L’ABISSO DI GIUSEPPE PINELLI

Roccatederighi 16/08/2019.
Essendo in vacanza nei paraggi, decido di fare un salto alla festa intitolata a Sante Caserio. Vado allo stand della cassa antirepressione, e dopo aver salutato Caterina Barbierato, vado a salutare Alessandro Milanta il quale mi presenta Andrea, un compagno di Verona che mi racconta questa bellissima storia, sulla scoperta di una grotta e della sua intitolazione a Giuseppe Pinelli. Fatta una ricerca sul web, eccola pronta da condividere con voi.
Aldo Dell’Accio.

Quello che segue è un estratto di un articolo tratto dalla rivista Speleologia del 28 marzo 1993.

L’ABISSO GIUSEPPE PINELLI ED IL COMPLESSO DEL MONTE TAMBURA

Una grotta nasce quasi per gioco da una fessura larga dieci centimetri… e quello che all’inizio era solo un sogno ancorato al fondo di alcuni “pozzi anarchici”, si trasformerà nella splendida realtà di un “quasi” meno mille.

di Enrico CHIOMENTO
Luciano MARASTONI (Unione Speleologica Veronese)
e Valentina MALCAPI (Gruppo Speleologico Fiorentino)

 

LE PREMESSE

Magazzino
“La Tambura, cos’è questa Tambura?”
“Mah! Dovrebbe essere un monte apuano con qua e là qualche buco…”
“Ci sei già stato?” “No! E tu?” “Neanche io”
“Dovrebbe esserci una certa ‘Buca del Paleri’, è un meno quattrocento, scomodo ad arrivarci e, a detta di qualche Toscano, già esplorato alla meno peggio”.
“È armato?” “No, non dovrebbe”
“Beh cosa dite se cominciamo a fare i sacchi?” “OK!”.
Da circa una settimana stazioniamo a Resceto nel cuore delle Alpi Apuane.
Gentilmente ospitati nella cantina del bar principale, continua la tradizione…
Per quanto immaginabili, risparmio di descrivervi le ovvie conseguenze derivate dal tipo di alloggio.
Il programma prevede la localizzazione dell’Abisso Paleri. Il 7 Dicembre, dopo vari show sui canali adiacenti a Resceto, troviamo l’ingresso della grotta.

DIARIO ESPLORATIVO

26 Dicembre ’91

Apriamo le danze in Paleri.
Cinque sacchi e due sfigati, chi scrive ed il Leo.
Armiamo tutta la grotta senza particolari problemi, scendendo su spit antidiluviani e su “cose” mai viste.
In risalita, nei pressi di uno dei due sifoni terminali, notiamo che la forte corrente d’aria sparisce interamente in un bel meandrino, dall’altra parte di un pozzo.
Chissà…!? Dove…!?
Promettiamo di tornare con trapano e company.
Nel frattempo alla nostra amata cantina sono arrivati Luciano e Franz, uno nonno, l’altro sbarbo.

28 Dicembre ’91

Partono al mattino presto Luciano, Franz, Cinzia e Stefania, intenzionati a curiosare nella pancia di un P 40 (T 10), individuato il giorno precedente sulla sommità del canal Paleri.
Un bel pozzo con forte corrente d’aria e una disostruzione iniziale fatta da… Mah! Meglio non dirlo.
Dopo qualche ora l’allegra brigata alquanto infreddolita e delusa dalla “Buca” fa proprio il motto: “andar per funghi è bello, ma andar per grotte è meglio”.
C’è buio e freddo non c’è Habitat nè stagione adatta! Ma come si sa Athena alle volte pre­mia chi vuole; non certo chi se lo merita!
Ed è così che i nostri baldi giovani pensano bene di trovare un allegro e soffiante buchetta, proprio a dieci metri dal T 10.
Suddetto buchetta dopo qualche secondo di disostruzione, da alla luce un P 15, seguito da una entusiasmante fessura lunga circa 2-3 metri e larga 10… centimetri.
Tutto va alle votazioni, la decisione è unanime.
Generatore sia.

1 Febbraio ’92

Arrancano per la “Via Vandelli” i 27 kg del generatore, accompagnati da un blasfemo sherpa fino a destinazione.
Minuziosamente e ritualmente nonno calcante cura l’assemblaggio dei vari manzi, aizzando gli Achei.
Il generatore si anima.
La fessura protesta con ragione, ma da troppo siamo a digiuno.
Arriva sera e la signora finalmente si concede; pozzo da 20 e atterraggio sulla sommità di un P 80-90.
Euforia!
Atmosfera tutta scaligera! La si dedica a Giuseppe Pinelli
Si programma la punta per la domenica successiva, magari con qualche metro di corda in più.
A casa si festeggia.
Gente che ipotizza di trapassare la Tambura e sbucare nella cantina di Resceto.
Altri più modesti si accontentano di un sifone a — 1000.
Un sogno ossessivo resta ancorato sul fondo di quei pozzi anarchici.

15 Febbraio ’92

Ci troviamo in quattro sulla sommità del pozzo dei cinque anelli.
Ce lo giochiamo ai dadi.
Toccato il fondo risulta essere un P 85, poi una strettoia e un P 30 umido.
Altra partita a dadi e il P 30 viene sceso in un bagno di ave marie.
Accompagnati da un meandrino arriviamo sulla soglia di un P 20 (h20). I dadi vengono abbandonati ed emerge uno stoico volontario che ci frega tutti armando sotto l’unica cascata.
Breve corsa in diaclasi ed eccoci sopra un impassibile, pacifico e sereno P 70.
Tentiamo di moltiplicare una piastra e uno spezzone da 20 metri.
Nisba.
Fine delle ostilità a — 200.

22 Febbraio ’92

Con questa punta scendiamo il P 70 (Katana) ed un suo gemello (Gran Burrone), uscendo con quest’ultimo da una regione prevalentemente tettonica.
Dal Gran Burrone in poi viaggiamo in un bellissimo meandro attivo. Quindici minuti di questa piacevole compagnia e sbuchiamo alle spalle di un P 60 (Cannabis) a — 400.

29 Febbraio ’92

“Bruciamo” in un batter d’occhio il Cannabis.
Alla sua base fatichiamo ad aspettarci.
Si presenta a noi una certa cosa chiamata comunemente freatico.
Da lì in poi con le mani in saccoccia, passeggiamo su spiagge e boulevard, raggiungen­do i —500.
Il trip procede fino a —600, percorrendo freatici, scendendo pozzi e imprecando sul vadoso.
Increduli di aver camminato tanto, lasciamo in sospeso un saltino da 10 metri e decidiamo di riportare le nostre carcasse in superficie.
A casa si tenta di mettere a fuoco le idee.
La confusione è tanta. Urge il rilievo.
L’esplorazione del Pinelli rallenta in seguito alle precarie condizioni atmosferiche.
Neve e pioggia fanno da padroni e da custo­di allo stesso tempo.

12 Aprile ’92

Troppo tempo è passato dall’ultima punta. Siamo in due, posseduti da febbre esplorativa, teniamo duro, si deve rilevare.
Topografiamo da —400 a —500.
Scazzatissimi usciamo, imprecando su cordelle, bussole e strumenti vari.

19 Aprile ’92

Lustrati ed affilati gli strumenti riprendiamo il rilievo da — 500 e lo portiamo a — 600.
Finalmente il salto da 10 metri, colpevole di alcune notti insonni. P 10, galleria sei per quattro, attiva e un P 40 tutto nostro.
Morale alle stelle.
Lorenzo comicizza sul pozzo e scende alla dislessica, becchiamo uno sfondamento toppo.
Qualche incertezza.
Traversiamo e… buio!
Cominciano a muoversi due lueine incredule, sempre più fioche e lontane.
Incantesimo!
Spazi nascosti iniziano ad animarsi e noi con loro: prendono forma e ci regalano una sala, la sala del Rais.
Accompagnati da Elfi e Gnomi arriviamo all’estremità di questa e dopo qualche volteggio, vediamo consegnarci il regalo per la prossima punta.

2 Maggio ’92

Con il terrore di aver sognato acceleriamo la discesa.
Topografiamo da —600 all’avalle del Rais. Scartiamo di fretta il regalo dei nostri amici Elfi; scendiamo tra pietre rotolanti per 70 metri.
Bagno completo alla base del Rolling Stones.
Lasciamo da scendere un saltino da 10/15 metri modello Olierò.

16 Maggio ’92

Nell’aria c’è qualcosa, si percepisce… Nasce una punta “schizzofrenica”.
Con la febbre a quaranta arriviamo alla base del Rolling Stones.
Un Té imperiale anticipa la doccia gelata, inevitabile per scendere il P 10.
Rompiamo gli indugi, armiamo il pozzo e scendiamo.
Tappo di ghiaia e un’overdose di acqua ci fanno girare i tacchi e anche qualche cos’altro.
Alla base del Rolling Stones Gianni inventa una risalita e… Magia!
Belle corde sono lì a testimoniare e confermare la giunzione con l’Abisso della Tambura (Pianone).
Inutile descrivere atti e attori, solo una gran­ de gioia per la seconda giunzione realizzata insieme a Gianni e Stefania.

31 Maggio ’92

Gustiamo tutto il lavoro di questi mesi con una bella traversata. Nasce fisicamente il Complesso del Monte Tambura, agognato da tanti e per tanti anni.

27 Giugno ’92

Da troppo siamo assenti.
Reduci da un patetico congresso dove specchi e specchiati hanno regnato, prendiamo terra alla base di Gran Burrone. Ah dimenticavo ! Reduci anche da un rigoroso Likkof, dove si sono viste piene di Recioto (rosso naturalmente).
Decidiamo per una risalita.
A caso si intuisce una finestra.
Uno show perfetto. Venti metri di risalita e una corta galleria ascendente.
Arriva il “libera!” a Meggiorini, in arte Meg. Annaspiamo su una diaclasi impestata di fango e… chiude.
Ma no ! Freatico e ancora freatico. Ne percor­riamo cento, duecento metri e ci arrestiamo su un P 20, con una corda da 15. Pazienza. Battezziamo il tutto Recioto Underground. Volano pacche sui caschi e scegliamo di uscire per raccontare il tutto. (Quasi)

18 Luglio ’92

Recioto Underground. Direzione costante. Tano teorizza, Gianni arma, io scrivo.
Inizia il nostro kilométrico trip tutto underground, pozzi, sfondamenti, frane e freatico di lusso.
Centocinquanta metri di galleria freatica modello “Inglesi” (Corchia).
Non ci crede nessuno, si ipotizza una giunzione con Su Spiria…
Direzione costante.
Puntuale il nostro sfondamento. Corda zero.
Imbambolati ed increduli, nessuno azzarda.

25 Luglio ’92

Recioto Underground.
Direzione…
Quanto fondo sarà? Mah! Poco direi.
Siamo tutti qui riuniti, occupatissimi a mangiare e nei ritagli di tempo a sondare la profondità di un povero pozzo.
Nel frattempo abbiamo sceso lo sfondamento in galleria e un P 30.
Digestione lenta. Abbiocco.
Una corda comincia a uscire da un sacco e si prende Stefano.
Ignaro comincia ad armare, o meglio si butta giù piantando uno spit da neuro.
Sveglia tutti con un libera.
Và Gianni. Al mio atterraggio non trovo nessuno. Tardo cinque minuti, disperato per aver perso un pezzo di bombola, gentilmente concessa da una signorina (la bombola).
Si profilano due ombre che iniziano a farfugliare cose insensate: breve corsa in meandro e… Toh. Chi si rivede!
Dall’altra parte di un pozzo penzola una cordina parecchio familiare e con lei il ricordo del 26 Dicembre scorso.
Paleri: siamo in Paleri.
Usciamo da quest’ultimo arrampicando qualche pozzo, come in ogni giunzione che si rispetti.
Chissà?!… Dove?!
Sono state le domande di quel 26 Dicembre davanti a quel meandro in Paleri.
Due giunzioni, un dislivello di —964 metri, 3000 metri topografati, essere entrati nel cuore di una montagna.
Tutto questo potrebbe essere una risposta sufficiente.
Probabilmente lo è. Ma oggi di fronte a questa realtà mi domando ancora:
Chissà?!… Dove?!… e se…

Enrico Chiomento

OSSERVAZIONI PRELIMINARI A CARATTERE GEOLOGICO E MORFOLOGICO

L’Abisso Pinelli o, per meglio dire, l’ingresso alto del Complesso Pinelli-Pianone-Paleri, si apre sul versante marino del M. Tambura nelle Alpi Apuane settentrionali in prossimità della cosiddetta Finestra Vandelli, pochi metri sotto la cresta Sud-Est seguendola verso valle.

Valentina Malcapi (G.S.F.)

Enrico Di Cola Roberto Gargamelli – Catena musicale… No grazie!

Roma, sciopero della fame (25 sett. - 2 ott. 1969) — con Giorgio Spanò, Pietro Valpreda, Fefè, Leonardo Claps e Roberto Gargamelli

Roma, sciopero della fame (25 sett. – 2 ott. 1969): in basso da sx Giorgio Spanò, Enrico Di Cola, Pietro Valpreda, Leonardo Claps e Roberto Gargamelli – in alto da sx Fefè

Fino ad ora ci eravamo astenuti dall’intervenire pubblicamente sulla questione della catena musicale che si terrà a Milano in memoria di Pino Pinelli.
Non perché non avessimo le idee ben chiare sull’ambiguità di questa iniziativa, ma semplicemente per il grande rispetto che abbiamo sempre provato per Licia, per il suo dolore per la morte, anzi per l’omicidio è bene non dimenticarlo mai, del marito, il nostro compagno Pino Pinelli. Abbiamo chiesto un incontro fra i compagni del Ponte, la famiglia Pinelli e noi, per chiarire in modo pacato, cercando di smorzare i toni violentemente polemici e denigratori che questo scontro ha assunto, ma Silvia, probabilmente d’accordo con Claudia, pur accettandolo con noi escludevano il Ponte, rifiutando – di fatto – tale incontro. Non ci rimane che spiegarlo qui e quindi farlo pubblicamente, soprattutto dopo che il Fatto Quotidiano del 13/08 ha già sparato a zero contro i compagni del Ponte!
Scegliere tra un’iniziativa degli anarchici del Ponte della Ghisolfa o quella dei familiari di Pinelli è per noi semplice: pur nel rispetto delle scelte della famiglia Pinelli, noi siamo anarchici e non possiamo che preferire lo stare al fianco di chi conduce da sempre le stesse nostre battaglie, chi da sempre ha ricordato che i nomi di Pinelli e Valpreda non sono separabili, che non è possibile parlare dell’uno senza ricordare l’altro altrimenti si modifica la storia e la memoria sulla Strage di Stato.
Se questa scelta di campo, prettamente politica, non bastasse diciamo con estrema chiarezza – come è nostro costume – che noi non potremmo mai partecipare ad iniziative in cui troveremmo al nostro fianco, per fare solo due nomi, personaggi discutibili come il regista Giordana e l’avvocato Sinicato. Ambedue portavoce di una “pacificazione” tra carnefici e vittime, nonché sostenitori della nuova vulgata di Revisionismo storico che dal 2009 a oggi sta sempre più prendendo piede. Non a caso il film di Giordana utilizza alcune delle porcherie di Paolo Cucchiarelli (quello delle doppie bombe, delle bombe anarchiche per intenderci) deformando la figura di Pinelli e diffamando Valpreda e il gruppo 22 marzo, e l’avv. Sinicato che è stato il difensore di Cucchiarelli nel procedimento intentato da Roberto Gargamelli per diffamazione contro il Cucchiarelli stesso, nonché colui che ha portato i vaneggiamenti dell’esimio “giornalista” alla magistratura per chiedere una riapertura del procedimento per la strage di Piazza Fontana sulle basi delle falsità contenute in quel libello. Come è andato a finire questo folle tentativo lo sappiamo tutti: con l’ennesimo nulla di fatto!
Sappiamo che in varie occasioni pubbliche le sorelle Pinelli hanno voluto ricordare la “diffidenza” di Pino verso Pietro Valpreda. Abbiamo taciuto per 50 anni e quindi vorremmo dire qualche cosa su questo punto. Se questa storia poteva avere un senso 50 anni fa, il ripeterla ancora oggi non è assolutamente accettabile né scusabile.
Come abbiamo più volte scritto erano nate delle “voci” su Valpreda come uno che “parlava troppo” con la polizia. Si tratta di alcune frasi estrapolate dal verbale di Paolo Braschi, che Pinelli (l’1-12-1969) inviò per conoscenza sia alla FAI di Roma (Aldo Rossi) sia ai GIA (Pio Turroni). In queste due lettere spedite lo stesso giorno Pino dopo aver citato le frasi “incriminate” aggiunge: “la settimana prossima vado a Roma per parlare con Pietro Valpreda per vedere cosa intende fare il giorno del processo”. Sappiamo che pochi giorni dopo il 16 dicembre questa “inchiesta interna” su Valpreda – aperta dai compagni di crocenera – venne completamente cassata. Come ci ha detto Enrico Maltini, che succedette a Pinelli come responsabile di crocenera, ci vollero solo pochi giorni per fare chiarezza su quanto era successo e risultarono del tutto infondate le voci su Valpreda. Va anche detto che Pino in queste lettere si preoccupa solamente di “cosa intenda fare Pietro il giorno del processo”, ma non parla di spie e tanto meno mette in dubbio l’identità anarchica di Valpreda.
Per questo fin da subito si hanno due posizioni contrastanti tra gli anarchici milanesi (che conoscono bene Valpreda) e quelli romani.
A Roma i compagni a noi più vicini, quelli che più ci conoscevano diedero una lettura completamente diversa di quella lettera. La FAI/FAGI di Roma e del Lazio e Umanità Nova, non solo presero le distanze da Valpreda ma estesero tale condanna a tutto il gruppo 22 marzo, accusato di essere un gruppo di fascisti e provocatori!
Dimenticando, tra l’altro, sia il nostro impegno nelle lotte che nel sociale, sia il fatto che gli infiltrati, il fascista Merlino e la spia della Questura Andrea alias Salvatore Ippolito, frequentavano già da prima di noi il Bakunin (della FAI) di via Baccina, dove li conoscemmo ed “ereditammo”.
Questa loro presa di posizione fatta “a caldo” ebbe conseguenze disastrose per noi perché la polizia e la magistratura – Cudillo e Occorsio le citeranno più volte sia nella requisitoria che nel rinvio a giudizio – ne approfittarono per isolarci ulteriormente in quanto non eravamo veri anarchici ma semplici criminali (non a caso fummo incriminati e condannati per associazione a delinquere) sia perché questa loro posizione si sparse all’interno del movimento anarchico provocando la costruzione di ulteriori e duraturi muri di diffidenza verso di noi.
Totalmente diversa fu invece la posizione degli anarchici milanesi che fin da subito emisero due circolari interne per condannare la posizione assunta da Umanità Nova e presero le difese di Valpreda.
Ancora oggi non sappiamo perché Pinelli decise di scrivere quelle due lettere proprio in quel momento e non lo sapremo mai probabilmente. Pino aveva tutti gli elementi per scagionare Valpreda da ogni sospetto fin dal mese precedente ma non lo fece. Come il compagno Enrico Di Cola – che ne fu testimone – ricorda (e scrive) vi furono due incontri di chiarificazione tra Pinelli e Valpreda. Il primo avvenne a Milano quando dopo conclusione dello sciopero della fame a Roma ai primi di ottobre Valpreda, Claps, Gargamelli e Di Cola si recarono a Milano per solidarizzare con il compagno Michele Comiolo che continuava il suo sciopero della fame davanti alla Camera del Lavoro
Per evitare ogni futuro fraintendimento, dopo averne discusso con Pino, Valpreda accettò di nominare suo avvocato uno dello studio che si occupava anche di Braschi. Questo serviva per verificare “in tempo reale” i verbali di Pietro. Quindi con questo doveva essere chiarito il “cosa Valpreda intendesse fare il giorno del processo”. La sera Di Cola, Gargamelli, Valpreda e qualche altro compagno si recarono al Ponte dove vennero accolti calorosamente.
Il secondo incontro – sempre alla presenza di Enrico Di Cola – avvenne il 2 novembre ad Empoli durante la riunione dei GIA (si, perché Pinelli aderiva a questa federazione, quella che era considerata degli anti-organizzatori). Del gruppo romano oltre Valpreda e Di Cola era presente anche Emilio Bagnoli. Racconta Di Cola: “Dopo il pranzo ci appartammo io, Pietro e Pino per discutere nuovamente delle voci che correvano su Pietro. Io riferii dell’incontro che avevamo avuto recentemente con il giovane compagno milanese Aniello D’Errico il quale aveva confessato tra le lacrime di essere stato lui a firmare un verbale in cui si mettevano in bocca a Valpreda cose da lui non dette poi “rilanciate” nel verbale di Braschi – e questo chiariva il resto dei dubbi che potevano esserci! Prendemmo accordi sull’invio del bollettino di crocenera e di mantenere stretti rapporti di collaborazione tra i nostri gruppi.
Un ultimo appunto: Pino Pinelli non era un santo né tanto meno oggi può diventare un santino. Gli anarchici sono pacifisti, ma questo non significa che respingano la violenza come mezzo necessario di difesa. Così come tutti gli anarchici sono sovversivi e solidali…o non sono anarchici! Così come la crocenera non era un ente di beneficienza.
Detto questo non possiamo che condividere pienamente – e fare nostre – le posizioni espresse pubblicamente dal Circolo del Ponte della Ghisolfa.

Enrico Di Cola (ex circolo 22 marzo)
Roberto Gargamelli (ex circolo 22 marzo)

Intervista inutile del 06/08/2019 – Parte 2


<– Prima parte

Perché?
Sono di fatto congetture che scatenerebbero ulteriori inutili polemiche che non vogliamo alimentare.

Quindi adesso che il comunicato ha Valpreda parteciperete?
No. Come abbiamo detto siamo apertamente in contrasto. Anche il post di Claudia, a cui fai riferimento ci pare derisorio. Aver inserito Valpreda per fare un favore al Ponte, di fatto evidenzia l’ambiguità dell’iniziativa. Per quel che ci riguarda possono anche toglierlo. Come abbiamo già scritto, noi vorremo una iniziativa che contestualizza gli eventi, dove non solo chi ha intenzioni riappacificatorie e di equiparazione vittime e carnefici non sia invitato, ma si senta assolutamente fuori luogo. Per capirci, per esempio, non solo il regista Giordana non deve essere invitato (o salutata con giubilo la sua partecipazione), ma deve pensare che se si presenta all’iniziativa c’è il rischio che venga contestato. Esattamente come dovrebbe essere per esponenti del comune di Milano, per esempio.

Ma non basta il nome di Giuseppe Pinelli, per contestualizzare l’iniziativa?
Chiediamolo a uno studente. Chiediamogli se sa chi è Giuseppe Pinelli e se sa perchè è morto. Non la sentenza, ma il motivo che lo ha fatto finire in questura e poi precipitare dal quarto piano assassinato.
Se c’è una cosa che abbiamo capito da questa storia è che molti, anche fra quelli che si dicono informati, hanno una grande confusione.
Poi più o meno tutti gli anni dal palco delle autorità in occasione del 12 dicembre viene menzionata la 18esima vittima Giuseppe Pinelli, basta a far capire cosa è accaduto quegli anni? Basta a far capire che proprio le istituzioni che quelle persone rappresentano hanno compiuto la strage?

Veniamo alle adesioni che contestate. Manlio Milani, Fondazione Gaber e Giordana, che stranamente Claudia non nomina nel suo post di accusa al Ponte.
Conosciamo Claudia e sappiamo bene che non ha una buona opinione del film di Giordana “Romanzo di una strage”. Potrebbe essere il motivo per cui non ne fa menzione. Forse per lei è un nome che imbarazza. Al contrario, Silvia sembra che trovi comunque una strettissima giustificazione (“un ricordo di prima di diventare un regista famoso”), pur di averlo fra i “suoi”.

Oppure potrebbe essere solo perché è un post di FB e quindi è sempre meglio rimanere in pochi caratteri.
Certo potrebbe essere. Questo vorrebbe dire che Claudia sia contenta della partecipazione di Giordana…

E gli altri nomi?
Su Manlio Milani non diremo niente di più di quanto abbiamo già detto e sia stato detto da tante altre realtà. Consigliamo a Claudia di rivolgere il suo stupore non solo al Ponte, ma a tutti coloro che hanno parlato negativamente delle iniziative di Milani. Basta cercare su internet, che per inciso non inizia e finisce con FB. La storia poi di Maltini che va da Manlio Milani per avere della documentazione sul libro ci pare una irrispettosa travisazione. Pensiamo di invitare Gabriele Fuga prossimamente al Ponte, per fare un po’ di memoria e magari fra le altre cose ci darà la sua versione, se vorrà. Noi sappiamo che Maltini si è rivolto alla casa della memoria di Brescia per avere accesso a della documentazione. La storia finisce qui. Maltini non è andato da Manlio Milani, il presidente della casa della memoria di Brescia a chiedere la documentazione, l’ha chiesta a chi si occupa dell’archivio. Se vado in biblioteca per avere accesso a della documentazione difficilmente viene a servirmi il direttore che probabilmente non è neanche capace di fornirmi quello che cerco. Magari si saranno incrociati, magari avranno scambiato qualche parola, ma da qui ad accostarli lasciando intendere una vicinanza di qualche genere ci pare irrispettoso verso Maltini. Per cosa poi? Per negare l’ambiguità delle azioni di Milani e quindi non avere imbarazzo della sua presenza. Che senso ha?
La fondazione Gaber, anche in questo caso ci si dovrebbe rivolgere non solo al Ponte, ma per esempio anche all’Osservatorio democratico nuove destre, che ha espresso la sua opinione negativa su questa partecipazione. La fondazione è in mano alla moglie di Gaber, Ombretta Colli (è scritto sullo statuto scaricabile sul sito della fondazione), ex deputata e senatrice di forza italia (ma ha ricoperto altri incarichi tra cui assessore di Formigoni). Non ci risulta abbia rinnegato le sue idee politiche. Ovviamente chi lavora nella fondazione non è coinvolto. Ma ha aderito la fondazione, non il personale per protesta con la dirigenza. Se guardiamo gli aspetti politici davvero credete che noi si possa stare spalla a spalla cantando con chi ha fatto del neoliberismo un partito? Spalla a spalla con chi affama persone per profitto? Spalla a spalla con chi si dice di un partito di centro destra? Il partito che ha votato la Bossi-Fini tanto per dirne una? E ci chiediamo come facciano altri a noi affini.

Chi sono i vostri affini?
Le individualità e le organizzazioni che si dicono anarchiche o libertarie e che conducono battaglie politiche e culturali in tal senso. A loro abbiamo mandato una mail che trovate sul nostro blog. Abbiamo chiesto ad A Rivista Anarchica una risposta pubblica. Siamo interessati alle loro posizioni. Non ci siamo limitati agli italofoni, ci piacerebbe sapere anche altre posizioni, ovviamente informate e consapevoli.

Qualcuno vi ha risposto?
Alcuni ci sembra abbiamo capito le nostre motivazioni. Di questi, alcuni le condividono sebbene non lo abbiano fatto pubblicamente, altri non si esprimono o non ritengono interessante la questione. Enrico Di Cola, accusato per le bombe del 12 dicembre 69 a Roma, ci ha dimostrato solidarietà. Lo stesso ci sentiamo di dire di Roberto Gargamelli, finito in carcere insieme a Valpreda. Gli anarchici hanno tempi lunghi perché il ragionamento lo richiede. Aspetteremo.
Alessio Lega poi, che ha aderito all’iniziativa, in un commento su FB ha scritto:
“L’iniziativa del 14 nasce da un gruppo di musicisti, e parte dalla canzone che ho citato, e dunque chi aderisce aderisce – in buona o in mala fede – al significato di quelle parole:
Calabresi è un assassino
Valpreda è innocente
La strage è di Stato ed è stata fatta per sommergere un moto popolare.
Il mio canto si perderà fra quello degli altri, le parole resteranno.”

E quindi?
Quindi è una posizione che ovviamente non condividiamo, siamo convinti che non resteranno le parole della canzone, altrimenti non saremmo qui a parlarne. Ma poi insomma al di là di tutto, l’iniziativa ha un appello, ha degli organizzatori che hanno lavorato e lavorano in maniera verticistica, ha già delle adesioni discutibili, e pensiamo altre ne arriveranno; dire che in barba a tutto io partecipo perché quella canzone ha parole precise e chi le canta le avalla, ci pare un po’ povera come argomentazione. Comunque anarchia è fare le proprie scelte assumendosene tutte le responsabilità. Oltretutto lo stesso Lega pochi giorni dopo scrive:
“Sono in treno per 13 ore e mi annoio… ci vorrebbe proprio una bella polemica interna al mondo anarchico su chi è più anarchico degli altri, di quelle polemiche condite di insulti e maledizioni reciproche, che ci vengono tanto bene qui su Facebook, fanno rompere rapporti tenuti faticosamente cuciti in anni di lotte e repressioni, e divertono moltissimo sia gli spettatori occasionali che il pubblico affezionato in divisa e in borghese…Vediamo un po’, Piazza Fontana ce la siamo già giocata, però questa foto può darci soddisfazione:… ”
Ci sembra un modo per banalizzare la questione, farne una macchietta tra vecchi bacucchi anarchici che questionano di lana caprina. Alla fine, se vogliamo contraddice la sua stessa presa di posizione che perde di ogni valore. Un po’ come dire che lui aderisce e chi gli chiede perché, è solo uno che ha intenzioni divisorie su cose di poco conto.
Chiedere di argomentare delle scelte ha il potere invece di cementare legami. La chiarezza è il requisito per intessere relazioni e reti di relazioni. Smettiamola con questa storia che porre delle questioni porta a divisioni. Può succedere certo, ma le divisioni che nascono dalla franchezza dei rapporti sono normalmente sanabili, quanto meno nel tempo. Quello che è invece sicuramente vero è che se in nome di una immaginaria unità ci si debba far passare per buona qualunque posizione, lì siamo sicuri che prima o poi la rottura ci sarà e sarà devastante.

Torniamo alla vostra ricostruzione. Quindi a febbraio c’è stata la rottura con l’organizzazione della catena umana, ma non sapete per quali motivi. Poi?
Poi per noi finiva lì. Il 14 dicembre ci sarebbe stata la catena e noi avremmo valutato cosa fare e cosa eventualmente dire. Era febbraio, ci sembrava davvero presto per tutto.
Abbiamo continuato a fare le nostre iniziative. Il 25 aprile, per il secondo anno abbiamo deciso di non aderire al corteo ufficiale di Milano, perché ormai troppo distante dalle nostre posizioni. Oltre che è di fatto una occasione per sfilate di governanti. E quindi, come l’anno prima, abbiamo deciso di presidiare piazza Fontana, alla lapide di Pinelli (staffetta partigiana) con una installazione che mettesse in evidenza le contraddizioni di questa repubblica democratica e gli effetti nefasti che ha sulle persone. Abbiamo diffuso l’iniziativa anche su FB e in uno di quei post, un commento di Silvia Pinelli diceva di essere stupita di scoprire che ci fosse una iniziativa per suo padre e che nessuno avesse avvisato la famiglia. Sinceramente abbiamo ignorato la questione: non capiamo i motivi per cui avremmo dovuto avvisare la famiglia. La famiglia non è stata sempre avvisata in passato e in più in quella occasione c’era ancora tensione per via della epurazione.
Arriviamo alle elezioni europee. Il Ponte fa un post astensionista con la frase “Ricordatevi di Pinelli, non andate a votare”. Sotto quel post per una settimana abbiamo subito uno shitstorming. Se non ricordiamo male ha cominciato Silvia a darci contro e, non sappiamo se volontariamente o meno, ha scatenato tutti i suoi seguaci. Esattamente come accade con Salvini e i suoi seguaci: lui attacca qualche malcapitato/a, giù insulti e nefandezze di ogni tipo da parte dei suoi seguaci. Nel turbinio della tempesta di merda, ci veniva contestato di usare impropriamente il nome di Pinelli: “come vi permettete”, “dovete chiedere il permesso”, “siete meschini…”, “Pinelli non lo avrebbe mai detto”, “sciacalli”, “Pinelli era un democratico” ecc. ecc.
In ogni caso, da parte nostra mai sono stati rivolti insulti alle sorelle Pinelli. Ai vari commenti abbiamo risposto (non tutti, sono meno di 20 gli attuali animatori del Ponte, tutti con la loro quotidianità da affrontare, la maggiorparte che non ha o usa pochissimo FB, sarebbe stato umanamente impossibile rispondere a tutti) sempre senza insulti per nessuno. A volte un po’ stizziti, a volte siamo stati ironici, sì. La situazione era però surreale.
A quel punto, qualche amico del Ponte ha cominciato a fare 2 + 2 e ci ha chiesto se aderivamo alla catena umana. Siamo ai primi di giugno e solo allora è uscita la prima comunicazione sul blog (non su FB) che il Ponte non aderiva. Ne avremmo fatto volentieri a meno, visto che mancavano 6 mesi e magari le cose sarebbero potute andare diversamente, ma siamo stati tirati per la giacchetta.

Insomma in questa storia voi siete i buoni e loro i cattivi.
No. Perché in questa storia non c’è neanche un noi e un loro. Smettiamola di pensare che sia una partita di calcio. Poniamo una questione politica e saremmo felici di confrontarci con risposte politiche che non banalizzano il nostro pensiero. Risposte articolate e circonstanziate, non 50 caratteri di facebook con, se va bene, qualcosa che colpisca l’emotività, la pancia, se va male, l’insulto adolescenziale.
No, dire che la famiglia abbia “diritti maggiori” per discendenza “araldica” non è una risposta politica, non è neanche lontamente una risposta per chi si dice anarchico e secondo noi non è neanche una risposta. Non ci sentiamo cinici per questo e non lo siamo neanche. A un certo punto l’emotività deve lasciare spazio al raziocinio, senza ovviamente mai perdere l’umanità verso il dolore.
Il resto ci sembrano pettegolezzi, tifo da stadio, slogan da facebook, giochetti da bambini.

Ma le figlie di Pinelli non sono libere di commemorare come meglio credono?
Certo. Dovrebbero semplicemente uscire dall’equivoco. Per ora è tutto un miscuglio fra una commemorazione gioiosa, un tentivo di fare memoria, una spruzzata di alternativa e una strizzatina d’occhio alle “autorità\vips”. Gli stessi aderenti del gruppo sono confusi, scrivono post dove per esempio prima parlano di “festeggiamenti in memoria di #PinoPinelli”, ma poi dopo ore correggono con “onorare la memoria di #PinoPinelli”. Non c’è niente di male a commemorare, anche in chiesa se lo ritengono. Oppure fare altro. È l’ambiguità che contrastiamo.

Adesso che farete?
Cercheremo di confrontarci con i nostri affini.
Abbiamo in mente iniziative di avvicinamento alla ricorrenza, per fare memoria. C’è 12 dicembre da organizzare e promuovere. Stiamo pensando a come impostare la serata del 15. Siamo partiti assieme ad altri con una raccolta di documentazione che racconti il contesto del 68 e 69 che ha portato alla strage di stato, all’assassinio di Pinelli e all’incarcerazione ingiusta di Valpreda e altri compagni. La sfida come sempre è rinnovare la memoria nell’attualità. Conoscere il passato per agire nel presente.
Continueremo poi con le normali iniziative quasi settimanali sull’attualità in viale Monza, saremo presenti nelle piazze conflittuali come sempre, quando possibile come Ponte altrimenti come singoli.
Sentiamo l’impellenza di dedicarci al presente e alla devastazione sociale e politica che è in atto.
In queste condizioni la scintilla ribelle potrebbe scoccare da un momento all’altro, oppure la deriva autoritaria potrebbe ulteriormente peggiorare.
In entrambi i casi ci saremo.

E su FB?
Ci piacerebbe continuare a esprimerci senza essere continuamente attaccati senza mai entrare nel merito delle questioni. In ogni caso fin quando possibile ignoreremo attacchi e insulti. Però non siamo gandhiani, è facile che qualcuno non riesca ad ignorare. Facile che qualcuno provi a rispondere cercando di spiegare, sapendo che molto probabilmente non servirà a nulla.

Avete pensato di sporgere querela?
Siamo anarchici e quindi non se ne parla. A dire il vero c’è già stato consigliato, anche da avvocati a noi vicini, di querelare almeno 2 persone che si sono spinte troppo oltre il dovuto. In quanto anarchici, non siamo dogmatici, perciò a titolo totalmente personale non escludiamo a priori che per tatticismo qualcuno non decida di prendere questa strada. La questione è che se tutto fosse accaduto in una assemblea, tutto si sarebbe esaurito all’interno delle assemblee. Invece si è voluto spostare tutto su Facebook, il peggior strumento che potesse esistere, peggio di un giornale a tiratura nazionale. Se domani mattina su un qualunque giornale qualcuno scrivesse che il circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa ha metodi mafiosi, non stupirebbe più di tanto che qualche avvocato amico convinca qualche animatore a usare tatticamente questa situazione. Quello che è certo, è che abbiamo tanti amici non anarchici che potrebbero decidere per loro conto di fare quello che ritengono.
In ogni caso, le aule giudiziare dello stato non servirebbero a colmare la distanza politica con la catena umana.

Vi riferite più spesso a Claudia che a Silvia.
Claudia pone questioni leggermente più articolate, Silvia un po’ meno diciamo.

Silvia dice che avete affossato l’immagine del circolo del padre.
È il suo pensiero, ce ne siamo già fatti una ragione. Saremmo stati felici ad averla al circolo in tutti questi anni per evitare che accadesse quello che dice.
Sappiamo che chi quegli anni li ha vissuti ed è finito in carcere o è stato costretto a scappare non la pensa così. A noi basta.
Precisiamo solo che Pinelli fu uno dei fondatori del circolo anarchico, non il proprietario. Il famoso 1° maggio 1968 c’erano altri fondatori, distinzione che fra anarchici non dovrebbe essere contemplata. A voler essere precisi quindi diciamo che abbiamo affossato il circolo di Cesare Vurchio, Amedeo Bertolo, Gianni Bertolo, Ivan Guarnieri, Umberto Del grande, Giuseppe Pinelli con gli allora ragazzi Paolo Finzi, Luciano Lanza, Fausta Bizzozzero. Lo stesso Maltini, sebbene la sua militanza sia da attribuire più alle fila della croce nera, frequentava il Ponte. Lo diciamo per fare memoria e dare i meriti anche a questi compagni anarchici che si sono battuti per la verità su piazza Fontana.
Questo il nucleo storico del 1968. Poi ovviamente di gente ne è passata tanta, c’è chi ha lasciato, ci sono state le meteore, chi si è fermato un po’ di più, chi continua a lottare e ad essere coerente dal 1972.
Ribadiamo che queste sono annotazioni che hanno un valore puramente storico. Fra anarchici dovrebbe aver valore solo la lotta contro lo stato e il capitale per una svolta antiautoritaria e rifiuto della delega e delle gerarchie.

Ultima domanda. Vi dicono che siete 4 gatti, già questo dovrebbe farvi capire che avete una posizione minoritaria. Non vi sembra di essere ridicoli?
Facilmente risponderemmo con una bella cantata “NON SIAM L’1% MA CREDETEMI ESISTONO”. Siamo comunque un circolo Anarchico che può vantare una buona partecipazione sebbene non costante da parte di tutti, molto appassionata e che c’è quando ci deve essere.
A prescindere però i numeri non sono garanzia di giustizia e tanto meno di verità. L’attuale ministro dell’interno e le sue politiche fasciste e razziste godono di un certo favore secondo i sondaggi. Non sono i numeri a stabilire una buona politica, ma le ragioni e gli argomenti. Il 14 sarà numericamente un successo, lo sappiamo. D’altronde con un comunicato povero di contenuti, organizzatori che ammiccano a “personalità” di dubbio gusto, basterebbe far girare l’appello nelle scuole per avere anche i bambini che cantano (magari lo prendono come un consiglio). I bambini mediaticamente sfondano. Li usa spesso anche il ministro Salvini.
Ma siete sicuri che la vittoria numerica, non diventi una sconfitta politica di tutti? È su questo che chiediamo una riflessione. Quello che diciamo da sempre è che l’iniziativa del 14 è “neutra” e si presta a facili manipolazioni. Non sembra un caso che ci siano già adesioni di dubbio gusto e potrebbero essercene altre, perché la vacuità del testo lo permette. Inoltre l’etereogeneità degli aderenti comincia a evendenziare la contraddizione. È apparso nel gruppo un post in memoria di Sergio Ramelli (rimosso velocemente, fortunatamente) e possono leggersi fra i commenti (fin quando non saranno cancellati) anche polemiche su “Bibbbbbiano”…
Il nostro augurio è che ci sia un cambio di rotta, non perché è il Ponte a dirlo, ma perché è la memoria che non deve essere tradita.

Ci sono ancora gli spazi per una iniziativa comune?
Non crediamo proprio.
Innanzitutto a oggi non ci sono le condizioni politiche. Poi non ce n’è bisogno. Al contrario di quello che viene detto, non è una questione di copyright (semmai è il contrario, cioè vengono opposte questioni di discendenza ereditaria), ma una questione politica. Po-li-ti-ca. A riprova che non vogliamo essere protagonisti c’è l’esempio delle lapidi in piazza fontana. “Una lapide” che non è “nostra”, che evidentemene non è anarchica, di cui ci siamo sempre presi cura e difesa anche dai Decorato di turno da soli per tanti anni. Che, a causa del logorio del tempo, abbiamo più volte sostituito. L’ultima volta nel 2016. Avremmo potuto farlo in autonomia (come accaduto nelle altre occasioni), magari cambiandone anche il testo rendendolo più anarchico diciamo. Invece abbiamo preferito riprodurla fedelmente (prendendoci anche qualche critica) e lanciato una sottoscrizione, affinchè tutti si sentissero parte della memoria e se ne prendessero cura. Sarebbe bastato quello stesso spirito per rendere l’iniziativa del 14 inclusiva di tutte le realtà e coerente con la storia politica. Invece per la catena umana hanno preferito essere escludenti e verticistici.
C’è poi l’amarezza personale di Decortes che in tutta questa vicenda ha visto incrinarsi importanti rapporti di amicizia.
Per tutti gli altri poi, le cose sono andate molto oltre, ci vorrà probabilmente del tempo per rasserenare gli animi. Sono state dette cose false e molto gravi del Ponte, addirittura avremmo dei metodi mafiosi o avremmo minacciato violenza verso qualcuno a mo’ di intimidazione. C’è il rischio che anche solo una paventata partecipazione produca forti tensioni interne al Ponte. Tuttavia la presenza del circolo Anarchico non è importante, è più importante che la catena umana si qualifichi e diventi di parte. Partigiana appunto.
In ogni caso speriamo di rivedere tutte queste persone in piazze conflittuali prossimamente.
È la lotta che conta.