Roma, sciopero della fame (25 sett. – 2 ott. 1969): in basso da sx Giorgio Spanò, Enrico Di Cola, Pietro Valpreda, Leonardo Claps e Roberto Gargamelli – in alto da sx Fefè
Fino ad ora ci eravamo astenuti dall’intervenire pubblicamente sulla questione della catena musicale che si terrà a Milano in memoria di Pino Pinelli.
Non perché non avessimo le idee ben chiare sull’ambiguità di questa iniziativa, ma semplicemente per il grande rispetto che abbiamo sempre provato per Licia, per il suo dolore per la morte, anzi per l’omicidio è bene non dimenticarlo mai, del marito, il nostro compagno Pino Pinelli. Abbiamo chiesto un incontro fra i compagni del Ponte, la famiglia Pinelli e noi, per chiarire in modo pacato, cercando di smorzare i toni violentemente polemici e denigratori che questo scontro ha assunto, ma Silvia, probabilmente d’accordo con Claudia, pur accettandolo con noi escludevano il Ponte, rifiutando – di fatto – tale incontro. Non ci rimane che spiegarlo qui e quindi farlo pubblicamente, soprattutto dopo che il Fatto Quotidiano del 13/08 ha già sparato a zero contro i compagni del Ponte!
Scegliere tra un’iniziativa degli anarchici del Ponte della Ghisolfa o quella dei familiari di Pinelli è per noi semplice: pur nel rispetto delle scelte della famiglia Pinelli, noi siamo anarchici e non possiamo che preferire lo stare al fianco di chi conduce da sempre le stesse nostre battaglie, chi da sempre ha ricordato che i nomi di Pinelli e Valpreda non sono separabili, che non è possibile parlare dell’uno senza ricordare l’altro altrimenti si modifica la storia e la memoria sulla Strage di Stato.
Se questa scelta di campo, prettamente politica, non bastasse diciamo con estrema chiarezza – come è nostro costume – che noi non potremmo mai partecipare ad iniziative in cui troveremmo al nostro fianco, per fare solo due nomi, personaggi discutibili come il regista Giordana e l’avvocato Sinicato. Ambedue portavoce di una “pacificazione” tra carnefici e vittime, nonché sostenitori della nuova vulgata di Revisionismo storico che dal 2009 a oggi sta sempre più prendendo piede. Non a caso il film di Giordana utilizza alcune delle porcherie di Paolo Cucchiarelli (quello delle doppie bombe, delle bombe anarchiche per intenderci) deformando la figura di Pinelli e diffamando Valpreda e il gruppo 22 marzo, e l’avv. Sinicato che è stato il difensore di Cucchiarelli nel procedimento intentato da Roberto Gargamelli per diffamazione contro il Cucchiarelli stesso, nonché colui che ha portato i vaneggiamenti dell’esimio “giornalista” alla magistratura per chiedere una riapertura del procedimento per la strage di Piazza Fontana sulle basi delle falsità contenute in quel libello. Come è andato a finire questo folle tentativo lo sappiamo tutti: con l’ennesimo nulla di fatto!
Sappiamo che in varie occasioni pubbliche le sorelle Pinelli hanno voluto ricordare la “diffidenza” di Pino verso Pietro Valpreda. Abbiamo taciuto per 50 anni e quindi vorremmo dire qualche cosa su questo punto. Se questa storia poteva avere un senso 50 anni fa, il ripeterla ancora oggi non è assolutamente accettabile né scusabile.
Come abbiamo più volte scritto erano nate delle “voci” su Valpreda come uno che “parlava troppo” con la polizia. Si tratta di alcune frasi estrapolate dal verbale di Paolo Braschi, che Pinelli (l’1-12-1969) inviò per conoscenza sia alla FAI di Roma (Aldo Rossi) sia ai GIA (Pio Turroni). In queste due lettere spedite lo stesso giorno Pino dopo aver citato le frasi “incriminate” aggiunge: “la settimana prossima vado a Roma per parlare con Pietro Valpreda per vedere cosa intende fare il giorno del processo”. Sappiamo che pochi giorni dopo il 16 dicembre questa “inchiesta interna” su Valpreda – aperta dai compagni di crocenera – venne completamente cassata. Come ci ha detto Enrico Maltini, che succedette a Pinelli come responsabile di crocenera, ci vollero solo pochi giorni per fare chiarezza su quanto era successo e risultarono del tutto infondate le voci su Valpreda. Va anche detto che Pino in queste lettere si preoccupa solamente di “cosa intenda fare Pietro il giorno del processo”, ma non parla di spie e tanto meno mette in dubbio l’identità anarchica di Valpreda.
Per questo fin da subito si hanno due posizioni contrastanti tra gli anarchici milanesi (che conoscono bene Valpreda) e quelli romani.
A Roma i compagni a noi più vicini, quelli che più ci conoscevano diedero una lettura completamente diversa di quella lettera. La FAI/FAGI di Roma e del Lazio e Umanità Nova, non solo presero le distanze da Valpreda ma estesero tale condanna a tutto il gruppo 22 marzo, accusato di essere un gruppo di fascisti e provocatori!
Dimenticando, tra l’altro, sia il nostro impegno nelle lotte che nel sociale, sia il fatto che gli infiltrati, il fascista Merlino e la spia della Questura Andrea alias Salvatore Ippolito, frequentavano già da prima di noi il Bakunin (della FAI) di via Baccina, dove li conoscemmo ed “ereditammo”.
Questa loro presa di posizione fatta “a caldo” ebbe conseguenze disastrose per noi perché la polizia e la magistratura – Cudillo e Occorsio le citeranno più volte sia nella requisitoria che nel rinvio a giudizio – ne approfittarono per isolarci ulteriormente in quanto non eravamo veri anarchici ma semplici criminali (non a caso fummo incriminati e condannati per associazione a delinquere) sia perché questa loro posizione si sparse all’interno del movimento anarchico provocando la costruzione di ulteriori e duraturi muri di diffidenza verso di noi.
Totalmente diversa fu invece la posizione degli anarchici milanesi che fin da subito emisero due circolari interne per condannare la posizione assunta da Umanità Nova e presero le difese di Valpreda.
Ancora oggi non sappiamo perché Pinelli decise di scrivere quelle due lettere proprio in quel momento e non lo sapremo mai probabilmente. Pino aveva tutti gli elementi per scagionare Valpreda da ogni sospetto fin dal mese precedente ma non lo fece. Come il compagno Enrico Di Cola – che ne fu testimone – ricorda (e scrive) vi furono due incontri di chiarificazione tra Pinelli e Valpreda. Il primo avvenne a Milano quando dopo conclusione dello sciopero della fame a Roma ai primi di ottobre Valpreda, Claps, Gargamelli e Di Cola si recarono a Milano per solidarizzare con il compagno Michele Comiolo che continuava il suo sciopero della fame davanti alla Camera del Lavoro
Per evitare ogni futuro fraintendimento, dopo averne discusso con Pino, Valpreda accettò di nominare suo avvocato uno dello studio che si occupava anche di Braschi. Questo serviva per verificare “in tempo reale” i verbali di Pietro. Quindi con questo doveva essere chiarito il “cosa Valpreda intendesse fare il giorno del processo”. La sera Di Cola, Gargamelli, Valpreda e qualche altro compagno si recarono al Ponte dove vennero accolti calorosamente.
Il secondo incontro – sempre alla presenza di Enrico Di Cola – avvenne il 2 novembre ad Empoli durante la riunione dei GIA (si, perché Pinelli aderiva a questa federazione, quella che era considerata degli anti-organizzatori). Del gruppo romano oltre Valpreda e Di Cola era presente anche Emilio Bagnoli. Racconta Di Cola: “Dopo il pranzo ci appartammo io, Pietro e Pino per discutere nuovamente delle voci che correvano su Pietro. Io riferii dell’incontro che avevamo avuto recentemente con il giovane compagno milanese Aniello D’Errico il quale aveva confessato tra le lacrime di essere stato lui a firmare un verbale in cui si mettevano in bocca a Valpreda cose da lui non dette poi “rilanciate” nel verbale di Braschi – e questo chiariva il resto dei dubbi che potevano esserci! Prendemmo accordi sull’invio del bollettino di crocenera e di mantenere stretti rapporti di collaborazione tra i nostri gruppi.
Un ultimo appunto: Pino Pinelli non era un santo né tanto meno oggi può diventare un santino. Gli anarchici sono pacifisti, ma questo non significa che respingano la violenza come mezzo necessario di difesa. Così come tutti gli anarchici sono sovversivi e solidali…o non sono anarchici! Così come la crocenera non era un ente di beneficienza.
Detto questo non possiamo che condividere pienamente – e fare nostre – le posizioni espresse pubblicamente dal Circolo del Ponte della Ghisolfa.
Enrico Di Cola (ex circolo 22 marzo)
Roberto Gargamelli (ex circolo 22 marzo)