A proposito di femminismo, vi consigliamo la lettura di questa storia: fa capire quanto ci sia ancora da fare.
Ebbene sì, la tolleranza verso l’ideologia TERF (acronimo di trans exclusionary radical feminist) non è ancora finita o almeno messa in dubbio dalle realtà italiane più importanti e visibili, è addirittura considerata legittima nonostante invalidi le voci e le vite delle persone trans. Succede che, il 29 Febbraio, il Circolo Ricreativo Ohibò dell’ARCI provinciale di Milano ospiterà la docente universitaria femminista Sheila Jeffreys, la quale ha dichiarato nel 2018 davanti al parlamento inglese che le donne transessuali sono “parassiti” e che è stata accusata dalla comunità indigena australiana di lanciare accuse razziste contro la comunità transgender, poiché “essere trans è come un blackface”.
Noi di Sono l’unica mia. (SLUM) pensiamo che non debbano essere concesse piattaforme a persone che usano linguaggi violenti ed escludenti e a chi viola i diritti umani, così abbiamo lanciato un mailbombing che è partito oggi, 10 febbraio – potete trovare il testo per il mailbombing qui – allegando al post diversi link che testimoniano chiaramente la veridicità di tali informazioni e accuse.
Fatto sta che ARCI ha risposto con il nome di Maso Notarianni, conosciuto, tra i molti motivi, per essere tra i fondatori di Mediterranea Saving-Humans, presidente dal novembre 2019 dell’ARCI Milano e dal 2018 componente del Consiglio Nazionale ARCI. Una risposta uguale per tutt*, di default.
“Caro/a X,
Perché sarebbe sbagliato discutere partendo da posizioni diverse su un tema così importante?
La studiosa Jeffreys* è una studiosa, femminista, lesbica, con delle sue opinioni con cui credo valga la pena di confrontarsi.
L’Arci è fatta anche di discussioni difficili, per fortuna.
Il Presidente di Arci Milano,
Maso Notarianni”
*allegate all’asterisco delle brevi note in inglese che riassumono la biografia di Jeffreys senza citarne il linguaggio terfico e violento
Il nostro compagno attivista Nicholas Vitiello, da anni attivista in particolare con le realtà Il Grande Colibrì e a Gruppo Trans, ha deciso di replicare con un’email che spiega, per filo e per segno, esattamente perché non dovremmo “confrontarci” con una persona che predica odio in un evento che vuol chiamarsi “Voci femministe – Voci transfemministe”, una contraddizione in termini.
Non faccio attivismo da anni insieme ad Il Grande Colibrì e a Gruppo Trans, due realtà che sono per me la mia famiglia, per poi sentirmi dire che devo stare zitto e accettare un contraddittorio alla mia vita.
La mail di Vitiello
“Carissim* Maso e collegh*,
Non vi ho scritto per mettere in discussione il curriculum lavorativo della professoressa Jeffreys – lungi da me criticare le competenze professionali altrui. Vi scrivo in quanto identità trans*, quella stessa identità che la Jeffreys in più di un’occasione ha preteso di sovradeterminare con le sue opinioni. Vi ricordo infatti che la suddetta, rendendosi in quel momento portavoce di tutto il movimento TERF, ha definito le donne trans «uomini omosessuali che non si sentono in grado di convivere con la propria omossessualità nel corpo di un uomo» o «uomini eterosessuali con interesse sessuale nell’indossare vestiti femminili e apparire femminili» e che secondo tale visione gli uomini trans, come il sottoscritto, sarebbero «traditrici del femminismo» poichè ci siamo, presumibilmente, fatti convincere ad abbandonare la causa per convertirci al patriarcato e usufruire dei privilegi maschili – e questa è una frase che mi sono sentito dire in faccia sul serio da una TERF, nonostante non siano parole esatte della professoressa Jeffreys.
Non ho tradito il femminismo quando ho iniziato a transizionare, non ho tradito nessuno. Se proprio, è stato il femminismo radicale trans-escludente a tradire me.
Sul vostro evento avete scritto che il ciclo di conferenze è «dedicato ad approfondire i temi del femminismo radicale e del transfemminismo con l’obiettivo di offrire, a chi non è interno a questi movimenti, la possibilità di conoscere meglio i punti del dibattito in corso. […] “Studi senza frontiere” vuole proporsi come luogo in cui diverse posizioni possano trovare spazio, affinché ognuno possa avere gli elementi necessari per una riflessione autonoma e consapevole».
Avete detto che ritenete le istanze trans un tema importante: benissimo!
Allora vi faccio io una domanda: perchè avete volutamente deciso di non interloquire con una persona trans* per parlare di questioni trans*? Perchè scegliere una persona apertamente transfobica, transescludente e violenta?
Noi comunità trans* siamo perfettamente in grado di parlare per noi, senza bisogno di interpreti, di preti, di medici e soprattutto di contraddittori: quindi perchè vi ostinate nel non volerci dare spazio quando lo chiediamo a gran voce?
La libertà di parola finisce nel momento in cui viene lesa l’identità altrui: in quel momento diventa abuso. Non è una questione di “discussioni difficili”. Non posso esistere discussioni con le persone violente, non esistono discussioni con i fascisti. E le opionioni dei violenti e dei fascisti non vanno “prese in considerazione”. Non è possibile contemplare un dialogo basato sul fatto che una delle due parti, quella minoritaria, quella che subisce quotidianamente soprusi e violenze e abusi, debba ritrovarsi a giustificare e legittimare la propria esistenza. Noi identità trans* esistiamo, punto.
In quanto soggettività trans* non ho intenzione di accettare un contraddittorio alla mia vita e alla mia esistenza. In quanto attivista femminista intersezionale non posso tollerare un comportamento tale nei confronti della mia identità, dell’identità delle mie sorelle trans*, dell’identità delle persone non binarie e di genere non conforme, per cui ripeto: DARE UN PULPITO A CHI SEMINA ODIO È UN ERRORE.
Viviamo in una società che è già sufficientemente complicata e pericolosa – nel caso non vi foste informati sugli sviluppi recenti, la comunità trans* sta affrontanto tantissime difficoltà legali, in quanto ci troviamo ostaggi della legge 164 del 1982, che prevedeva la sterilizzazione obbligatoria dell’individuo, fino a che nel 2015 grazie alla Corte Costituzionale e alla Corte di Cassazione siamo riusciti a far decadere l’obbligatorietà in quanto lesiva dei diritti e dell’integità della persona, che prevede lo scioglimento automatico del matrimonio, che prevede un iter legale lungo, costoso e umiliante per potersi veder rettificati i propri documenti. Siamo vittima di un Sistema Sanitario Nazionale che si deresponsabilizza, rimbalzando la nostra presa in carico a centri di comunità convenzionati esterni al SSN (e ne esistono una dozzina scarsa in tutta Italia di centri simili), nonchè di protocolli medici obsoleti, umilianti, deumanizzanti, che costringono la persona a sottoporsi al giudizio di uno psicoterapeuta che deve valutare, sulla base di criteri insensati e sterotipati, che la persona che ha davanti sia “abbastanza trans”. L’Agenzia Italiana del Farmaco non ci ha mai considerati in quanto persone trans* all’interno dei sistemi di accesso ai farmaci, costringendoci a dover usufruire di Piani Terapeutici contenti diagnosi false o inesistenti per poter ottenere farmaci a base di ormoni dei quali abbiamo bisogno, e quando nel corso di questo ultimo anno e mezzo i suddetti farmaci sono a più riprese usciti dalla produzione, non ci ha offerto alcuna tutela, nessun piano B alternativo. Non abbiamo tutele sui luoghi di lavoro e nelle scuole – per fare un esempio, recentemente la poetessa trans Giovanna Cristina Vivinetto è stata licenziata dal suo ruolo di docente in una scuola superiore romana, e in moltissimi Atenei Universitari d’Italia manca la Carriera Alias che tutela i dati sensibili degli studenti e delle studentesse trans*. Le atlete trans* vengono sistematicamente escluse dalle competizioni sportive, sulla base di un ipotetico “vantaggio biologico” dato dai loro corpi trans* e non conformi, anche quanto tutti i loro valori ai controlli medici sono perfettamente nella norma dei requisiti richiesti dalle federazioni sportive.
Detto ciò, vi invito nuovamente a pensare alla scelta di interlocuzione che avete fatto. Vi invito, se avete intenzione di parlare di temi trans* di farlo con le persone trans*.
Se volete informarvi di più, vi consiglio inoltre di dare una lettura al dossier che ho redatto in collaborazione ad altre associazioni riguardo le istanze della comunità trans* nei riguradi delle problematiche che affrontiamo – le istanze VERE, non quelle decise per noi dalle persone cis – che puoi trovare a questo link. Prenditi pure la libertà di inoltrare questo link anche ad altre realtà milanesi interessate a creare un dialogo con la comunità trans*, invece che SULLA comunità trans*.
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Sperando in una Vostra risposta soddisfacente ed in una riflessione sulla scelta delle soggettività con le quali interloquire,
Vi saluto cordialmente,
Nicholas Vitiello”
SLUM, progetto eterogeneo e meticcio che cammina sulle gambe di chi lo popola, supporta le persone trans nel loro cammino contro la transfobia e la transmisoginia, perché, come probabilmente anche il presidente ARCI Milano condividerà, non esistono “persone di serie A e persone di serie B”.
SONO L’UNICA MIA. (SLUM)
Fonte
Il mailbombing ha avuto successo!
Vedere qui sotto la risposta dell’Arci Ohibò