Per tutte, per ciascuna, per tutti per ciascuno

Venerdì 18 novembre alle 19, Presentazione del libro “Per tutte, per ciascuna, per tutti per ciascuno” di Filippo Kalomenìdis e del Collettivo Eutopia. Samira Sharfeddin (D.E.A. Edizioni) e l’attrice Alessandra Dell’Atti converseranno con l’autore. Filippo Kalomenìdis
1976, figlio e nipote di profughi, ha origini sarde, greche, georgiane e turche. Scrittore, militante politico, docente di scrittura, insegna al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma. Nel 2021 ha pubblicato La Direzione è Storta, Reportage Lirico sul Covid 19 e i virus del Potere (prefazione di Barbara Balzerani; edizioni Homo Scrivens), dove racconta la sua esperienza di volontario tra i malati di covid a Bologna, e nei campi profughi di Lesvos in Grecia. È stato sceneggiatore per il cinema (nel 2009, ha scritto il film Io sono con te per la regia di Guido Chiesa) e autore di serie televisive (tra le altre, Il Tredicesimo Apostolo nel 2012, Romanzo Siciliano nel 2016 e Il grande gioco, di prossima uscita su Sky Italia). Nel 2004 ha vinto il Premio Franco Solinas.
Eutopia Fondata nel 2020 da Filippo Kalomenìdis: è un collettivo artistico e politico, impegnato nella lotta contro il capitalismo, la disumanizzazione del nostro tempo, e la guerra dell’unione europea ai migranti; schierato col popolo palestinese e coi popoli oppressi; e dedito alla creazione di gruppi creativi che realizzano opere letterarie e teatrali.
Samira
Samira Sharfeddin
Dal 1969 al 2021, 52 anni, 50 storie di donne e uomini in rivolta, condannati a morte e alla morte oltre la morte. In Per tutte, per ciascuna, per tutti, per ciascuno, incontrerete diversi modi di sovvertire il presente e non essere governati nell’Italia e nel mondo che abbiamo conosciuto per cinque decenni che ora – con la definitiva instaurazione dell’individualismo apocalittico – non c’è più.
Si parte dal 1969, dopo la strage di Piazza Fontana, con la tortura e l’uccisione di Pino Pinelli che rappresentano la volontà dei poteri dominanti di dimostrare apertamente, a viso nudo, che non esiste spazio vitale per chi non intende conformarsi. Da 52 anni, l’Italia è in dichiarato, violento conflitto con gli ultimi, gli scarti, gli inadatti, i divergenti, contro chi vuole sconfinare, essere semplicemente ciò che è e non chi gli viene ordinato di essere. I 50 canti poetici di Filippo Kalomenìdis e del
Collettivo Eutopia lottano contro la distruttiva e assassina dinamica capitalista che ci porta oggi alla fine dell’idea di comunità, alla disumanizzazione post pandemica e bellica. Innalzano il nome, le opere, la bellezza, le lotte e la capacità d’amare di 50 donne e uomini che la contemporanea Damnatio
memoriae cerca di cancellare. «Facciamo nostra quella loro rara capacità d’amare e troveremo nuove strade imprevedibili»

Almirante e il razzismo.

Riproponiamo uno scritto di G. Almirante  sulla rivista razzista “La difesa della razza”, pubblicata durante il ventennio fascista. Da non dimenticare, perchè la storia non si ripeta.

Il razzismo e’ il piu’ vasto e coraggioso riconoscimento di se’ che l’Italia abbia mai tentato. Chi teme, ancor oggi, che si tratti di un’imitazione straniera (e i giovani non mancano, nelle file di questi timorosi) non si accorge di ragionare per assurdo: poiche’ e’ veramente assurdo sospettare che un movimento inteso a dare agli italiani una coscienza di razza – cioe’ qualche cosa come un nazionalismo potenziato del cinquecento per cento – possa condurre ad un asservimento ad ideologie straniere. Si e’ parlato di razzismo spirituale.

Attenzione. Chi parla cosi’ ha tutta l’aria di voler rientrare nelle ingloriose file di coloro che, sotto la minaccia delle sanzioni, esaltavano l’imperialismo dello spirito, o, colti dal terrore del manganello, si professavano spiritualmente fascisti.

E’ meglio parlare di razzismo integrale, nel quale, come in ogni creazione di Mussolini, teoria e pratica si armonizzano in una chiara e realistica visione dell’umanita’. Si parte dal fatto biologico fondamentale – esistenza della razza italiana – e si giunge al gigantesco fatto politico: esistenza e potenziamento dell’Impero italiano. Ecco un circolo, ma non vizioso; e in esso rientra, come necessario tramite tra scienza e politica, la cultura, la nostra cultura.

Ed e’ ora assolutamente necessario, piu’ che mai necessario, il sorgere di una nostra scuola. Abbiamo udito, in questi giorni, in seguito alla totale eliminazione degli ebrei dalle scuole italiane, qualche timido lamento. L’operazione chirurgica e’ stata pronta e spietata; e qualche animuccia debole se n’e’ spaurita. “Vita Universitaria” – per esempio – organo ufficiale dell’Universita’ di Roma – si affretta a riconoscere “che oggi non sara’ facile coprire tutte le cattedre con elementi scientificamente ben preparati; e forse, in alcune materie, non sara’ possibile per alcuni anni”; e si preoccupa degli ” immediati e passeggeri (bonta’ sua!) danni” che l’esclusione dei giudei dalle Universita’ italiane potra’ arrecare.

A parte la discutibilissima inopportunita’ di simili affermazioni, oggi che tanto si parla di un necessario prestigio di razza; vorremmo sapere quale ne sia la fondatezza. Due, infatti, sono i casi. O la questione razziale, in Italia, vien concepita come un semplice avvicendarsi di posti e di cariche; e allora pur deplorando nell modo piu’ vivo chi cosi’ la concepisce – siamo disposti a concepire le ansie indicibili di quei poveri Rettori che di punto in bianco son costretti a sostituire 98 (diconsi novantotto) chiarissimi titolari di altrettante cattedre. O si capisce, e pre un Rettore non dovrebbe esser troppo lo sforzo, che l’impostazione del problema razzista implica il totale risanamento della Nazione dai germi che tentavano corromperla, e allora non ci si dovrebbe avvilire, come italiani, come fascisti e come professori, a chiamar danno – sia pure “passeggero” – quella che e’ una salutare, una benedetta liberazione. Supponiamo, per assurdo, il peggiore dei casi.

Supponiamo che non solo quei 98 non siano – come fa supporre “Vita universitaria” e come ci rifiutiamo di credere – degnamente sostituibili; ma che non siano sostituibili affatto.

Supponiamo che, per dannata ipotesi, non un assistente, non un incaricato, non un libero docente sia in grado di salire su una di quelle 98 cattedre. Ebbene? Avra’ perduto qualcosa per questo, la nostra cultura? No; perche’ quei 98 professori erano ebrei, quindi non erano italiani, quindi non appartenevano che in apparenza, ai puri e semplici effetti amministrativi, alla scuola italiana. Erano un corpo gia’ avulso da quello della nostra vita culturale; adesso tale separazione e’ stata sanzionata dalla legge. Ed e’ divenuto legalmente necessario colmare dei vuoti che culturalmente e politicamente gli interessati avrebbero dovuto provvedere a colmare gia’ da un pezzo.

 

Siamo dunque all’alba di una nuova scuola italiana. Sara’, finalmente, la nostra scuola? Le condizioni necessarie ci sono; Perche’ intervengano anche le sufficienti, e la gran macchina si metta in moto, occorre che, per quel che concerne i nuovi insegnamenti e i nuovi insegnanti nelle Universita’ italiane, non si proceda con la tecnica dell’intarsio, inserendo il nuovo nel vecchio, , in modo da creare, con nomi nuovi, una situazione in tutto simile alla precedente. E’ un grande, un arioso affresco murale, quello che dobbiamo dipingere; e raschiata a dovere la parete da tutti i residui del passato, bisogna su di essa far sorgere, far vivere , l’armonia mirabile di una scuola italiana, in tutta l’altezza del termine.

Il Ministro dell’Educazione ha annunciato l’istituzione di cattedre di razzismo in tutte le facolta’ universitarie. Il provvedimento e’ salutare.

Ma non puo’ essere che un primo provvedimento. In quel modo, infatti, gli studenti in Lettere, i futuri professori – quelli da cui, in fin dei conti, dipende l’avvenire, della scuola italiana – potranno penetrare i principi razzisti, e farsene gli assertori; se si continuera’ a insegnar loro la storia letteraria, la nostra storia letteraria, alla maniera di Croce; se dalle cattedre di storia si continuera’ a presentare l’Impero romano come un fenomeno europeo e il nostro risorgimento come un portato della Rivoluzione francese? Come potranno gli studenti di diritto intender la portata delle nuove leggi razziste se il problema della cittadinanza verra’ loro presentato alla maniera tradizionale (e non nostra)? Come potranno i futuri medici comprendere le basi scientifiche del razzismo, se i santoni della biologia nazionale non desisteranno dal predicar loro in nome di principi fondamentalmente antirazzisti?

Lo stesso discorso vale – naturalmente – per i libri di testo. A proposito dei quali occorre por mente a due gravissimi pericoli. Il primo e’ che gli autori ebrei cacciati dalla porta rientrino dalla finestra, attraverso un semplice mutamento di nomi sulle copertine; il che – tanto perche’ non ci si accusi di correre all’assalto dei mulini a vento – si e’ gia’ verificato ed e’ gia’ stato segnalato, sul “Tevere”.

Il secondo e’ che non si faccia, e sollecitamente, la necessaria pulizia anche fra i libri di autori ariani. Era in atto un processo di ebraizzazione della scuola italiana; e lo si e’ tempestivamente troncato. Troncato alla radice; ma alcune propaggini – quelle costituite dai cosiddetti ebraizzati – sono rimaste in vita e a vivere, e peggio, a generare, continueranno, se non si provvede in tempo. La scuola italiana non si fa con 98 nuove cattedre, ne’ con 998.

Si fa mettendo l’italianita’ alla base di ogni insegnamento.

TECNOLOGIA OCCIDENTALE NEI MISSILI RUSSI?

TECNOLOGIA OCCIDENTALE NEI MISSILI RUSSI?
Quelli che seguono sono brani estratti da testate specializzate e descrivono una situazione per qualcuno inaspettata: i sistemi d’arma russi sono equipaggiati con tecnologia microelettronica occidentale, prevalentemente statunitense. E’ questa tecnologia che fa sì che, ad esempio, un missile a lunga gittata raggiunga il suo bersaglio con precisione. La Russia non è in grado di produrre tali componenti e deve ( ha dovuto ) procurarseli all’estero con operazioni di spionaggio industriale e militare in quanto l’accesso certi mercati è precluso allo stato russo. Sarebbero state utilizzate delle triangolazioni, con aziende non russe ad acquistare i componenti per non rendere visibile il reale destinatario.
Gli articoli sono piuttosto interessanti; rimane però una perplessità: è possibile che un’operazione di proporzioni molto vaste e che durerebbe da molto tempo non sia stata notata da nessuno e che solo le recenti analisi sul terreno ucraino abbiano portato alla luce la cosa?
Io risponderei di no….
“Si sapeva che lo spionaggio industriale e tecnologico (S&T) sovietico, e poi russo, non si fosse mai veramente fermato. Ma nessuno aveva immaginato quanto e fino a che punto.
I debiti alla tecnologia occidentale e americana sono immensi. È quanto mostra uno studio del Royal United Services Institute for Defence and Security, Silicone Lifeline (2022). Lo studio del RUSI, tra i cui autori ci sono James Byrne (direttore dell’Open-Source Intelligence and Analysis) e dr Jack Watling (Senior Research Fellow), è stato condiviso dalla BBC, Bloomberg e affiancato in esclusiva dalla Reuters. Il Team RUSI ha scrutinato 27 sistemi d’arma differenti trovandoci almeno 450 diversi tipi di componenti di fabbricazione estera (non russa).
La maggioranza di questi componenti sono di origine americana e specificamente di due delle maggiori aziende del settore dei microcircuiti e microcomponenti per calcolatori di precisione (tra cui Texas Instruments, Analog Devices e Xilinx). Le aziende di cui i Russi si “servono” illecitamente per raggiungere le qualità e quantità richieste per produrre sistemi missilistici locali (poi rivenduti anche a potenze straniere) sono le migliori in termini assoluti del mercato dei microcircuiti. Almeno 55 sono le aziende europee di cui si è trovato traccia nei sistemi d’arma russi ispezionati, tra cui l’Olanda (SNXP Semicodunctors) e la Svizzera (con l’Italo-Francese STMicroelectronics) sono le principali seguite dalla Germania, Francia e Regno Unito. Sono stati trovati anche componenti provenienti da aziende asiatiche come Giappone, Taiwan, e Sud Corea. Cina e Singapore pure hanno un ruolo fondamentale nella produzione di tali tecnologie strategiche per i sistemi d’arma.
Lo studio evidenzia, infatti, la dimensione della dipendenza della tecnologia del settore da parte della Russia, che ancora non riesce a produrre microchip di pari qualità o, comunque, non in quantità sufficienti a garantire un prolungato sforzo bellico per quanto riguarda le munizioni ad alta precisione sia di missili da crociera di tipo Kalibr, Kh-101 e Iskander 9M727 (foto). Questo “mercato” del microcircuito occidentale di preferenza U.S. è legale? Naturalmente non lo è.”
( Difesa online )
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La sera del 29 luglio, i razzi russi hanno colpito la città di Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina, uccidendo cinque persone e ferendone altre sette. L’esercito ucraino afferma che la città è stata attaccata dal sistema di lanciarazzi multipli Tornado-S.
Le immagini delle conseguenze mostrano danni a numerosi edifici residenziali. Il modulo di controllo di uno di questi razzi da 300 mm è stato scoperto relativamente intatto nel mezzo di un parco giochi per bambini.
All’inizio di quest’anno, il personale della RUSI che ha condotto ricerche sul campo in Ucraina ha ispezionato un modulo di controllo recuperato dallo stesso sistema missilistico, che possiede un sofisticato sistema di guida satellitare a bordo per garantire che il razzo sia preciso fino a una distanza di 120 km. Un attento esame del sistema di guida satellitare ha rivelato che molti dei suoi microelettronici critici sono stati prodotti da società statunitensi.
Un esame di altri sistemi d’arma russi utilizzati in Ucraina ha rivelato che contengono grandi volumi di microelettronica di fabbricazione straniera.
Il personale e i partner della RUSI hanno ispezionato 27 sistemi d’arma russi e pezzi di equipaggiamento militare persi o esauriti dall’inizio dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022.
In collaborazione con Reuters, RUSI ha identificato almeno 450 componenti microelettronici unici all’interno di questi sistemi prodotti da società con sede negli Stati Uniti, in Europa e nell’Asia orientale.
La preponderanza di componenti di fabbricazione straniera all’interno di questi sistemi rivela che la macchina da guerra russa dipende fortemente dalle importazioni di sofisticata microelettronica per funzionare efficacemente.
Ciò nonostante gli sforzi persistenti del governo russo per sostituire le importazioni – in tutti gli aspetti della sua economia, compreso il settore militare – con materiali di produzione nazionale per resistere alle sanzioni internazionali.
Dei 450 componenti trovati dalla RUSI nei sistemi militari russi, 318 sembrano essere stati realizzati da società statunitensi. Nelle apparecchiature esaminate dal gruppo di ricerca erano presenti anche componenti provenienti da Giappone, Taiwan, Svizzera, Paesi Bassi, Germania, Cina, Corea del Sud, Regno Unito, Austria e altri.
L’analisi di RUSI di questi componenti microelettronici rivela che la stragrande maggioranza sembra essere stata progettata e prodotta da 57 aziende con sede negli Stati Uniti. Tuttavia, sembra che oltre 200 dei componenti siano stati prodotti solo da 10 di queste aziende.
Non si può escludere la possibilità che alcuni componenti recanti i loghi di noti marchi di microelettronica occidentali e asiatici siano contraffatti. Tuttavia, la ben documentata dipendenza storica della Russia dalla tecnologia occidentale e il ruolo fondamentale che alcuni dei componenti svolgono nell’efficace funzionamento dei sistemi in cui sono stati trovati, ha portato il team di ricerca a presumere che i componenti siano probabilmente autentici.
I prodotti con il logo del produttore di microelettronica Texas Instruments con sede a Dallas erano i più numerosi tra i componenti di fabbricazione statunitense recensiti dalla RUSI. In totale, 51 componenti unici di Texas Instruments sono apparsi nei sistemi e nelle apparecchiature militari russi esaminati dal team di ricerca.
Componenti apparentemente prodotti da Texas Instruments sono stati scoperti nell’UAV “kamikaze” KUB-BLA, un drone bersaglio E95M, un UAV Orlan-10 e una serie di apparecchi radiofonici utilizzati dall’esercito russo.
Tra i 450 componenti, circa il 18% è coperto dal regime statunitense di controllo delle esportazioni per la loro possibile applicazione nei sistemi militari.
Tali componenti controllati dall’esportazione hanno potenziali applicazioni militari e sono assegnati a un numero di classificazione del controllo delle esportazioni (ECCN). Gli articoli con un ECCN avrebbero richiesto una licenza del governo degli Stati Uniti per l’esportazione in Russia, anche prima dell’invasione della Crimea nel 2014.
Gli articoli che non erano considerati a duplice uso sarebbero rientrati in una classificazione EAR99, il che significa che non richiedevano una licenza per l’esportazione in Russia prima dell’invasione del 2022.
Tuttavia, agli esportatori sarebbe stato comunque richiesto di garantire che questi articoli non fossero dispiegati per usi finali militari. La presenza di un gran numero di articoli classificati EAR99 e di alcuni ECCN nell’equipaggiamento militare russo suggerisce che questi componenti siano stati acquistati da produttori di apparecchiature militari da distributori in Russia, che siano stati acquistati con certificati di utente finale falsi o che fossero deviato per applicazioni militari in un momento successivo.
Ma la Russia – e l’Unione Sovietica prima di essa – ha una lunga storia di acquisti illeciti di tecnologia occidentale per l’integrazione nei suoi sistemi militari, con operazioni che spesso coinvolgono i servizi di intelligence e di sicurezza russi.
I servizi di intelligence e sicurezza russi e sovietici sono impegnati da decenni in sforzi per acquisire sofisticate tecnologie occidentali. La linea X del KGB – parte della direzione T, che era responsabile della raccolta di informazioni scientifiche e tecniche dell’agenzia – è un esempio di questi sforzi. Operando dalle ambasciate dell’Unione Sovietica, centinaia di ufficiali della linea X avevano il compito specifico di acquisire la tecnologia occidentale, inclusa la microelettronica.
Con il supporto e i dati dell’Altana Atlas , la RUSI ha esaminato quasi un milione di casi di microelettronica e importazioni correlate alla microelettronica in Russia tra il 2017 e il 2022. In alcuni casi, sembra che componenti occidentali possano essere stati prodotti o trasbordati in paesi terzi .
I paesi identificati nei dati commerciali come esportatori di prodotti legati alla microelettronica includono Cina, Stati Uniti, Germania e Regno Unito.
La pratica del trasbordo di merci attraverso paesi terzi è una tattica comune utilizzata dagli agenti di appalto per offuscare il vero destinatario di merci sensibili e controllate.
Nel giugno 2022, il Tesoro degli Stati Uniti ha sanzionato tre persone e una società di Hong Kong denominata EMC Sud Limited per aver presumibilmente operato come parte di una rete di appalti segreti collegata all’FSB russo. Secondo quanto riferito, uno degli individui sanzionati stava acquistando di nascosto elettronica per la base industriale della difesa russa da Stati Uniti, Giappone ed Europa.
L’invasione russa dell’Ucraina non è andata secondo i piani e l’esercito del paese deve spendere grandi volumi delle sue armi e attrezzature per piccoli guadagni. Considerando la preponderanza di componenti fabbricati in Occidente e in Asia orientale in questi sistemi, la Russia non ha una chiara alternativa per la produzione interna di componenti analoghi, né la sostituzione delle importazioni sarebbe sufficiente a compensare i volumi necessari per sostituire quelli spesi o persi in Ucraina .
Di conseguenza, il paese potrebbe dover progettare o produrre sostituti meno capaci o impegnarsi in attività di elusione delle sanzioni per acquisire i componenti necessari. Capire come la Russia elude le sanzioni per importare tecnologia critica offre l’opportunità di uno sforzo multinazionale per ridurre la sostituzione degli strumenti russi di aggressione militare.
( Royal United Services Institute )