E’ vero siamo colpevoli

Per 50 anni il ponte ha “usato” il nome di Pino Pinelli e di Pietro Valpreda.
Per 50 anni abbiamo girato l’italia in lungo e in largo portando avanti la verità della controinchiesta, la campagna Valpreda, “usando” Pinelli (e Valpreda) in nome della giustizia sociale e non quella dei tribunali.
Abbiamo usato gran parte del nostro tempo in questa iniziativa e per tanto tempo lo abbiamo fatto da soli. Tempo che abbiamo sottratto a noi, sottratto alle persone a noi vicine, alle nostre passioni, rinunciando a tanto e pagandone un prezzo alto. Lo abbiamo fatto perchè convinti, tutt’oggi, che l’ingiustizia subita da Pino in quella stanza sia l’ingiustizia che quotidianamente si abbatte sugli sfruttati.
Spiace doverlo ancora ricordare: Giuseppe Pinelli, Anarchico, è stato ucciso nei locali della questura di Milano al soldo della democrazia parlamentare dello stato italiano, perchè A – NAR – CHI – CO !

Non ci pare assurdo pensare che Pino, da anarchico quale era, sia stato astensionista. Daltronde lui stesso ha fatto uscire un numero ciclostilato del periodico “Il nemico dello Stato”

E quindi si, ci autoaccusiamo di questo grande oltraggio: abbiamo usato Pino Pinelli, Anarchico, pubblicatore di periodici contro lo stato, ucciso dallo stato, in alcuni post astensionisti su facebook in occasione della fiera elettorale.

Lo rifaremo? Ovviamente si.
Lo faremo il prossimo 21 giugno, quando nel ricordo di Valpreda (usato), useremo anche Pinelli per parlare di attualità.
Lo rifaremo ancora, come ogni anno, il 15 dicembre, un ottimo momento per parlare delle ingiustizie nel presente.

Lo facciamo da sempre, non sarà certo questa voglia di pacificazione a fermarci.
L’operazione sibillina di riscrittura della storia non riuscirà questa volta. Abbiamo 50 anni di “esperienza” dalla nostra.

E no, non ci vergognamo e non accettiamo lezioni da chi, con i piedi sul sofà, non ha mai frequentato il ponte.

Faremo del nostro peggio.

ps: la vignetta di Staino, quella si che è vergognosa, ma per quella non vi siete indiNNiati(!!1!1), anzi.

🙂

Pinelli?

 
“La grande rapina”, leggiamo in copertina del n° 1282 di “Internazionale”. Il titolo si riferisce all’articolo presente all’interno del settimanale che, basandosi su una corposa inchiesta che ha visto coinvolti 38 giornalisti di diversi Paesi, accerta come, tra il 2001 e il 2016, siano stati sottratti dalle casse di vari stati, tra cui l’Italia, 55 miliardi di euro. 
 
E chi è il grande rapinatore? Un’entità rivoluzionaria che si ridistribuisce il profitto frutto del furto del lavoro salariato?
Neanche a parlarne.
 
“Un gruppo di banche e operatori finanziari ha creato un sistema con cui ottenere rimborsi fiscali ingiustificati.”
 
I ricchi che, non contenti di essere già ricchi, hanno escogitato un sistema per farsi rimborsare tasse che in realtà non hanno mai versato.
Ci si chiede se gli incoscienti burocrati saranno così solerti nel tentativo di recuperare il mal tolto, come di solito accade quando i colpevoli appartengono alle classi meno abbienti.
 
Si tratta di una rapina lunga 15 anni. Un’ingiustizia consapevole e duratura, messa in atto con arroganza e senso di impunità. 
Tuttavia, il panorama odierno, almeno in Italia, è ammorbato dall’acre odore della pacificazione sociale, con qualche rara eccezione. 
 
E che c’entra Pinelli? 
Che c’entrano Valpreda, Gargamelli, Mander, Borghese, Di Cola e la strage di Stato di Piazza Fontana?
 
Tutti anarchici, tutti attivisti di quell’autunno caldo, in cui le rivendicazioni sociali e salariali erano all’ordine del giorno, con uno sguardo sempre rivolto alla svolta rivoluzionaria: un autunno che probabilmente avrebbe risposto alla “grande rapina” con uno sciopero di almeno 15 giorni.
Attivisti che l’apparato di potere di allora schiacciò: chi ucciso, chi imprigionato, chi costretto alla latitanza.
Un potere arrogante, spavaldo, assassino.
 
Lo stesso potere che, ancora oggi, uccide e affama intere popolazioni, incarcera e ammazza attivisti, consuma risorse vitali in modo simile a un cancro.
Denunciare oggi il potere finanziario e il capitalismo nella sua declinazione neoliberista equivale a denunciare il potere che ha assassinato Giuseppe Pinelli.
 
Ne parliamo Sabato 15 dicembre alle ore 21 al Leoncavallo – Spazio Pubblico Autogestito – in via Watteau, 7 a Milano.
 

Ecologia politica, decrescita e lotte sociali

Nell’anniversario della strage di Piazza Fontana, dell’assassinio di Pinelli e della incarcerazione dell’innocente Valpreda, abbiamo sempre preferito la riflessione e l’analisi alla pura e semplice commemorazione.
Lo stragismo ha visto i fascisti come mano d’opera di un piano di conservazione del potere del capitalismo italiano ed internazionale.
Con le bombe si è voluto fermare un’ondata di rinnovamento della società italiana: il potere, messo alle strette ricorre sempre alla violenza.
Il modo migliore per ricordare quei fatti è continuare a progettare e desiderare un mondo migliore, partendo però dalla conoscenza di quello attuale: il capitalismo neoliberale. Conoscere i nuovi meccanismi del potere e dello sfruttamento è un passaggio irrinunciabile per poterli superare.
La prima caratteristica di questo capitalismo è il cannibalismo della sfera economica: ogni aspetto della vita sociale deve rientrare nella grammatica omogenea e vuota del denaro; l’esperienza intera, senza resti, deve essere sottomessa alla logica della misurazione quantitativa.
L’ambiente naturale non fa eccezione: proprio in questi giorni governi e multinazionali si incontrano a Katovice (Polonia) per ribadire che l’unico modo per risolvere l’incombente disastro climatico è la mercificazione dell’atmosfera, cioè la creazione di permessi e crediti di inquinamento ed emissione da scambiare in regime di “libero” commercio.
Insomma: il riscaldamento globale è certamente l’esito di un fallimento del mercato – che in passato non è stato in grado di contabilizzare le esternalità ambientali – e tuttavia l’unica soluzione è rincarare la dose: “ci vuole più mercato!”, “diamo un prezzo alla natura e il problema svanirà”. Questi gli slogan dei fanatici della green economy, il cui fallimento è sotto gli occhi di tutti.
Certo, c’è chi si oppone, nel consesso dei potenti. Per esempio, Donald Trump. Ma lo fa per le ragioni sbagliate: non perché le ricette neoliberali non funzionano, bensì perché il cambiamento climatico sarebbe una bufala!
Di fronte a questa drammatica alternativa – falso ambientalismo neoliberale vs. anti-ecologismo oscurantista – quali strade può percorrere il pensiero rivoluzionario? La domanda è complicata e non ci sono risposte semplici o preconfezionate. Ma nemmeno si parte da zero: nel nostro dibattito discuteremo sia delle lotte ambientali e sociali che in tutto il mondo contestano il potere del capitalismo sia della decrescita, cioè una riflessione e una pratica che indicano la possibilità di una vita in comune al di là della dittatura del valore di scambio”.

Interventi di:

  • Mauro Decortes – del Circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa”
  • Saverio Ferrari – dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre
  • Piero Scaramucci – giornalista
  • Silvia Pinelli
  • Claudia Pinelli
  • Un* compagn* di Rimaflow,
  • Lele Leonardi – ricercatore all’università di Coimbra
  • Giacomo D’Alisa – ricercatore all’università di Coimbra
  • Elena Musolino – ricercatrice università di Bergamo

Interventi musicali di Alessandro Arbuzzi.

Sabato 15 dicembre 2018 ore 21:00
presso il Leoncavallo, Spazio Pubblico Autogestito
via Watteau, 7 – Milano

Organizza il circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa”