Sacco e Vanzetti

Sacco e Vanzetti

Uccisi perchè anarchici, migranti e poveri.
Al circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa sabato 22 agosto, durante l’ape resistente, proiezione di “Sacco e Vanzetti“.

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Proiezione “Spagna ’36, un popolo in armi”

Proiezione "Spagna '36, un popolo in armi"

«Il 19 luglio chi aveva un fucile lo prese e si unì in uno sciopero generale che arrestò i militari golpisti. Dopo pochi giorni la gente tornò nelle fabbriche […] i padroni non c’erano più. Venne spontaneo riprendere a lavorare come avevamo sempre fatto, non più per il padrone ma per noi. Si cominciarono a formare dei comitati; fabbriche e produzione furono organizzate in modo differente. Nell’arco di 15 giorni i soldi erano spariti a Barcellona, i principi economici borghesi erano scomparsi, perché l’esigenza primaria era quella di mangiare […] Si sviluppò una sorta di baratto, che funzionò perfettamente per circa un mese. Dopo cominciò a diventare molto difficile organizzare la società, a Barcellona eravamo un milione di abitanti. Dunque stabilimmo una retribuzione che fosse sufficiente per vivere. Era un pezzo di carta a cui era associato un valore».

I 3 anni di Barcellona, dal 1936 al 1939, rappresentano per gli anarchici la dimostrazione che l’utopia libertaria tanto utopia non è, che l’anarchismo è l’alternativa (forse l’unica) allo squallore quotidiano, che per avere reali libertà e giustizia una rivoluzione è necessaria.

Ci vediamo

giovedì 16 luglio alle 20 al
circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa
per la proiezione del film
“Spagna ’36, un popolo in armi”

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Torneranno i prati [spoiler]

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La trincea è buia, fredda, umida. Ci si sta accalcati, appiccicati ai propri umori, agli odori, ai sudori. C’è pochissimo spazio. Nella trincea si sta immobili, ci si ravviva solo quando arriva la posta. C’è il soldato che non ne riceve mai, di posta. Perché non ha più una moglie che lo aspetta a casa. Perché l’unica volta che è tornato, l’ha trovata a letto con un altro. Oppure quando arriva il rancio. Rumore di gamelle e una brodaglia scura, nella quale galleggiano come stracci pochi pezzi di carne sconosciuta, fette di pane duro, che sembra fatto con la segatura.
Non c’è spazio per il cameratismo nel film di Olmi. Non si vedono le foto di donnine poco vestite appiccicate alla branda, non ci si scambia pacche sulle spalle, non si sorride mai. Tutta la vicenda del film si svolge in una notte. La notte in cui sulla trincea, uno sperduto avamposto di alta montagna, piove un ordine insensato. Bisogna fare arrivare il filo del telefono fino ad un punto di osservazione situato una ventina di metri fuori dalla trincea. Strisciare sulla neve, nella notte illuminata dai bengala che preparano l’imminente attacco nemico, completamente allo scoperto, per portare il filo del telefono al punto di osservazione e da li, comunicare al comando quel che si vede.
Non ci sono atti di eroismo nel film di Olmi. Continua a leggere