Piazza Fontana: condividere la memoria?

Piazza Fontana: nessuna condivisione è possibile tra vittime e carnefici,guarda il video dell’ultimo corteo del 12 dicembre.

P.S.

troverete anche dei riferimenti alla mancata collocazione dell’opera di Baj “I funerali di Pinelli”. Successivamente è spuntata una possibile collocazione, ma nel 2020, forse.

Per guardare il video clicca sul link qui sotto

12dic18

L’ABISSO DI GIUSEPPE PINELLI

Roccatederighi 16/08/2019.
Essendo in vacanza nei paraggi, decido di fare un salto alla festa intitolata a Sante Caserio. Vado allo stand della cassa antirepressione, e dopo aver salutato Caterina Barbierato, vado a salutare Alessandro Milanta il quale mi presenta Andrea, un compagno di Verona che mi racconta questa bellissima storia, sulla scoperta di una grotta e della sua intitolazione a Giuseppe Pinelli. Fatta una ricerca sul web, eccola pronta da condividere con voi.
Aldo Dell’Accio.

Quello che segue è un estratto di un articolo tratto dalla rivista Speleologia del 28 marzo 1993.

L’ABISSO GIUSEPPE PINELLI ED IL COMPLESSO DEL MONTE TAMBURA

Una grotta nasce quasi per gioco da una fessura larga dieci centimetri… e quello che all’inizio era solo un sogno ancorato al fondo di alcuni “pozzi anarchici”, si trasformerà nella splendida realtà di un “quasi” meno mille.

di Enrico CHIOMENTO
Luciano MARASTONI (Unione Speleologica Veronese)
e Valentina MALCAPI (Gruppo Speleologico Fiorentino)

 

LE PREMESSE

Magazzino
“La Tambura, cos’è questa Tambura?”
“Mah! Dovrebbe essere un monte apuano con qua e là qualche buco…”
“Ci sei già stato?” “No! E tu?” “Neanche io”
“Dovrebbe esserci una certa ‘Buca del Paleri’, è un meno quattrocento, scomodo ad arrivarci e, a detta di qualche Toscano, già esplorato alla meno peggio”.
“È armato?” “No, non dovrebbe”
“Beh cosa dite se cominciamo a fare i sacchi?” “OK!”.
Da circa una settimana stazioniamo a Resceto nel cuore delle Alpi Apuane.
Gentilmente ospitati nella cantina del bar principale, continua la tradizione…
Per quanto immaginabili, risparmio di descrivervi le ovvie conseguenze derivate dal tipo di alloggio.
Il programma prevede la localizzazione dell’Abisso Paleri. Il 7 Dicembre, dopo vari show sui canali adiacenti a Resceto, troviamo l’ingresso della grotta.

DIARIO ESPLORATIVO

26 Dicembre ’91

Apriamo le danze in Paleri.
Cinque sacchi e due sfigati, chi scrive ed il Leo.
Armiamo tutta la grotta senza particolari problemi, scendendo su spit antidiluviani e su “cose” mai viste.
In risalita, nei pressi di uno dei due sifoni terminali, notiamo che la forte corrente d’aria sparisce interamente in un bel meandrino, dall’altra parte di un pozzo.
Chissà…!? Dove…!?
Promettiamo di tornare con trapano e company.
Nel frattempo alla nostra amata cantina sono arrivati Luciano e Franz, uno nonno, l’altro sbarbo.

28 Dicembre ’91

Partono al mattino presto Luciano, Franz, Cinzia e Stefania, intenzionati a curiosare nella pancia di un P 40 (T 10), individuato il giorno precedente sulla sommità del canal Paleri.
Un bel pozzo con forte corrente d’aria e una disostruzione iniziale fatta da… Mah! Meglio non dirlo.
Dopo qualche ora l’allegra brigata alquanto infreddolita e delusa dalla “Buca” fa proprio il motto: “andar per funghi è bello, ma andar per grotte è meglio”.
C’è buio e freddo non c’è Habitat nè stagione adatta! Ma come si sa Athena alle volte pre­mia chi vuole; non certo chi se lo merita!
Ed è così che i nostri baldi giovani pensano bene di trovare un allegro e soffiante buchetta, proprio a dieci metri dal T 10.
Suddetto buchetta dopo qualche secondo di disostruzione, da alla luce un P 15, seguito da una entusiasmante fessura lunga circa 2-3 metri e larga 10… centimetri.
Tutto va alle votazioni, la decisione è unanime.
Generatore sia.

1 Febbraio ’92

Arrancano per la “Via Vandelli” i 27 kg del generatore, accompagnati da un blasfemo sherpa fino a destinazione.
Minuziosamente e ritualmente nonno calcante cura l’assemblaggio dei vari manzi, aizzando gli Achei.
Il generatore si anima.
La fessura protesta con ragione, ma da troppo siamo a digiuno.
Arriva sera e la signora finalmente si concede; pozzo da 20 e atterraggio sulla sommità di un P 80-90.
Euforia!
Atmosfera tutta scaligera! La si dedica a Giuseppe Pinelli
Si programma la punta per la domenica successiva, magari con qualche metro di corda in più.
A casa si festeggia.
Gente che ipotizza di trapassare la Tambura e sbucare nella cantina di Resceto.
Altri più modesti si accontentano di un sifone a — 1000.
Un sogno ossessivo resta ancorato sul fondo di quei pozzi anarchici.

15 Febbraio ’92

Ci troviamo in quattro sulla sommità del pozzo dei cinque anelli.
Ce lo giochiamo ai dadi.
Toccato il fondo risulta essere un P 85, poi una strettoia e un P 30 umido.
Altra partita a dadi e il P 30 viene sceso in un bagno di ave marie.
Accompagnati da un meandrino arriviamo sulla soglia di un P 20 (h20). I dadi vengono abbandonati ed emerge uno stoico volontario che ci frega tutti armando sotto l’unica cascata.
Breve corsa in diaclasi ed eccoci sopra un impassibile, pacifico e sereno P 70.
Tentiamo di moltiplicare una piastra e uno spezzone da 20 metri.
Nisba.
Fine delle ostilità a — 200.

22 Febbraio ’92

Con questa punta scendiamo il P 70 (Katana) ed un suo gemello (Gran Burrone), uscendo con quest’ultimo da una regione prevalentemente tettonica.
Dal Gran Burrone in poi viaggiamo in un bellissimo meandro attivo. Quindici minuti di questa piacevole compagnia e sbuchiamo alle spalle di un P 60 (Cannabis) a — 400.

29 Febbraio ’92

“Bruciamo” in un batter d’occhio il Cannabis.
Alla sua base fatichiamo ad aspettarci.
Si presenta a noi una certa cosa chiamata comunemente freatico.
Da lì in poi con le mani in saccoccia, passeggiamo su spiagge e boulevard, raggiungen­do i —500.
Il trip procede fino a —600, percorrendo freatici, scendendo pozzi e imprecando sul vadoso.
Increduli di aver camminato tanto, lasciamo in sospeso un saltino da 10 metri e decidiamo di riportare le nostre carcasse in superficie.
A casa si tenta di mettere a fuoco le idee.
La confusione è tanta. Urge il rilievo.
L’esplorazione del Pinelli rallenta in seguito alle precarie condizioni atmosferiche.
Neve e pioggia fanno da padroni e da custo­di allo stesso tempo.

12 Aprile ’92

Troppo tempo è passato dall’ultima punta. Siamo in due, posseduti da febbre esplorativa, teniamo duro, si deve rilevare.
Topografiamo da —400 a —500.
Scazzatissimi usciamo, imprecando su cordelle, bussole e strumenti vari.

19 Aprile ’92

Lustrati ed affilati gli strumenti riprendiamo il rilievo da — 500 e lo portiamo a — 600.
Finalmente il salto da 10 metri, colpevole di alcune notti insonni. P 10, galleria sei per quattro, attiva e un P 40 tutto nostro.
Morale alle stelle.
Lorenzo comicizza sul pozzo e scende alla dislessica, becchiamo uno sfondamento toppo.
Qualche incertezza.
Traversiamo e… buio!
Cominciano a muoversi due lueine incredule, sempre più fioche e lontane.
Incantesimo!
Spazi nascosti iniziano ad animarsi e noi con loro: prendono forma e ci regalano una sala, la sala del Rais.
Accompagnati da Elfi e Gnomi arriviamo all’estremità di questa e dopo qualche volteggio, vediamo consegnarci il regalo per la prossima punta.

2 Maggio ’92

Con il terrore di aver sognato acceleriamo la discesa.
Topografiamo da —600 all’avalle del Rais. Scartiamo di fretta il regalo dei nostri amici Elfi; scendiamo tra pietre rotolanti per 70 metri.
Bagno completo alla base del Rolling Stones.
Lasciamo da scendere un saltino da 10/15 metri modello Olierò.

16 Maggio ’92

Nell’aria c’è qualcosa, si percepisce… Nasce una punta “schizzofrenica”.
Con la febbre a quaranta arriviamo alla base del Rolling Stones.
Un Té imperiale anticipa la doccia gelata, inevitabile per scendere il P 10.
Rompiamo gli indugi, armiamo il pozzo e scendiamo.
Tappo di ghiaia e un’overdose di acqua ci fanno girare i tacchi e anche qualche cos’altro.
Alla base del Rolling Stones Gianni inventa una risalita e… Magia!
Belle corde sono lì a testimoniare e confermare la giunzione con l’Abisso della Tambura (Pianone).
Inutile descrivere atti e attori, solo una gran­ de gioia per la seconda giunzione realizzata insieme a Gianni e Stefania.

31 Maggio ’92

Gustiamo tutto il lavoro di questi mesi con una bella traversata. Nasce fisicamente il Complesso del Monte Tambura, agognato da tanti e per tanti anni.

27 Giugno ’92

Da troppo siamo assenti.
Reduci da un patetico congresso dove specchi e specchiati hanno regnato, prendiamo terra alla base di Gran Burrone. Ah dimenticavo ! Reduci anche da un rigoroso Likkof, dove si sono viste piene di Recioto (rosso naturalmente).
Decidiamo per una risalita.
A caso si intuisce una finestra.
Uno show perfetto. Venti metri di risalita e una corta galleria ascendente.
Arriva il “libera!” a Meggiorini, in arte Meg. Annaspiamo su una diaclasi impestata di fango e… chiude.
Ma no ! Freatico e ancora freatico. Ne percor­riamo cento, duecento metri e ci arrestiamo su un P 20, con una corda da 15. Pazienza. Battezziamo il tutto Recioto Underground. Volano pacche sui caschi e scegliamo di uscire per raccontare il tutto. (Quasi)

18 Luglio ’92

Recioto Underground. Direzione costante. Tano teorizza, Gianni arma, io scrivo.
Inizia il nostro kilométrico trip tutto underground, pozzi, sfondamenti, frane e freatico di lusso.
Centocinquanta metri di galleria freatica modello “Inglesi” (Corchia).
Non ci crede nessuno, si ipotizza una giunzione con Su Spiria…
Direzione costante.
Puntuale il nostro sfondamento. Corda zero.
Imbambolati ed increduli, nessuno azzarda.

25 Luglio ’92

Recioto Underground.
Direzione…
Quanto fondo sarà? Mah! Poco direi.
Siamo tutti qui riuniti, occupatissimi a mangiare e nei ritagli di tempo a sondare la profondità di un povero pozzo.
Nel frattempo abbiamo sceso lo sfondamento in galleria e un P 30.
Digestione lenta. Abbiocco.
Una corda comincia a uscire da un sacco e si prende Stefano.
Ignaro comincia ad armare, o meglio si butta giù piantando uno spit da neuro.
Sveglia tutti con un libera.
Và Gianni. Al mio atterraggio non trovo nessuno. Tardo cinque minuti, disperato per aver perso un pezzo di bombola, gentilmente concessa da una signorina (la bombola).
Si profilano due ombre che iniziano a farfugliare cose insensate: breve corsa in meandro e… Toh. Chi si rivede!
Dall’altra parte di un pozzo penzola una cordina parecchio familiare e con lei il ricordo del 26 Dicembre scorso.
Paleri: siamo in Paleri.
Usciamo da quest’ultimo arrampicando qualche pozzo, come in ogni giunzione che si rispetti.
Chissà?!… Dove?!
Sono state le domande di quel 26 Dicembre davanti a quel meandro in Paleri.
Due giunzioni, un dislivello di —964 metri, 3000 metri topografati, essere entrati nel cuore di una montagna.
Tutto questo potrebbe essere una risposta sufficiente.
Probabilmente lo è. Ma oggi di fronte a questa realtà mi domando ancora:
Chissà?!… Dove?!… e se…

Enrico Chiomento

OSSERVAZIONI PRELIMINARI A CARATTERE GEOLOGICO E MORFOLOGICO

L’Abisso Pinelli o, per meglio dire, l’ingresso alto del Complesso Pinelli-Pianone-Paleri, si apre sul versante marino del M. Tambura nelle Alpi Apuane settentrionali in prossimità della cosiddetta Finestra Vandelli, pochi metri sotto la cresta Sud-Est seguendola verso valle.

Valentina Malcapi (G.S.F.)

Enrico Di Cola Roberto Gargamelli – Catena musicale… No grazie!

Roma, sciopero della fame (25 sett. - 2 ott. 1969) — con Giorgio Spanò, Pietro Valpreda, Fefè, Leonardo Claps e Roberto Gargamelli

Roma, sciopero della fame (25 sett. – 2 ott. 1969): in basso da sx Giorgio Spanò, Enrico Di Cola, Pietro Valpreda, Leonardo Claps e Roberto Gargamelli – in alto da sx Fefè

Fino ad ora ci eravamo astenuti dall’intervenire pubblicamente sulla questione della catena musicale che si terrà a Milano in memoria di Pino Pinelli.
Non perché non avessimo le idee ben chiare sull’ambiguità di questa iniziativa, ma semplicemente per il grande rispetto che abbiamo sempre provato per Licia, per il suo dolore per la morte, anzi per l’omicidio è bene non dimenticarlo mai, del marito, il nostro compagno Pino Pinelli. Abbiamo chiesto un incontro fra i compagni del Ponte, la famiglia Pinelli e noi, per chiarire in modo pacato, cercando di smorzare i toni violentemente polemici e denigratori che questo scontro ha assunto, ma Silvia, probabilmente d’accordo con Claudia, pur accettandolo con noi escludevano il Ponte, rifiutando – di fatto – tale incontro. Non ci rimane che spiegarlo qui e quindi farlo pubblicamente, soprattutto dopo che il Fatto Quotidiano del 13/08 ha già sparato a zero contro i compagni del Ponte!
Scegliere tra un’iniziativa degli anarchici del Ponte della Ghisolfa o quella dei familiari di Pinelli è per noi semplice: pur nel rispetto delle scelte della famiglia Pinelli, noi siamo anarchici e non possiamo che preferire lo stare al fianco di chi conduce da sempre le stesse nostre battaglie, chi da sempre ha ricordato che i nomi di Pinelli e Valpreda non sono separabili, che non è possibile parlare dell’uno senza ricordare l’altro altrimenti si modifica la storia e la memoria sulla Strage di Stato.
Se questa scelta di campo, prettamente politica, non bastasse diciamo con estrema chiarezza – come è nostro costume – che noi non potremmo mai partecipare ad iniziative in cui troveremmo al nostro fianco, per fare solo due nomi, personaggi discutibili come il regista Giordana e l’avvocato Sinicato. Ambedue portavoce di una “pacificazione” tra carnefici e vittime, nonché sostenitori della nuova vulgata di Revisionismo storico che dal 2009 a oggi sta sempre più prendendo piede. Non a caso il film di Giordana utilizza alcune delle porcherie di Paolo Cucchiarelli (quello delle doppie bombe, delle bombe anarchiche per intenderci) deformando la figura di Pinelli e diffamando Valpreda e il gruppo 22 marzo, e l’avv. Sinicato che è stato il difensore di Cucchiarelli nel procedimento intentato da Roberto Gargamelli per diffamazione contro il Cucchiarelli stesso, nonché colui che ha portato i vaneggiamenti dell’esimio “giornalista” alla magistratura per chiedere una riapertura del procedimento per la strage di Piazza Fontana sulle basi delle falsità contenute in quel libello. Come è andato a finire questo folle tentativo lo sappiamo tutti: con l’ennesimo nulla di fatto!
Sappiamo che in varie occasioni pubbliche le sorelle Pinelli hanno voluto ricordare la “diffidenza” di Pino verso Pietro Valpreda. Abbiamo taciuto per 50 anni e quindi vorremmo dire qualche cosa su questo punto. Se questa storia poteva avere un senso 50 anni fa, il ripeterla ancora oggi non è assolutamente accettabile né scusabile.
Come abbiamo più volte scritto erano nate delle “voci” su Valpreda come uno che “parlava troppo” con la polizia. Si tratta di alcune frasi estrapolate dal verbale di Paolo Braschi, che Pinelli (l’1-12-1969) inviò per conoscenza sia alla FAI di Roma (Aldo Rossi) sia ai GIA (Pio Turroni). In queste due lettere spedite lo stesso giorno Pino dopo aver citato le frasi “incriminate” aggiunge: “la settimana prossima vado a Roma per parlare con Pietro Valpreda per vedere cosa intende fare il giorno del processo”. Sappiamo che pochi giorni dopo il 16 dicembre questa “inchiesta interna” su Valpreda – aperta dai compagni di crocenera – venne completamente cassata. Come ci ha detto Enrico Maltini, che succedette a Pinelli come responsabile di crocenera, ci vollero solo pochi giorni per fare chiarezza su quanto era successo e risultarono del tutto infondate le voci su Valpreda. Va anche detto che Pino in queste lettere si preoccupa solamente di “cosa intenda fare Pietro il giorno del processo”, ma non parla di spie e tanto meno mette in dubbio l’identità anarchica di Valpreda.
Per questo fin da subito si hanno due posizioni contrastanti tra gli anarchici milanesi (che conoscono bene Valpreda) e quelli romani.
A Roma i compagni a noi più vicini, quelli che più ci conoscevano diedero una lettura completamente diversa di quella lettera. La FAI/FAGI di Roma e del Lazio e Umanità Nova, non solo presero le distanze da Valpreda ma estesero tale condanna a tutto il gruppo 22 marzo, accusato di essere un gruppo di fascisti e provocatori!
Dimenticando, tra l’altro, sia il nostro impegno nelle lotte che nel sociale, sia il fatto che gli infiltrati, il fascista Merlino e la spia della Questura Andrea alias Salvatore Ippolito, frequentavano già da prima di noi il Bakunin (della FAI) di via Baccina, dove li conoscemmo ed “ereditammo”.
Questa loro presa di posizione fatta “a caldo” ebbe conseguenze disastrose per noi perché la polizia e la magistratura – Cudillo e Occorsio le citeranno più volte sia nella requisitoria che nel rinvio a giudizio – ne approfittarono per isolarci ulteriormente in quanto non eravamo veri anarchici ma semplici criminali (non a caso fummo incriminati e condannati per associazione a delinquere) sia perché questa loro posizione si sparse all’interno del movimento anarchico provocando la costruzione di ulteriori e duraturi muri di diffidenza verso di noi.
Totalmente diversa fu invece la posizione degli anarchici milanesi che fin da subito emisero due circolari interne per condannare la posizione assunta da Umanità Nova e presero le difese di Valpreda.
Ancora oggi non sappiamo perché Pinelli decise di scrivere quelle due lettere proprio in quel momento e non lo sapremo mai probabilmente. Pino aveva tutti gli elementi per scagionare Valpreda da ogni sospetto fin dal mese precedente ma non lo fece. Come il compagno Enrico Di Cola – che ne fu testimone – ricorda (e scrive) vi furono due incontri di chiarificazione tra Pinelli e Valpreda. Il primo avvenne a Milano quando dopo conclusione dello sciopero della fame a Roma ai primi di ottobre Valpreda, Claps, Gargamelli e Di Cola si recarono a Milano per solidarizzare con il compagno Michele Comiolo che continuava il suo sciopero della fame davanti alla Camera del Lavoro
Per evitare ogni futuro fraintendimento, dopo averne discusso con Pino, Valpreda accettò di nominare suo avvocato uno dello studio che si occupava anche di Braschi. Questo serviva per verificare “in tempo reale” i verbali di Pietro. Quindi con questo doveva essere chiarito il “cosa Valpreda intendesse fare il giorno del processo”. La sera Di Cola, Gargamelli, Valpreda e qualche altro compagno si recarono al Ponte dove vennero accolti calorosamente.
Il secondo incontro – sempre alla presenza di Enrico Di Cola – avvenne il 2 novembre ad Empoli durante la riunione dei GIA (si, perché Pinelli aderiva a questa federazione, quella che era considerata degli anti-organizzatori). Del gruppo romano oltre Valpreda e Di Cola era presente anche Emilio Bagnoli. Racconta Di Cola: “Dopo il pranzo ci appartammo io, Pietro e Pino per discutere nuovamente delle voci che correvano su Pietro. Io riferii dell’incontro che avevamo avuto recentemente con il giovane compagno milanese Aniello D’Errico il quale aveva confessato tra le lacrime di essere stato lui a firmare un verbale in cui si mettevano in bocca a Valpreda cose da lui non dette poi “rilanciate” nel verbale di Braschi – e questo chiariva il resto dei dubbi che potevano esserci! Prendemmo accordi sull’invio del bollettino di crocenera e di mantenere stretti rapporti di collaborazione tra i nostri gruppi.
Un ultimo appunto: Pino Pinelli non era un santo né tanto meno oggi può diventare un santino. Gli anarchici sono pacifisti, ma questo non significa che respingano la violenza come mezzo necessario di difesa. Così come tutti gli anarchici sono sovversivi e solidali…o non sono anarchici! Così come la crocenera non era un ente di beneficienza.
Detto questo non possiamo che condividere pienamente – e fare nostre – le posizioni espresse pubblicamente dal Circolo del Ponte della Ghisolfa.

Enrico Di Cola (ex circolo 22 marzo)
Roberto Gargamelli (ex circolo 22 marzo)