maltrattati, feriti, tenuti prigionieri i suoi inviati, disonorate le sue bandiere: la vigliaccheria politica, la connivenza settaria ha dissimulato o sepolto. nel silenzio i foschi misteri del terrore bolscevico. Intanto sono distrutte in massima parte
le industrie del paese, morto il commercio: il saccheggio, la dilapidazione hanno mandato in malora ogni ricchezza. In quattro anni la Russia, regione cosı̀ vasta, cosı̀ fertile, cosı̀ abbondevole di ogni cosa, è ridotta all’estremo della miseria e alle torture della fame. Si è parlato di milioni di bambini, vite innocenti mietute in fiore dall’implacabile flagello: si parla di altri milioni di vite di sventurati che l’inedia finirà di consumare, se la mano soccorritrice delle nazioni cristiane non sarà pronta a porgere loro un pezzo di pane che li strappi alla morte. È giusto ed è umano che, ciò si
faccia e il Vicario di Cristo ne diede egli stesso l’esempio. Ma mentre un profondo sentimento di compassione ci inclina a soccorso di una turba incolpevole per sottrarla a cosı̀ terribile destino, un movimento altrettanto profondo di indignazione ci strappa un urlo di maledizione contro i ribaldi che hanno travolto quel popolo in tale abisso senza fondo. Si salvino gli infelici, ma si mettano in ferri, si traggano al tribunale, inesorabile, della giustizia i mestatori, i capibanda che per attuare le loro pazze utopie, disertano il paese e assassinano la nazione.
Chi sono costoro ?

II

Il lettore non aspetta, la risposta da noi. Da troppo tempo sono divenuti tristemente famosi anche di qua dell’Alpi i nomi cabalistici degli arruffapopoli che si dànno per fondatori della << Internazionale >> comunista moscovita da loro vantata come il paradiso della futura società umana. Ma se, passando oltre, i nomi, noi li guardiamo bene in faccia per riconoscere chi sono, si viene a scoprire questo fatto per lo meno assai strano che il maggior numero, a quello che si dice, dei componenti il corpo dirigente la repubblica comunista in Russia non è di indigeni russi, ma di intrusi <<
ebrei >>, i quali però si danno premura di occultare quasi sempre il nome di origine sotto la maschera di uno pseudonimo di colore slavo. In un opuscolo pubblicato nel 1920 dalla Società <<Unità della Russia >> troviamo, estratto dagli stessi giornali ufficiali << bolscevichi >> un lungo elenco nominativo di tutti i membri dei Consigli, delle Commissioni e delegazioni, dei Comitati, Commissariati. Uffici centrali, da cui fu costituito l’organismo dello Stato allo stabilirsi del governo comunista. Quell’elenco venne divulgato in tutte le lingue, in tutti i paesi senza contraddizione: le sue informazioni presentano quel valore che dà loro, oltre la prima Origine, la pacifica
notorietà che ne accredita almeno la veracità sostanziale. Ora in quell’elenco sopra cinquecento quarantacinque nomi di membri degli uffici direttivi dello Stato, i cittadini. di stirpe russa sono nulla più che trenta; quelli di razza giudaica sono la bellezza di quattrocento quarantasette: il resto va disperso tra lettoni; finlandesi, tedeschi, armeni, polacchi e le altre genti che già componevano l’impero. D’altra parte la popolazione totale della repubblica russa non conta certamente meno di novanta milioni di nazionali di fronte a forse quattro milioni di ebrei che fino a ieri brulicavano nel pattume del ghetto, fatti segno al disprezzo comune. Eppure questa infima minoranza oggi ha invaso tutte le vie del potere e impone la sua dittatura alla nazione. E quale dittatura!
Secondo la Costituzione della Repubblica << sovietista-socialista-federativa russa >> del 19 luglio 1918, art. 24-25, , il potere supremo risiede nel Congresso dei soviet, ovvero comitati delle provincie e delle città di tutte le Russie; in proporzione di un delegato per 25.000 votanti nelle città e 125.000 nelle provincie, assicurando cosı̀ la prevalenza del proletariato operaio, più imbevuta delle idee rivoluzionarie e comuniste, sopra quello delle campagne. Per essere elettori o elettrici bisogna
avere diciotto anni (od anche meno con l’approvazione, del potere centrale) e lavorare nella produzione delle cose necessarie alla vita, o nel servizio domestico per il sostentamento di quelli che lavorano, essere soldati o marinai dell’esercito o della marineria sovietista. Non possono essere elettori coloro che tengono a proprio servizio dei lavoratori salariati, quelli che vivono di rendita e non di lavoro personale, i commercianti e gli agenti commerciali; i monaci e gli impiegati religiosi
della Chiesa; gli agenti dell’antica polizia, i membri della famiglia imperiale.

L’art. 23 dichiara che << la Repubblica, guidata dal solo interesse delle classi operaie, può privare dei loro diritti gli individui o i gruppi di persone che ne usassero a danno della stessa repubblica socialista >>. È la legge del sospetto, comune a tutti i governi violenti per far man bassa dei loro avversari.
Al congresso dei << soviet >> per l’art. 28 spetta l’obbligo, di eleggere il comitato esecutivo centrale il quale, secondo l’art. 31, è l’organo legislativo, amministrativo, direttivo della repubblica sovietista. Dal comitato centrale, è poi costituito il Consiglio dei commissari del popolo per l’amministrazione degli affari della repubblica, sotto la sua vigilanza e malleveria.(1)

III

Ora fermiamoci ad osservare (2). Noi abbiamo la lista dei membri di questo consiglio dei commissari, che si può comparare al Consiglio dei ministri negli altri governi europei; essa contiene ventidue nomi che ci fanno conoscere gli uomini nelle cui mani sta il destino della nazione. Il primo fra essi è quello del presidente del Consiglio, Vladimiro Illitch Oulianov, conosciuto sotto il nome di Lenin; egli è vero russo ed appartiene alla nobiltà ereditaria. Nato nel 1870 a Limbrisk, studiò diritto ed economia politica, all’Università di Kazan e di Pietroburgo. Da alcuni si dice che la
madre sua fosse ebrea: certo egli fu educato nella religione ortodossa. Impigliatosi nella rivoluzione fu imprigionato come socialista, esiliato in Siberia: liberato nel 1900, spatriò, e tornò alla propaganda socialista più ardente. Un fratello di lui venne giustiziato nel 1887 per aver preso parte a una congiura terrorista. Egli stesso è di animo freddamente crudele, di ferrea volontà, audace, risoluto, domina per intelligenza e per disinteresse quelli che lo circondano. Un altro russo è il commissario per gli affari esteri, Cicerin, anch’egli di famiglia nobile, dalla quale aveva ereditato una
considerevole fortuna che egli abbandonò per mantener fede alla professione socialista. Sono esempi che si vedono solo in quei paesi. Il terzo è commissario per l’educazione. (come ivi si designa il Ministero della Istruzione pubblica), Lunatciarski, figlio di un consigliere di Stato, ortodosso e propagatore di comunismo fra il clero inferiore. A questi russi si aggiunga il commissario per l’agricoltura, Protian, e quello per gli affari dalle nazionalità, Djongachvili, che sono di origine armena. Gli altri diciassette sono tutti figli d’Israele. Traviamo fra loro colui che dopo Lenin tiene il primo sposto nella repubblica e fu il vero ordinatore dell’esercito <<rosso >>, il Bronstein, detto Trotski, commissario per la Guerra e la Marina. Nato nel 1877 da un giudeo che teneva bottega di
speziale nella provincia di Kherson, fin da ragazzo fu un rivoltoso e si fece cacciar dalla scuola per aver profanato orrendamente un’icona. Arrestato più volte, mandato in Siberia, fuggito, ramingo per l’Europa, scrivendo libri e giornali per la rivoluzione. Quando essa scoppiò, stette incerto a qual partito appigliarsi, non sapendo quale fosse per prevalere, e parve pendere verso i << menscevichi >> o moderati: oggi egli è bolscevico pazzo e sanguinario. Suo degno compagno di crudeltà
feroce è il commissario, per l’Interno, Ovsei Gershon Apfelibaum, detto Zinoviev, ebreo dell’Ucrania, nato nel 1883. Legato d’amicizia giovanile con Lenin, fu con lui in Isvizzera, dove fino al 1917 pubblicavano il giornale Sociat-Democrat; con lui rappresentò i socialisti russi alle famose conferenze di Zimmerwald, di Berna, di Kienthail.

Rientrato in Russia con la rivoluzione, quando nel 1918 il governo bolscevico si trasferı̀ da Pietrogrado a Mosca, il Zinoviev rimase a Pietrogrado come presidente di quel comune: a lui si devono imputare gli atti di selvaggia barbarie di cui fu teatro l’infelice città. Dal vedere tale mostro preposto al Ministero dell’Interno si può argomentare quali metodi persuasivi la repubblica voleva adoperare per istabilire il comunismo nel
vecchio impero.
Il Consiglio dei commissari ha un ministro delle Finanze ebreo, Gornkovsky, e va da sé; ne ha un altro per i Culti o, come là si dice, per le religioni, Spitzberg, parimenti ebreo, e la cosa si capisce meno; ne ha un altro, ancora ebreo, Anvelt, per l’Igiene sociale, e questa non s’intende punto, date le abitudini di ereditario sudiciume in cui la tribù vive da secoli in quelle contrade. Meglio invece si comprende nel Consiglio la istituzione di un commissariato per il << Soccorso sociale >> affidato
a una donna, ma essa pure ebrea, Lilina, perché quei soccorsi cadessero in buone mani. Ebrei sono pure i ministri della Giustizia e dei Lavori pubblici. Altre istituzioni repubblicane in mani ebree sono il commissariato per << le terre dello Stato>>, quello per << il controllo dello Stato>>, quello per << la ricostruzione >>, quello per << l’economia >>, quello per << il rinvio dei rifugiati >>, quello sopra tutto per << le elezioni>> tenuto già , da Moisè Ialomonovitch, detto Ouritski, reso famoso
dai brogli e dalle frodi tutte ebraiche con cui aveva preparato le grandi elezioni costitutive della repubblica. Un ultimo commissariato, indice dei tempi e dei metodi, è quello << della Stampa >> che naturalmente è di pieno dominio giudaico. Da esso dipende un ufficio giornalistico a cui sano addetti quarantadue scrittori, de’ quali uno, solo è russo, Massimo, Gorki, gli altri sono tutti ebrei, come Moch, Kuhn, Eliasson, Kats, Efron, Davidson, e trenta altri. Questi sono i profeti che, dettano il verbo alle turbe proletarie e dirigono la pubblica opinione dalle colonne della Pravda, della Izvestia, della Znamia Trouda, ecc. I giornali antibolscevichi sono stati soppressi. Presso il Ministero degli Esteri una sezione speciale occupa molti stranieri a tradurre in tutte le lingue gli opuscoli di propaganda rivoluzionaria che si spargono nel mondo universo.

IV

Tale è la composizione del primo Consiglio dei commissari del popolo imposto dalla Costituzione della << Repubblica sovietista-socialista-federativa russa >>. È la mostra da cui giudicare la balla.
Ad imitazione di questo, gli altri consigli direttivi della Stato sono tutti sotto il predominio della sinagoga. Di fatto al Ministero degli Esteri, sopra 17 membri, tredici sono ebrei; in quello degli Interni, sopra 64, quarantacinque; il Ministero della Guerra conta trentaquattro ebrei sopra 43 ufficiali e tra essi nessuno è russo; quello dello Finanze ne conta ventisei sopra 30; quello della Pubblica Istruzione quarantaquattro sopra 53. A questo Ministero è annesso, un corpo dottorale di professori della << Accademia socialista >> di Stato, tra i cui membri troviamo il noto giudeo disertore austriaco Radek, di vero nome Sobelsohn, uno dei più istruiti e dei più accorti uomini del partito bolscevico. Egli prese parte al rivolgimento << spartachista >> e venne espulso dalla Germania insieme con altri diciannove ebrei. Fu nominato fra gli <<alti commissari >> di Mosca ed è uno dei migliori scrittori dell’Izvestia. Membro onorario dell’Accademia era pure la famigerata Rosa Luxembourg. Si vede a che cosa è ridotto << l’onore >> tra quella gente! Più curioso è il vedere tra i dipartimenti in cui è diviso il Ministero dell’Istruzione una sezione speciale per sovraintendere alle << Arti plastiche >> e un’altra intitolata la << Sezione teatrale >> tutte, ben inteso, affidate al
genio ebraico, e in particolare quella del teatro alla signora O. Z. Rosenfeldt, moglie di quel Rosenfeldt, detto Kamenev, uno dei negoziatori della pace di Brest-Litowsk, divenuto poi presidente del << Soviet >> di Mosca, centro della repubblica. A dire il vero, non possiamo difenderci da un senso di amara ironia nel vedere questi allegri legislatori occupati a organizzare le sezioni per il teatro o per le arti plastiche, mentre disertavano il paese con la guerra civile e preparavano un prossimo avvenire di miseria e di fame!

 

 

Senza indugiarci dietro a troppi altri uffici e comitati che pullulavano sotto cento nomi in quella fiera di vanità democratiche, citeremo ancora il fatto che dei due Comitati centrali esecutivi, sorti dal IV e V congresso dei << soviet >> degli operai-soldati-contadini-cosacchi di tutte le Russie, secondo gli elenchi venuti alla luce, il primo era composto, di 34 membri e di essi trentatré erano ebrei, uno solo russo: di esso fu presidente Iacob Mosseivitch Sverdlov, figlio di un farmacista ebreo di Nijni Novgorod. L’altro invece contava 62 membri, dei quali quarantatré circoncisi, gli altri russi, lettoni, armeni, georgiani, czechi, tedeschi, imeretiani. Insomma dal complesso di questi
ragguagli risulta chiaro e manifesto un fatto: questa genia che fino a ieri giaceva nei vicoli ciechi; nei più bassi fondi della vita russa; di botto si è scossa e si è impossessata del trono: ieri non era nulla; oggi è tutto ed è dappertutto, e secondo l’istinto delle razze decadute si affretta a sfogare la rabbia del suo trionfo nella paura che duri poco. Come spiegare questo strano rovesciamento di cose, questa irruzione calcolata, sapiente che s’impadronisce a colpo sicuro di tutti gli organi della macchina sociale, cosı̀ da potersi dire che in Russia – esempio unico – alla nazione slava è imposto
il giogo di un’altra nazione, l’ebrea ?

V

Né alcuno creda, fidandosi di un’osservazione distratta e superficiale, che il rivolgimento russo sia un episodio sconnesso; una tempesta sollevata dall’incostanza delle passioni plebee come strascico passeggero dei disordini della guerra. No: la repubblica ebrea comunista è l’attuazione di una dottrina: sono i dogmi del vangelo di Marx e di Engels posti a fondamento di un programma sociale: è la teoria comunista messa in esperimento, e noi intendiamo facilmente come nessuno poteva essere
più adatto interprete del pensiero di quel pretesi legislatori d’Israele o più esperti esecutori dei loro insegnamenti che gli uomini della stessa razza e delle stesse tendenze. Solo il pervertimento di una fantasia semita era capace di capovolgere tutte le tradizioni dell’umanità e creare una società il cui statuto fondamentale è << l’abolizione di ogni proprietà: la ricchezza non deve appartenere
agli individui o a una classe di cittadini, ma alla comunità >>. Il buon senso della stirpe ariana non avrebbe mai inventato un codice in cui al Principio di un’autorità sociale sottentrasse un ufficio centrale di statistica <<dal quale verrà stabilito quante paia di stivali e di calzoni, quante salsiccie, quanta cera da scarpe, quanto grano, quanto panno dovrà essere prodotto o lavorato ogni anno; lo stesso ufficio fisserà quanti uomini lavoreranno nei campi, nelle fabbriche di salsiccia, nelle officine
dei sarti. Tutto il lavoro sarà distribuito in misura corrispondente al bisogno, e la produzione sarà regolata secondo un calcolo preciso fondato sul numero degli strumenti agricoli, delle macchine, dei telai, e sopra la quantità disponibile delle materie prime e dei lavoratori >> .
Queste ed altre fino a ieri si stimavano utopie e facevano sorridere gli uomini seri: oggi quella gente ne ha fatto il modello della sua legislazione. Ha imposto il lavoro obbligatorio sotto la direzione e la vigilanza dello Stato: ha diviso la popolazione in quattro categorie per le distribuzioni alimentari: ha soppresso tutte le scuole, i collegi, le università come centri di infezione borghese. Un decreto, di Lenin ha prescritto << la educazione libera e gratuita delle classi operale>> e per diffondere rapidamente i principii comunisti è stata istituita l’Accademia di Mosca, già mentovata di sopra, alla quale, sono inviati da tutte le provincie i giovani operai o contadini che si
credono capaci di riuscire agitatori del partito, istruiti e mantenuti per questo fine a spese dello Stato. La repubblica ha soppresso tutti i tribunali ordinari dello Stato, e la giustizia è nelle mani di Commissioni straordinarie con potere di vita e di morte. È superfluo notare che anche i membri del commissariato della Giustizia sono tutti israeliti, ed a capo della Commissione suprema è il sanguinario Trotski.
Dei grandi principii di libertà di stampa, di associazione o di parola, neppur parlarne: sono diritti che si rivendicano sotto il regime borghese per poter preparare la rivoluzione; ma a rivoluzione fatta, in governo comunista, che si può pretender di meglio? I malcontenti sono nemici dello Stato
e vanno repressi severamente. Perciò la repubblica si è circondata di armi o di armati, ha imposto la coscrizione, e non parendole troppo salda e sicura la fede delle schiere paesane, non esitò un momento a rinnegare tutto il vecchio, antimilitarismo venduto ai gonzi e assoldare un esercito di cinesi, lettoni, ungheresi, vecchi prigionieri, profughi, vagabondi d’ogni colore, ai quali prendere servizio era il più sicuro mezzo di trovar da, mangiare dove si moriva di fame. Tale non era, davvero il caso dei seguaci della sinagoga, e non li vediamo infatti far mostra di sé nel campo militare. L’ebreo non ama la milizia poiché non ha una patria: e quando dovette essere soldato, la rivoluzione lo fece traditore e assassino. Il branco di sicari che commise il feroce eccidio della
famiglia imperiale moscovita nella notte del 16 luglio 1918 era comandato da due ebrei, Vaissen e Savarov, ed essi colpirono le vittime: ed ebrei pure erano le due guardie, Youroviski e Laipont, che avendo la custodia dei prigionieri lasciarono penetrare gli assassini. La carneficina inumana suscitò tanto orrore che, almeno per gettare un velo d’ipocrisia sopra i cadaveri, fu nominata una commissione d’inchiesta intorno al misfatto. La commissione, s’intende, ebbe sette ebrei sopra dieci membri. Non sappiamo quale esito l’inchiesta abbia avuto… né se sia mai stata fatta.
Il governo di Mosca organizzò l’esercito rosso con una disciplina di ferro – né meno ci voleva per dare una coesione a quella razza maglia di origine disparata – e lo preparò alla guerra di classe che la dottrina marxista predicava come necessaria allo stabilimento della dittatura del proletariato per giungere al comunismo. Il Lenin nella relazione al Comitato esecutivo dei << soviet>> dell’aprile 1918 denunciava ripetutamente: << Sarebbe la più grande stoltezza e la più stupida utopia credere
che la transizione dal capitalismo al socialismo sia possibile senza costringimento e senza dittatura… Ogni grande rivoluzione e specialmente la rivoluzione socialista non è possibile senza una guerra civile >>. << Niente pace civile (scriveva già il Liebknecht alla conferenza di Zimmerwald) ma guerra civile, ecco la nostra parola d’ordine >>. Il governo bolscevico non indietreggerà dinanzi a qualunque ostacolo gli attraversi la via e nulla risparmierà per il trionfo del suo ideale. << Al comunismo per mezzo della dittatura del proletariato, ecco il grido del partito. Dittatura significa un potere di ferro, un potere che non avrà compassione dei suoi nemici. La dittatura delle classi operaie è un potere di Stato che strozzerà la borghesia e i proprietari >>. La bandiera della propaganda comunista porta scritta la formula: <<Tutto il potere ai Soviet, la dittatura temporanea al
proletariato la socializzazione totale delle attività umane e l’unione universale del proletariato di tutti i paesi >>. Perché si osservi bene: il programma del partito comunista << non è solo la liberazione del proletariato di una nazione, ma di tutte le nazioni, giacché è il programma della rivoluzione internazionale. Il rovesciamento dei governi imperialisti a mano armata deve aprire la via alla dittatura internazionale della classe operaia >>. E nella stessa Costituzione della repubblica russa all’art. 3 si dichiara che uno dei suoi intenti principali è << la vittoria del socialismo in
tutti i paesi >>.

***

Per questo noi dicevamo al principio di queste pagine che la Russia è oggi il campo sul quale si decide la sorte del mondo di domani. Abbiamo veduto come di questo campo essi tengano in mano loro il pieno possesso, come si sforzino d’impiantare il più odioso despotismo su quello sciagurato paese e si preparino per movere di là alla conquista dell’universo.

(1) Di molti cambiamenti nella legislazione bolscevica si è parlato più volte nella stampa di tutti i paesi: ma è molto difficile di saperne il netto: e non crediamo che le cose siano migliorate.
(2) Si ricordi il lettore che i nomi qui accennati sono quelli del primo governo, dato dalla nuova costituzione.

 

 

Gli algoritmi della politica. Incontro con Salvo Vaccaro

Vi invitiamo alla presentazione online del libro “Gli algoritmi della politica” di Salvo Vaccaro appuntamento per lunedì 29 marzo alle 18 ( in fondo al post il link per partecipare )

Quando navighiamo sul web, parliamo allo smartphone, effettuiamo operazioni online o usiamo i social network, lasciamo inevitabilmente tracce della nostra attività a disposizione delle imprese digitali che controllano il web.

Questa immensa mole di dati viene costantemente raccolta, elaborata e riassemblata in modo da permettere alle Big Tech e ai loro clienti, pubblici e privati, di individuare il nostro profilo identitario con sempre maggiore precisione. Ed è l’algoritmo la funzione operativa che presiede a tali tecniche di profilazione. Ma non si tratta solo di marketing commerciale: è molto di più. L’algoritmo consente infatti di elaborare, in base al nostro comportamento online, una previsione delle nostre condotte future che attiva, anche in ambito politico, forme di induzione e attrazione verso posizioni che altrimenti non ci verrebbero in mente. La sfera pubblica si presta così a condizionamenti propagandistici che il cittadino non è ancora preparato ad analizzare criticamente e che incidono sulla libertà stessa, sia come immaginario singolare e sociale, sia come pratica individuale e collettiva.

Salvo Vaccaro ( Palermo 1959 ) insegna Filosofia politica all’università di Palermo.
Le sue linee di ricerca puntano ad articolare il pensiero critico del ventesimo secolo, soprattutto elaborato in area francese ( Focault, Deleuze, Derrida ), e la teoria anarchica contemporanea, al fine di offrire un’analisi attenta del presente, nonchè una narrazione libertaria irrobustita da letture filosofiche e politiche eterogenee.

Autore di numerosi saggi, tra cui L’onda araba, I documenti della rivolta ( 2011 ), Violenza di genere, Saperi contro ( 2016 ), La pensee politique de Focault ( 2017 ), con eleuthera ha pubblicato Il pianeta unico ( 1999 ), Pensare altrimenti ( 2011 ), Agire altrimenti ( 2014 ), Anarchist studies ( 2016 ) e Eterotopie anarchiche ( 2020 ).

Qui una recensione del libro

Qui il link per partecipare

 

INTERVISTA  A MERCIER VEGA

INTERVISTA  A MERCIER VEGA ( DALLA RIVISTA ANARCHICA “VOLONTA’ )

VI PROPONIAMO LA LETTURA DI UN’INTERVISTA RILASCIATA DA LUIS MERCIER VEGA, A NOSTRO GIUDIZIO UNA DELLE FIGURE PIU’ IMPORTANTI DELL’ANARCHISMO DEL VENTESIMO SECOLO.

LA SUA ATTIVITA’ HA SPAZIATO DAL SINDACALISMO, ALLA RIVOLUZIONE SPAGNOLA, AGLI STUDI SULL’AMERICA LATINA AGLI STUDI SOCIOLOGICI;DI PARTICOLARE RILIEVO GLI STUDI SULLA NUOVA CLASSE DOMINANTE, LA TECNOBUROCRAZIA.

MERCIER VEGA E’ MORTO, SUICIDA, NEL 1977

Parliamo del Sud America.Cominciamo da una “tragedia” che merita qualche riflessione: l’abbattimento del governo di Unidad Popular di Allende da parte di Pinochet; quali furono le cause che determinarono la sua caduta, visto che attribuire tutto esclusivamente alla CIA non è una spiegazione?

L’esperimento della presidenza di Salvador Allende si inserisce nella corrente iniziata dal Frente Popular del 1938 col radicale Aguirre Cerda, molto tempo dopo proseguita dal democristiano Eduardo Frei e che risponde alla necessitá di mobilitare le risorse materiali ed umane della nazione per organizzare meglio la produzione ed avere un ruolo concorrenziale sui mercati internazionali, perseguendo una maggiore indipendenza in rapporto coi proprietari o finanzieri stranieri soprattutto statunitensi.

La vecchia oligarchia cilena-latifondista e mineraria-non era più in grado di affrontare i problemi della competitivitá moderna;non esisteva nemmeno una borghesia nazionale-nel senso di un capitalismo combattivo ed audace di tipo europeo, nordamericano o brasiliano-disposto a svolgere il suo ruolo “storico”. D’altra parte, come in altre regioni del Cono Sud, il proletariato, minoritario, non svolgeva alcuna offensiva conquistatrice. Il vuoto parzialmente riempito con elementi della borghesia,che andranno a far parte di amministrazioni e servizi dello Stato. La CORFO-Corporación de Fomento-, nata con Aguirre Cerda, assunse grande importanza con Frei e giunse a costituire il settore economico più importante del paese sotto Allende, offre l’esempio migliore della trasformazione dello Stato, semplice strumento al servizio delle classi privilegiate, in una classe nuova, proprietaria ed imprenditrice.

Nonostante l’ideologia o la fraseologia molto differente, gli strati sociali che contribuiscono a creare -ed a sfruttare-la struttura politica, amministartiva e tecnica del governo di Unidad Popular, non appartenevano nè alla classe operaia nè a quella agricola, ma alle classi intermedie, senza fortuna, ma con “competenza”.

Ciò che rovinó Allende fu, da un lato, l’incoerenza della coalizione politica che lo sosteneva-ad esempio, il Presidente non potè mai controllare il suo stesso partito, quello Socialista-come pure il rispetto di un gioco parlamemtare che non aderiva alla caratteristica delle trasformazioni sociali in corso e, dall’altro, gli errori di calcolo nelle previsioni dei tecnocrati piazzati nei posti chiave dell’economia e delle finanze,nazionalizzando o lasciando nazionalizzare le aziende statunitensi e sperando di conservare o ottenere crediti dalle tradizionali fonti nordamericane ed europee sopravvalutando la quantitá dell’eventuale aiuto dell’Unione Sovietica o del Comecon. Il cocktail di formule rivoluzionarie, di elettoralismo e di egoismi di partito,tutto sotto la bandiera di Union Popular, non resistette alla prova dei fatti,cioè alla naturale classificazione di “quelli che stanno in basso”,entusiasti per gli slogan socialisti, ma manipolati come oggetti, e quelli che giungevano al potere e speravano di continuare a sfruttare la spinta popolare per eliminare definitivamente i vecchi strati dirigenti.

La caduta fu dovuta anche, naturalmente, alla resistenza dei possidenti terrieri, dell’oligarchia finanziaria e del settore delle classi intermedie che componeva il vecchio sistema, al blocco commerciale organizzato da Washington.Senza contare il ruolo decisivo delle Forze Armate, cui si appoggió Allende, e che rappresentavano-illusione costante nelle sinistre-la “garanzia” di un gioco pulito.Un appoggio che in fin dei conti si trasformó in potenza liquidatrice. Con rarissime eccezioni il proletariato non partecipó direttamente alla gestione, ma serví all’esaurimento, come folla per ovazioni e sfilate.I sindacati erano nella loro immensa maggioranza policizzati,cioè, erano strumenti e non centri di decisione.Tra i contadini la situazione era un po’ diversa, grazie alla disatribuzione di terra cominciata sotto il regime di Frei e proseguita sotto la presidenza di Allende.Ma il Cile é un paese lungo 4000 km e le situazioni sono diverse tra, per esempio, la pianura centrale e il sud.

Negli ambienti “progressisti”, Guevara e Castro sono esseri divini che vengono costantemente adorati.Il cantante catalano PI de la Serra, ad esempio, ha composto una filastrocca dedicata alla Cuba di Castro (nella canzone “Cuba 75”: “el sol es el mateix,la vida es nova/hi ha un neu riu feliç, no pasa gana/ a Cuba ja no la para ni Deu”,ecc.-“il sole è lo stesso, la vita è nuova/c’é un bimbo che ride felice,non esiste la fame/nemmeno Dio può fermare Cuba” ecc.) Cosa pensi della Cuba castrista?

Che la Cuba castrista possa ancora suscitare un entusiasmo “socialista” in determinati settori è dovuto o alla necessitá fisica di entusiasmarsi,-cosí come esiste la necessitá di gridare o camminare a testa in giù quando ci si annoia-o ad una ignoranza totale di ció che è oggi il regime castrista.La lettura di ‘Gramma’, organno ufficiale del PC cubano, partito unico ed unico potere, sarebbe sufficiente per tornare alla realtá, una realtá che non provoca entusiasmo.

Oggi Cuba è una nazione la cui gioventù e la manodopera sono militarizzate, con una politica onnipresente attraverso i Comitati di Difesa della Rivoluzione, con un partito gerarchizzato-Fidel Castro che parla e Raul Castro che controlla la macchina-con un’informazione uniforme e una politica estera assoggettata-economicamente e militarmente alla strategia sovietica.Pensare , ad esempio, che l’intervento cubano in Angola sia stata un’iniziativa spontanea ed entusiasta del popolo non puó spiegarsi che nella cecitá totale di certi intellettuali che vedono nella sinistra il moderno modo per arrivare al potere, o nel loro fondamentale disprezzo per la veritá

Da una situazione caratterizzata dall’odio popolare e collettivo verso il regime di Batista, dallo sforzo di tutti per spazzare via quella dittatura in stato di decomposizione, nacque in breve un tipo di potere personale e mafioso, tipico delle Antille, che per sopravvivere e rafforzarsi si gettó in avventure economiche disastrose, creó un apparato politico-poliziesco e passó dall’assoggettamento all’egemonia nord-americana al servizio dei sovietici.

Tutte le forme di democrazia, ogni opposizione, ogni metodo di autodeterminazione vennero eliminati. I metodi dell’imperialismo nordamericano imbecille di Washington non devono servire da scusa per giustificare il carattere totalitario del regime castrista attuale, in cui la classe dirigente è composta da burocrati e da militari, da funzionari e da poliziotti, prodotti del classico sistema del partito unico, cioè dello Stato-classe, della tecnoburocrazia.

Il capitolo Che Guevara meriterebbe una discussione differente, ma nè il valore, nè la fine tragica dell’uomo giustificano i suoi errori economici tremendi, nè la fallacia delle sue teorie e delle sue tecniche di guerriglia.

Hai scritto un libro sul peronismo.Potresti parlarci brevemente del peronismo?Che cosa rappresentavano i sindacati peronisti?

Esisteva un movimento sindacale numeroso e coraggioso-con le sue tre correnti anarchica, socialista e sindacalista-ed una volontá operaia per trasformare la societá argentina fino al golpe militare di Uriburu, nel 1930.Da quell’anno il sistema di potere oscilla in permanenza tra un parlamentarismo ad imitazione dei modelli europei e l’intervento delle forze armate. La guerra mondiale favorì le esportazioni, e limitó le importazioni, portando un certo sviluppo dell’industria per un mercato interno in espansione.

Giunse l’ora di Peron:installò nelle forze armate un apparato di controllo interno-Grupo Obra de Unificacion- rafforzó la sua posizione attraverso la mobilitazione delle moltitudini delle zone rurali spinte verso i centri urbani:istituí le leggi sociali, costituí una CGT unica cui ogni salariato doveva aderire e fondó opere filantropiche-e propagandistiche-con fondi pubblici.Le organizzazioni operaie autentiche vennero eliminate con la corruzione o l’arresto dei militanti, le persecuzioni, la censura.

Il peronismo ebbe successo e la sua fama continuò nel periodo delle vacche grasse. Alla fine della guerra, la concorrenza commerciale internazionale si rifece sentire e le riserve di valuta accumulate svanirono. Nel 1955, con le FF.AA scontente ed una situazione economica difficile, Peron sparì senza resistenze.

Ma per quasi 20 anni il ricordo del peronismo,”dei bei tempi” verrà utilizzato da una serie di correnti – di destra e di “sinistra” – come fattore politico ed elettorale, come pretesto inoltre per una serie di negoziati. I governi che si susseguono, civili o militari, mantengono intatta la macchina sindacale della CGT, col suo apparato di funzionari, tecnici e gangsters: continua ad essere una macchina eccellente per inquadrare e disciplinare le masse operaie.

Non esistono più – salvo alcune organizzazioni di categoria che hanno mantenuto i loro metodi di indipendenza e di lotta sotto tutte le dittature – organizzazioni operaie autentiche, democraticamente autonome, ma “masse”, cioé materia prima plasmata dalla propaganda e senza volontà propria.

Di fatto, Peron era morto politicamente molto tempo prima della sua morte fisica, ma i suoi metodi, purtroppo, rimangono. Senza contare che, fondamentalmente, non si nota alcun cambiamento nella struttura sociale del paese, se non l’aumento quantitativo del settore terziario.

Quali cause provocano la nascita di gruppi di guerriglia nell’America Latina e che ruolo hanno nella società?

Le guerriglie nell’America Latina sono, nella loro grande maggiornaza, ciò che ho chiamato una tecnica di contro – Stato. Cioè non sono scaturite direttamente da un movimento sociale senza possibilità di esprimersi per mancanza di libertà, ma nascono da un calcolo politico e da una volontà di conquista del potere.

Naturalmente, questa definizione esige correzioni secondo il luogo e l’epoca, ma vale per quasi tutte le esperienze, poco note e tuttavia esaltate… in Europa. La loro composizione sociale è rivelatrice: non si tratta di operai o di contadini, ma essenzialmente di “intellettuali”, universitari o studenti, che cercano – o meglio hanno cercato – di innestarsi su situazioni sociali potenzialmente rivoluzionarie.

Ma le esperienze del Che in Bolivia, ad esempio, o i tentativi del 1965 in Perù, dimostrano chiaramente che la creazione di ‘focos’ non suscitava alcuna risposta tra i contadini poveri.

La nostra critica non è di tipo pacifista. Riteniamo, ad esempio, che la resistenza, a volte in forme insurrezionali, dei contadini boliviani dell’Altipiano o delle vallate di Cochamamba, sono prodotti diretti della volontá degli interessati e meritano rispetto e appoggio. La stessa cosa vale per le lotte dure, continue, violente di tutte le comunitá indie delle vallate peruviane.Sappiamo per esperienza che la guerriglia puó nascere come espressione ed avanguardia di un popolo che non ha altra risorsa che la violenza, una popolazione che mantiene con tutti i mezzi gli elementi usciti dal suo seno per aprire la strada.

Ma questa funzione naturale della guerriglia non ha niente a che vedere con le teorie e le esperienze di avventurieri-o letterati-politici alla ricerca di una scorciatoia per arrivare al potere.E’ pericoloso per il movimento operaio stesso e per la causa rivoluzionaria chiudere gli occhi, per romanticismo, sulle realtá che certi nomi nascondono.Come, ad esempio, sulle origini, la mentalitá ed il comportamento dei Montoneros argentini, tra i quali si trovano i peggiori nazionalisti, antisemiti, cattolici integralisti e avanzi di mercenari peronisti, e tutti disprezzano fondamentalmente le “masse”.

Come analizzi i regimi militari dell’America Latina definiti, alcuni di essi, di “sinistra”, come quello di Juan Velasco Alvarado in Perù?

Ogni struttura politica dell’America Latina-costituzioni, partiti, parlamenti, presidenti-venne importata dall’Europa e dagli Stati Uniti.Non è adeguata alle strutture delle societá locali.Da ció vengono le crisi permanenti.A volte, durante i periodi di relativa prosperitá economica le istituzioni funzionano.Ma al primo segno di crisi ricompare il caudillo, civile o militare.Una versione più moderna è stata il populismo, cioè una demagogia basata sulla mobilitazione del popolo e la sostituzione delle sue realtá con “rappresentanti” ufficiali.

Oggi le Forze Armate costituiscono una macchina di potere, la cui funzione è cambiata.Non è piú uno strumento dell’oligarchia, ma un decisivo settore dello stato, una parte essenziale delle nuove classi dirigenti.Un fenomeno che ha i suoi teorici, come il generale Golbery in Brasile ed i suoi centri di studio, come il Centro de Altos Estudios Militares (CAEM) in Perú.

Fenomeno che ha pure i suoi lati tragicomici-piú tragici che comici-come in Paraguay, in cui i traffici di contrabbando sono controllati e organizzati dall’esercito stasso. Per giungere a mobilitare ed entusiasmare la popolazione povera,la Giunta militare peruviana si è servita per un certo periodo del vocabolario socialista e di numerosi intellettuali di estrema sinistra, che dipingevano di rosso decreti che di fatto erano misure di organizzazione e pianificazione del,paese-materie prime e manodopera-di tipo tecnoburocratico.

Il fatto che i generali “di sinistra” vennero poi sostituiti da ufficiali “di destra”, non cambia di molto la sostanza militare, sempre solidale nonostante le sue contraddizioni interne, può seguire la traiettoria che va da un controllo stretto del settore industriale privato alla concessione di privilegi particolari a questo settore, a seconda delle esperienze, delle necessitá di crediti esteri, dei problemi di produzione o esportazione, ma continua ad essere determinante.La contrapposizione tra capitalisti di Sao Paulo e militari dirigisti, in Brasile, offre un altro esempio di collaborazione forzata e volubile tra avversari.

Che possibilitá esistono di vincere i regimi dittatoriali e superare l’attuale tragica situazione dell’America Latina?

E’ difficile parlare di America Latina in generale.Le situazioni e le prospettive sono diffenti tra Messico e Argentina, Venezuele e Cile,ecc.Ad eccezione del Venezuela, la tendenza non va verso la democrazia.Anzi:tutto il Cono Sud si trova sotto regimi repressivi. Economicamente, o più propriamente, dal punto di vista dello sviluppo industriale, Brasile, Messico e Venezuela progrediscono, il che non significa che le ricchezze che si accumulano siano fonte di benessere per gli operai o i contadini.

E’ la gente in basso che suda per fornire il plus-valore necessario alla ricchezza dei privilegiati e alla potenza dello Stato.

Senza contare che i problemi delle nazioni industrializzate o post-industriali sono ormai evidenti. Fondamentalmente tutte-proprio cosí:tutte-le tendenze politiche, comprese quelle di estrema sinistra,non hanno altro modello di societá che quello nordamericano-o sovietico-cioè un tipo di organizzazione sociale dominato dalla produttivitá, dallo sviluppo concorrenziale, dalla scala delle funzioni di ordine ed efficienza.Fino all’assurdo.

Ciò di cui hanno bisogno i movimenti rivoluzionari o riformisti dell’America Latina, è l’immaginazione,cioè la ricerca di forme di organizzazione, di rapporti umani, adeguate agli esseri che vivono in queste terre, tenendo presente le condizioni climatiche, geografiche, ecc. Se ogni antiimperialismo mobilitatore sfocia in una copia febbrile di Chicago o di Magnitogorsk, significa che le trasformazioni sono concepite esclusivamente per coloro che si considerano giá membri privilegiati della nuova èlite.Con ideologie distinte e perfino contraddittorie,ma con le stesse funzioni di potere. La lotta contro le dittature esige,è vero, un’attivitá di difesa, ma anche una concezione della societá che respinge ogni forma di coercizione.

E ora parliamo del movimento libertario.Che ne è stato delle organizzazioni sindacali e dei gruppi anarchici del Sudamerica?

Credo che stiamo terminando la traversata del deserto.Dalla fine del secolo scorso fino circa al 1930, le correnti libertarie rappresentarono in Argentina, in Cile, in Urugay, in Brasile, in Bolivia una forza di trasformazione di grande importanza; la Federacion Obrera Regional Argentina, coi suoi due quotidiani, la sua rete di sindacati, gruppi,case editrici,ecc….svolgeva un ruolo di primo piano in tutte le lotte sociali.La stessa situazione si presentava in Uruguay con la FORU o in Cile con la CGT.

Ma la spinta proveniva, sulla costa atlantica, dai lavotratori immigrati, con la loro capacitá professionale ed i loro metodi di lotta diretta, il loro ideale di societá egualitaria e fraterna.

Allo scoppio della grande crisi mondiale, il movimento migratorio s’interruppe, le sconfitte operaie in Europa soffocarono l’entusiasmo e le illusioni sul carattere socialista dell’esperienza permisero ai partiti comunisti di deviare le lotte operaie a favore della politica estera dell’Unione Sovietica.D’altra parte, il carattere fondamentalmente agricolo della maggioranza dei paesi esigeva la creazione di un movimento autoctono e non basato su immigrati.

A tutti questi fattori possiamo aggiungere la ferocia delle repressioni, come in Patagonia, negli erbai di La Forestal, nella Pampa secca, nei quartieri operai delle grandi cittá, per parlare solo dell’Argentina.

I rari movimenti si tipo social-democratico, come il batelismo in Uruguay o l’aprismo in Perù, attirarono un gran numero di militanti libertari nelle loro fila, dove dimostrarono spesso le loro capacitá organizzative… Oggi si osserva un risveglio, non ancora di movimenti anarchici come fattori decisivi nelle lotte sociali, bensí della critica e delle idee anarchiche, reazione naturale di fronte alle esperienze e agli insuccessi delle scuole politiche di tipo parlamentare o autoritario.

Tu hai partecipato alla rivoluzione libertaria spagnola ed hai combattuto sul fronte aragonese.Quali sono i tuoi ricordi di quei fatti?

Come centinaia di militanti anarchici di ogni nazionalitá che accorsero nel luglio e nell’agosto del ’36 per partecipare non alla difesa della Repubblica spagnola, ma piuttosto alla lotta rivoluzionaria per una societá libertaria, fui sul fronte di Aragona, dove nell’agosto creammo e rafforzammo attraverso alcune battaglie-Sietamo, Farlete, Perdiguera-il gruppo internazionale della colonna Durruti.

Per molti rivoluzionari la guerra civile era, in fondo, l’occasione per combattere frontalmente, con le armi, un nemico tipico:militari, preti, padroni, mercenari di ogni tipo.Le perdite furono enormi tra i nostri. Giungevano, nella loro magioranza, non per vincere, ma per morire secondo la loro legge, dopo tante persecuzioni e sconfitte.

Pochissimi accettarono la militarizzazione.Conoscevamo per esperienza che le argomentazioni a proposito della disciplina e dell’efficienza erano la copertura della controrivoluzione, la trappola dei borghesi e dei loro alleati stalinisti.

Naturalmente furono contrari alla partecipazione al governo, tragico errore.La loro luciditá-cosí bene espressa da Camillo Berneri o da Andrè Prudhommeaux-trovó conferma nei fatti del maggio del ’37, ultima occasione di vincere la controrivoluzione nelle stesse fila “repubblicane”

A che cosa è dovuta l’improvvisa scomparsa del movimento operaio organizzato di ispirazione libertaria a partire dalla prima guerra mondiale?

In contrapposizione con la leggenda tramandata dai partiti socialista e comunista, per evitare l’analisi seria, i movimenti anarchici furono essenzialmente operai.

La tendenza dello sviluppo industriale portò ad una divisione del lavoro sempre piú accentuata, alla creazione di una gerarchia di categorie nella produzione e nella loro organizzazione, fino a giungere ad una base di lavoratori manuali che stanno alla macchina, ma che non hanno alcuna possibilitá di comprendere l’interezza del ciclo produttivo, cosí come un’infinitá di salariati con funzioni di trasmissioni di ordini, di controllo e di verifica, di trasporto e manutenzione, con tecnici ed organizzatori, negli uffici direttivi.

Ossia, il capitale personale di ogni operaio scompare e con esso la concezione di una societá di produttori responsabili.Le dimensioni stesse delle aziende o dei complessi industriali moderni soffocano qualsiasi tipo di controllo o di gestione operaia.

Ma oggi provocano-ed è una tendenza che si sviluppa rapidamente-la critica, il rifiuto, totale della forma di produzione gigantesca, risultato di un’economia di guerra-economica o militare-che sfugge all’uomo e fa di lui unicamente un conduttore della macchina e non il suo utilizzatore.

Quindi la decadenza del movimento operaio libertario si spiega con la stessa evoluzione del tipo di produzione industriale.

Quando i “marxisti”ci criticano e ci definiscono residui del passato, pensando che essi sono spinti avanti dalla storia, si sbagliano due volte.La prima perchè gli anarchici non hanno mai detto di ritenere che gli operai avevano una missione “storica”, ma che per la loro condizione di produttori sfruttatti potevano portare avanti il progetto di una societá di produttori liberi, creando il movimento anarco-sindacalista.La seconda perchè il tipo di societá industriale con uno sviluppo cieco è proprio di una classe dirigente nuova, il cui potere e i cui privilegi si basano sulla funzione e non più sul capitale privato, ma che non ha niente di socialista, se le parole hanno ancora un senso.Il compito degli anarchici continua ad essere il medesimo, ma a partire da un tipo di societá nuova.E’ una sfida che non ci trova disarmati.

Quando sei diventato anarchico?

A 16 anni, incontrando al tempo delle grandi sconfitte del movimento europeo-Germania, Bulgaria, Italia, Spagna-militanti libertari che continuavano la lotta in condizioni misere, spesso tragiche e con uno spirito internazionalista eccezionale.Donne e uomini come Giovanna Berneri, Pio Turroni, Mario Mantovani, Nicolas Lazarevitch, Ida Mett, Ernestan Jean de Boë, Francisco Ascaso, Buenaventura Durruti, ma anche coloro che costituirono e costituiscono il tessuto solido dell’anarchismo militante:operai italiani dell’edilizia, contadini della Languedoc, minatori della conca di Liegi, esuli da tutti i paesi, perseguitati, instancabili, affamati, audaci, a volte soli, ma sempre in piedi.

Quali sono, secondo te, i fondamenti essenziali dell’anarchismo?

L’anarchismo nasce dalla volontá dell’uomo di conoscersi e di conoscere la societá in cui vive, per riuscire ad essere padrone del proprio destino insieme agli altri uomini,affinchè la societá sia una comunitá libera e fraterna di liberi associati.

Perchè l’anarchismo pone tanto in rilievo la lotta antistatale?

Lo stato è il simbolo e la rappresentazione quasi perfetta di tutti i sistemi di oppressione, sfruttamento e condizionamento dell’uomo, fino a ridurlo a un semplice pezzo della grande macchina centrale.Logicamente, sono i beneficiari o i candidati ai benefici del potere di Stato quelli che inventano le ideologie che giustificano tale sistema.Non potremmo lottare contro le ingiustizie per la libertá e la responsabilitá degli individui senza combattere la realtá e la concezione dello Stato, ratifica dei privilegi e classe dei privilegiati. Ma l’anarchismo non è, come dicono i suoi detrattori, una fantasticheria da illusi?

L’anarchismo non è un sogno futurista.E’ una realtá presente ed un quotidiano sforzo per trovare e creare, all’interno stesso della societá che ci condiziona, gli elementi di una societá nuova.Uno sforzo lungo, difficile, molteplice, a volte ridotto quasi a nulla dalle contingenze, a volte favorito dalle circostanze.”Dentro la storia, ma contro la storia”.

Come vedi oggi il “dibattito” Marx-Bakunin?

Lo vedo come un dibattito che ha il suo condizionamento storico.Ció che mi dispiace è che i militanti che si definiscono marxisti, non offrono nulla come analisi e interpretazione della societá di oggi e si sforzano di spiegare le strutture ed i meccanismi citando testi del secolo scorso.Quanto a Bakunin,ritengo che innanzitutto fu un personaggio straordinario, con molte e normali contraddizioni nelle sue successive interpretazioni dei fenomeni sociali e folgoranti previsioni quanto alle possibilitá di poteri non capitalisti.Un uomo fuori dal comune, ma:”Nè dio nè padrone”, più che un idolo, un compagno.

Attribuisci agli anarchici il ruolo messianico e carismatico che il marxismo attribuisce alla classe operaia?

Per fortuna gli anarchici non hanno mai fatto del proletariato il Messia, concezione molto intellettualistica.I lavoratori anarchici conoscevano fin troppo bene la realtá operaia per parlare di essa in termini storico-religiosi.Ma, e credo che avessero ragione a quel tempo, concepivano una possibile societá di produttori a partire dalle officine, dalle fabbriche e dei campi, per cui lottarono.

Oggi nel mondo dei salariati esistono differenze di classe. Anche un presidente direttore è un salariato.Ma è un privilegiato e non possiamo contare su di lui per cambiare l’attuale societá di privilegi.

I lavoratori dei campi e delle fabbriche continuano ad essere il motore attuale della forma di lotta di classe che ci interessa.Non come motore per l’elevazione di una nuova classe di dirigenti, ma come elemento responsabile di una ricostruzione sociale.Nel settore terziario, nella moltitudine dei “colletti bianchi”, nell’infinitá di salariati che lavorarano nei servizi pubblici ma che non producono, si avrá sperimentalmente la parte che vuol godere di uno status particolare privilegiato e che per propria decisione pensa ed agisce a favore di una societá ugualitaria, non condizionata dalla divisione gerarchizzata del lavoro.

Trasformatosi oggi il marxismo nell’ideologia delle burocrazie totalitarie e poliziesche che sfruttano e opprimono il proletariato e al popolazione in Russia, Cina e satelliti e nell’ideologia dei differenti partiti burocratici (“comunisti” o “socialisti”) che lottano per imporre il burocratismo di stato, quali ritieni che siano oggi il ruolo e le prospettive del movimento anarchico e come valuti i movimenti libertari moderni:la rivoluzione ungherese del 1956 , le giornate del maggio-giugno ’68 in Francia?

A fianco degli eredi e dei continuatori delle organizzazioni o delle tradizioni anarchiche, che dimostrano valori di perseveranza indiscutibili e che trovano insperate rinascite, possiamo notare in varie parti del mondo una reinvenzione del pensiero anarchico.

Non solo abbiamo conosciuto l’apporto dei “situazionisti”, intellettuali radicali che dimostrano una luciditá eccezionale tradotta in un linguaggio nuovo, ma vediamo nascere tra le nuove generazioni, a volte come il risultato di lunghe evoluzioni a partire dalla loro formazione marxista, nuclei, quasi delle scuole, di studiosi che a proposito dei grandi temi-che gli anarchici posero al centro dei problemi sociali:Stato, federalismo, capacitá della base, autoorganizzazione, ecc…-traggono conclusioni in termini libertari.Saggisti come Castoriadis, Claude Lefort, Pierre Clastres, ecc, in Francia.

Nella Spagna stessa il pensiero libertario nasce non solo dalla corrente storica, ma anche dalla scoperta dell’attuale societá e dei suoi problemi fondamentali, dei problemi di sempre, da parte di elementi di varie estrazioni. In Italia nuovi gruppi stavolta frutto del movimento “ufficiale”, apportano analisi profonde sul funzionamento della societá attuale, con le ereditá del corporativismo fascista, con un settore statale enorme, con le relative clientele. Comunque il problema basilare del movimento anarchico presente si enuclea cosí:come agire, come intervenire, come organizzarsi perchè svolga un ruolo ed abbia un peso nel cammino delle societá?Come trasformare la luciditá in metodo, in modo da far presa sulle trasformazioni?Su quali terreni e su che tipo di fenomeni devono prendere posizione i gruppi, sempre più numerosi, francesi ed italiani, ad esempio? Certo, abbiamo la gradita sorpresa di vedersi produrre in tempo di crisi manifestazioni spontanee di spirito ed iniziative libertarie come l’insurrezione ungherese nel 1956, o il maggio ’68 in Francia.Ma se il terreno è seminato, rimane la necessitá di una “politica” anarchica.

Com’è nata “Interrogations”?

“Interrogations” è una rivista molto modesta, che risponde ad una grande ambizione: studiare ed analizzare i problemi della societá di oggi secondo criteri libertari; andare oltre, perchè siamo oltre, la riedizione dei classici.Avere e trasmettere un’informazione diretta, al di fuori delle agenzie di propaganda o di conformismo.Abbandonare il facile terreno delle certezze e seminare l’inquietudine, poichè riteniamo i militanti adulti e rispettiamo i nostri lettori. Nonostante la sua povertá francescana, la rivista vive ed i suoi testi sono tradotti e spesso stampati come opuscoli; cosí vengono discussi. Venne creata da un gruppo internazionale, con redazione a Parigi, per due anni. Adesso viene editata in Italia per altri due anni.Poi la redazione e l’amministrazione passeranno ad un altro paese.Forse, spero, in Spagna.

A che stai lavorando? Prepari qualche lavoro?

Non so se avrò sufficiente tenacia da scrivere un libro sull’emergere delle nuove classi dirigenti in America Latina.In ogni modo, il tema è maturo ed altri , sicuramente più capaci, lo porteranno a termine.

Barcellona, dicembre 1976

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