ELI
Quest’anno va così
questa notte va così, e troppe notti e giorni così.
E’ il numero 2019.
50 anni dopo.
Logico che si rincorrano ricordi e pensieri. 50 anni sono proprio tanti. Non avrei immaginato mai di arrivarci.
Sembrava un anno straordinario quel 1969, e lo fu.
Venivamo da un anno di lotte in università. Dietro la facoltà la fabbrica INNOCENTI, auto popolari e operai incazzati che ci guardavano come marziani quando andavamo a volantinare e a fare gli spettacoli e le canzoni in fabbrica.
Loro, gli operai, venivano da anni di lotte dure, c’era stato “l’autunno caldo” del 68, e noi cominciavamo appena a capire, forse.
Il nostro autunno 68 era ancora solo tiepido, ma la nostra rabbia aumentava.
C’erano tante cose di cui discutere, la scuola, il lavoro, l’amore (le nostre compagne avevano tante cose da dire!), il Vietnam, l’URSS ,Cuba, la Cina…
Vivevamo in un mondo fermo nelle sue certezze e intanto in noi e intorno stava cambiando tutto.
Eravamo così in tanti che a raccontare adesso che ogni sabato si scendeva in piazza almeno in 30.000 oggi ci guardano con gli occhi stupiti .
Così tanti a manifestare la rabbia, la voglia di cambiare tutto, cambiare noi, tanti, tutti.
Con rabbia, ma anche con allegria. Forse ci sentivamo tutti un po’ eroi.
È difficile descrivere quei giorni, almeno per me.
Tanti, ma non tutti.
Sapevamo che stavamo lottando per un mondo diverso, contro chi voleva mantenere un mondo fatto così… così… così…
Quelli che volevano mantenere un mondo fatto di obbedienza, sfruttamento dell’uomo, insomma potere, erano anche loro tanti, e forti, molto forti.
Intorno a noi si agitavano mostri. In Grecia i fascisti avevano fatto un colpo di stato. Poteva succedere anche da noi. Alcuni di noi si stavano preparando alla resistenza. Ma intanto loro si stavano organizzando, e bene. Molto bene.
Alla fiera campionaria era scoppiata una bomba, roba grossa, non un petardo dimostrativo. Adesso sappiamo che non era l’unica. Adesso.
Quel 69 stava andando avanti così, lotte, occupazioni, cariche della polizia. Sembrava che nessuno ci potesse fermare!
Ma poi.
Quel 12 Dicembre.
La bomba in Piazza Fontana.
Quante cose ha cambiato nella nostra vita!
Quella paura ancora sottile, “ma no, figurati, da noi non può succedere”, adesso si presentava in tutta la sua mostruosità .
Giorni di confusione. Giorni di paura. Compagni non fatevi trovare a casa.
E dove vado.
Tre giorni di confusione, rabbia e paura.
Poi un colpo terribile.
Hanno arrestato molti Anarchici.
Uno di loro si è suicidato buttandosi dalla finestra della questura, al quarto piano.
Si chiamava Pinelli, Giuseppe Pinelli, detto Pino.
Sono stati loro. Gli Anarchici. I mostri.
Pino Pinelli. E chi era?
Nessuno di noi crede a questa stronzata.
Cominciamo a muoverci per capire e rispondere.
Alcuni giornalisti e compagni della controinformazione indagano, fanno domande alle quali le “autorità” rispondono con falsità palesi e confuse.
Allora era cronaca, adesso è storia. Per chi la vuole conoscere.
Io in questo giorni rivedo quei momenti. E continuo a farmi domande.
Tanti compagni sono stati assassinati dalla polizia in quegli anni, sopra un ponte romano, sotto un portico bolognese, in una via Larga milanese, lui, non io che non ero tanto distante, e poi e poi… uccisi perché erano lì. Io l’ho scampata per caso, perché sparavano nel mucchio.
Pino Pinelli.
Perché?
Perché tu?
Chi eri?
Per me un compagno che vedevo di sfuggita quando abitavo a Milano in via Scaldasole.
In tutti questi anni ne abbiamo parlato spesso, e sai come la penso.
Per quel maledetto piano criminale serviva una persona da accusare.
Un uomo conosciuto in Italia e con contatti anche all’estero.
Non uno qualsiasi, ma anche non uno di un partito. Troppo pericolosa la possibile reazione.
Insomma qualcuno da sacrificare, ma che non “mobilitasse” una reazione.
Insomma un Anarchico.
Nelle retate dopo la Bomba entrarono in tanti in questura, ma gli Anarchci di più.
Torno a pensare a quella notte, e a te.
Sotto la tortura delle botte, del sonno, ore e ore. Un interrogatorio strano. Diverso dalle altre volte in questura.
Perché non mi lasciano andare.
Avrai capito?
Cosa?
Quando?
Mi immagino. “La bomba alla Fiera l’ hanno messe loro per incastrarci!” Ma in cosa?
“erano solo l’inizio, per un piano più grande”
“Adesso, la bomba alla Banca Dell’Agricoltura, I MORTI!”
“Ecco dove volevano arrivare! Servono dei morti del tutto estranei , innocenti, per sollevare l’indignazione della gente per bene.”
“basta! troppo casino sociale, si rischia il caos, l’Anarchia!”
Ore
Botte
Il tuo compagno Valpreda ha parlato!
Firma la confessione!
È l’autore del vile attentato,
e il suo socio, sappiamo, sei tu.
Avrà risposto qualcosa?
“Vi conosco tutti, Calabresi, e tutti voi, e voi mi conoscete bene, sapete che non siamo stati noi!”
avrà cercato di parlare con loro? di convincerli in qualche modo?
Ma poi, avrà capito?
Ci sarà stato un momento in cui avrà capito che quello non era un normale interrogatori?
avrà capito che quelli erano i suoi assassini?
Perché lui era Pino Pinelli, e mai avrebbe potuto firmare una confessione così.
E loro. L’hanno capito?
Non si può lasciare libero uno così!
Che ordini avevano? E chi erano quelli venuti da Roma?
Se firma lo ammazziamo inscenando un suicidio!
Firma assassino criminale!
E botte!
Ma lui no. Pino non firma niente, forse accusa. Ha capito tutto quello che sta succedendo?
Se esce vivo domani tutti sapranno.
Lui può parlare, con tanti, e tanti possono diventare troppi!
Avrà capito?
Da quelle stanze Pino Pinelli non può, non deve uscire vivo. Non deve poter parlare.
Il piano. Forse era semplice, Pinelli firma la confessione, lo trasferiamo in cella e lui si suicida in preda al rimorso.
Troppo pericoloso.
Meglio un suicidio inscenato qui, subito. (Qualcuno dirà forse che fu un colpo troppo forte dato per sbaglio)
Si è buttato gridando “E’ la fine dell’anarchia” dirà un bastardo alla stampa, poco dopo.
Quattro piani. Un corpo che cade. La caccia ai “colpevoli” può continuare.
La stampa. La televisione. Le foto. Eccoli i mostri.
Li hanno presi. E anche in fretta! A morte!
“Vedrete che adesso gli operai, gli studenti si daranno una calmata. Ci vogliono leggi più severe, ORDINE, e se non l’hanno ancora capita ci pensiamo NOI. Adesso la smetteranno e se ne staranno un po’ tranquilli!
Ma non va così.
Abbiamo capito. E si torna in piazza, nelle fabbriche, a urlare più forte la nostra rabbia.
PINELLI ASSASSINATO. VALPREDA INNOCENTE
ASSASSINIO DI STATO.
Sono 50 anni che, ogni tanto, penso a quella notte.
E la domanda è sempre quella. Io, cosa avrei fatto?
Penso a Pietro, a Roberto, a Enrico e a tanti altri.
A Lello, che era nella stanza accanto e che si è sfinito nel gridare che “erano tutti li, tutti in quella stanza, e io ero li nella stanza di fianco, e non è uscito nessuno mentre interrogavano Pino. Non è uscito nessuno! e poi un rumore, come un tonfo, e poi il casino”.
Eccoli finalmente. Il mostro! I mostri!
3 anni di galera giorno dopo giorno con quella accusa infame gettata addosso.
Avrei avuto il vostro coraggio di resistere?
Eli, ne tu ne io abbiamo fatto un giorno di galera, e qualche manganellata e qualche fermo non conta un cazzo.
Porte di ferro che si aprono e si chiudono con rumore di catenaccio.
Fuori, dentro.
TU non puoi decidere niente, ogni ora per ogni giorno. Quanto avrei resistito senza sbatter la testa nel muro?
Per “fortuna” ci sono i compagni, e ci si fa forza l’un l’altro.
Ma in realtà forse non sei mai solo, anche quando vorresti, e anche questo fa parte della tortura=pena.
E fuori? esiste un mondo fuori solo se te lo raccontano.
Ce la fai a inventartene uno, stando dentro?
E intanto il “nostro” mondo fuori continuava, e continuava a subire morte.
Milano, Bologna, Brescia e i treni e poi ancora…
E quelle un po più “naturali”, incidenti sul lavoro, amianto, crolli di tutto un po’ e via via
1969 – 1977 – 2001 e tanti altri non son numeri, sono nomi di compagni morti ammazzati.
Ammazzati in e da questo stato democratico.
Stato Democratico. Che brutta parola diceva la mia nonna anarchica! Una vera superstizione peggio delle sottane dei preti.
Ma come fanno i bravi sostenitori della democrazia a sopportare i morti fatti in suo nome, la miseria che avanza e invece di scomparire, l’esportazione delle guerre e io sfruttamento degli uomini e delle risorse di un paese a vantaggio di pochi Cara vecchietta.
Questa Democrazia. L’abbiamo vista tenere al suo interno e “In posti di grande responsabilità” Assassini fascisti, ladroni di tutto il possibile, complici di tutte le mafie. Mai puniti ma anzi promossi, i responsabili.
Io so chi è stato, ma non ho le prove!
Certo che non ce le hai!
Le hanno nascoste bene tutti i responsabili dei governi di questi anni. Magari in qualche “Armadio della vergogna”. Ma utili per ricattarsi tra di loro.
Agli italiani bastano le mezze verità. Si accontentino, che tanto poi dimenticano in fretta.
Ma noi non dimentichiamo, non archiviamo.
In tanti luoghi d’Italia il 12 e il 15 dicembre si ricordano queste date della vergogna criminale.
Ci ho pensato. Non ti sto usando. Tutti questi anni, il 12 e il 15 Dicembre.
Non eri un santo, e questa democrazia falsa l’hai sempre combattuta. Per questo ti hanno ucciso. Così non posso sopportare che facciano di te un santino da appendere su qualche parete o portare a spasso per strada. Se canto la tua canzone lo faccio ancora con amarezza e rabbia. Parla anche di me, di noi.
In tanti ci portiamo un pezzetto di te dentro, insieme ai visi di altri compagni che non ci sono più.
Il tuo viso riappare nella mente, guardando qualche foto sui nostri manifesti o sui libri.
No, non libri di scuola, perché li tu non esisti.
Questa fantastica democrazia ti ha rimosso. Non parla della tua vita, della tua storia che è stata anche nostra.
Sono stati bravi a truccare le carte.
Mischiare insieme vittime e carnefici, in una bella dichiarazione di cordoglio.
Ogni 12 Dicembre siamo la, in Piazza Fontana. Milano. C’è un pezzo di marmo. No, 2 pezzi.
E’ freddo, è pietra. Lo so, l’abbiamo messa insieme, i compagni del Ponte e tanti altri compagni milanesi dopo che la prima “lapide “ si era consumata. E poi ancora, una nuova cornice fatta con i compagni di Rimaflow. È fatta con dei binari del treno, pesanti come la parola “LAPIDE”. Binari, perché tu eri un ferroviere, anarchico. Portiamo fiori spesso, ma il 12 dicembre vengono in tanti a ricordare quel pomeriggio. Anche le “istituzioni democratiche” da un po’ di anni, vengono a fare una bella parata. Tutti vestiti a festa, tanti Dirigenti, Comune, Provincia e poi Vigili Urbani, Poliziotti, Carabinieri. Quelli che ordinano e quelli che eseguono cariche alle manifestazioni, sgomberi alle case occupate, ai rom, persino a chi fa musica per strada. Sono li belli impettiti, con il loro “Cimitero di croci sul petto”, ma dietro di loro vedo i volti dei tuoi assassini. Sorridono. Sono stati tutti promossi a incarichi di più alta responsabilità. Non si vergognano di niente. “Archiviato”
Sulla lapide posta dalle istituzioni c’è scritto “morto innocente”. Sull’altra, la nostra, “Assassinato”.
Anche quest’anno saremo là, abbastanza dopo di loro, perché non vogliamo condividere niente, neanche l’aria. Saremo di fianco a quella pietra che talvolta negli anni passati ci ha visto in pochi e che rivede da un po’ vita giovane. Dietro la pietra il vecchio striscione .
PINELLI ASSASSINATO
VALPREDA INNOCENTE
STRAGE DI STATO.
Resiste, un po’ consumato, e anche noi. Qualcuno lo chiama “Lo Striscione Viaggiatore”. Purtroppo ha girato molto. Milano, Bologna, Roma, Genova…
Ogni 15 Dicembre, nella sala in cui il centro sociale Leoncavallo ci ospita, con i compagni che di volta in volta invitiamo, accendiamo un faro sulle contraddizioni di questo mondo, qui e ora.
Un altro mondo è possibile?
Sono cambiate così tante cose da allora, nel mondo del lavoro, della scuola, dei rapporti umani.
Le disuguaglianze sono diventate più profonde, drammatiche e non si vede come uscirne.
Lo vendono così “è il progresso, ragazzo, e tu non puoi farci niente”!
La “Globalizzazione” crea problemi così gravi che sembra di stare peggio che ai tempi della schiavitù, e schiavi ne trovano sempre e poi li creano anche. A volte ci facciamo schiavi da noi stessi.
So di dire una sciocchezza se dico che allora era più facile: l’imperialismo americano e quello sovietico, la “speranza” cinese, e poi in fondo, lavoriamo tutti per Agnelli! Anche gli immigrati erano diversi, appena un po più coloriti di noi.
Le multinazionali. Che facce hanno? qualche nome famoso nelle comunicazioni, ma tutti gli altri? E come fanno a fare tutti queste porcherie? Come possiamo contrastale?
Non ci sono risposte semplici a problemi complessi!
Va be! ma almeno qualche risposta anche piccola.
Qualche risposta c’è. Piccola ma c’è. In Argentina, in Grecia e anche in Italia. I padroni chiudono o spostano le fabbriche all’estero ,e allora gli operai occupano la fabbrica, creano una cooperativa, producono e vendono. Nelle città donne e uomini si organizzano per rispondere in modo solidale al disastro di questa economia che guarda solo al denaro.
Cose piccole.
Sassolini sulle rotaie del loro tragico progresso
Se diventano tanti, se fanno un bel mucchio, allora chissà, il treno potrebbe anche deragliare…
Con qualche amarezza, un po’ desolati magari, ma non possiamo fermarci. Non ne siamo capaci. Non vogliamo proprio.
Seguiamo un sentiero che ha un cuore.
Hanno cominciato a tracciarlo donne e uomini tanto tempo fa. Continuiamo.
Gianni