Questo stato…

in nome del suo governo, nomina a capo dell’Ilva una della persone che erano ai vertici della Thyssen all’epoca del rogo nel quale morirono bruciati 7 operai, perchè i soldi destinati alla sicurezza del luogo di lavoro vennereno volutamente dirottati altrove, essendo stata programmata la successiva chiusura dello stabilimento (per profitto dunque! È stato giudicato “sprecato” il denaro necessario a preservare la vita altrui: la vita di uomini sul cui lavoro il datore lucra profitto).

È allora bene ricordare che nessuno dei condannati per la strage alla Thyssen di Torino ha scontato un solo giorno di carcere.

Così come è bene non dimenticare – tra l’altro – che lo stesso stato che eleva di rango i predetti soggetti tiene invece preventivamente in carcere – da mesi – chi ha manifestato in piazza il primo maggio contrietà allo scempio di Expo. Laboratorio di una società ipocrita, affarista, manovrata dalle multinazionali e popolata da lavoratori schiavi e cittadini privi di diritti. insomma: neoliberista e populista. (spugnetta docet).

Vite umane di lavoratori o vie di milano?

BANQUO
Resistente, umano, di passaggio

“Venditori di Fumo” al Ponte

"Venditori di Fumo" @ ponte 06-11-2015

“Solo una cosa fa più rabbia della noncuranza con cui un’industria ha devastato ambiente e vite a fini di profitto: l’omertà e la connivenza di chi gliel’ha permesso”!

Venerdì 6 novembre alle 20 ci vediamo al circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa con Giuliano Pavone, autore di “Venditori di fumo” libro che racconta la ferocia con la quale il territorio tarantino e i suoi abitanti siano devastati e condannati a morte in nome del profitto, crocifissi per logiche clientelari e meri calcoli di politica elettorale, immolati alla “nobile” causa dello Stato.
Durante la serata verranno proiettati 2 corti:
“Thriller” di Giuseppe Marco Albano
“SettanTA” di Pippo Mezzapesa

“In una telefonata intercettata, due membri della famiglia Riva, i proprietari dell’Ilva, usano l’espressione “vendere fumo”. Una formula involontariamente emblematica di una vicenda in cui alle emissioni nocive del grande stabilimento si aggiunge la cortina di disinformazione che le ha coperte. Quella di Taranto è rimasta a lungo una tragedia silenziosa, schiacciata sotto il peso del ricatto occupazionale e di “relazioni pericolose” intrattenute dall’Ilva con quelli che dovevano essere i suoi controllori: sindacati, forze dell’ordine, organi di giustizia, stampa e la politica fino ai più alti vertici nazionali. E a partire dal luglio 2012, quando sequestri e inchieste hanno finalmente acceso i riflettori sulla vicenda, dall’occultamento della realtà si è passati alla sua mistificazione. Il caso Ilva oggi viene troppo spesso rappresentato come una semplice vertenza occupazionale o una questione di politica industriale. I drammatici dati di malattia e di morte, che qualcuno contro ogni evidenza mette ancora in dubbio, vengono derubricati a fattore scatenante di un problema squisitamente economico, anziché essere considerati essi stessi il problema. L’Ilva è oggi il terreno su cui si misurano le vere priorità e la credibilità del nostro Paese. Una storia profondamente italiana, fatta di grandi opere e grandi omissioni, di scelte avventate e di malaffare, di cinismo e umanità, ignavia ed eroismo. Non solo Taranto, quindi, ma un caso di scuola che offre strumenti per interpretare alcune delle questioni oggi più dibattute e riflettere a fondo sui rapporti fra politica, potere economico, giustizia e informazione.”

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"Venditori di Fumo" @ ponte 06-11-2015