Bitcoin, monete virtuali, cripto-monete, monete complementari. Molti, anche in Italia, ne hanno sentito parlare, pochi sanno cosa è.
La moneta che conosciamo fino agli anni 70 ha avuto un valore intrinseco: al valore monetario in circolazione corrispondeva una determinata quantità di oro, parte del quale realmente custodito dagli stati.
Nixon nel 71 mise fine alla convertibilità del dollaro in oro, principalmente perchè le spese della guerra in vietnam avevano richiesto la stampa di grandi quantità di dollari. Di fronte al continuo indebitamento molte furono le richieste di conversione in oro che intaccarono fortemente le riserve auree USA.
La fine della convertibilità mise al sicuro le riserve, rilanciò l’economia statunitense e diede il via alla fluttuazione del cambio del dollaro sul mercato finanziario. Dopo pochi mesi i G10 si allinearono alla decisione di Nixon.
La moneta così è andata sempre più smaterializzandosi. Oggi non è più una merce o un bene. Non esiste più un’unità di misura del valore della moneta, come il metro per la lunghezza o il chilogrammo per il peso. L’unica garanzia del valore monetario è lo stato.
Ci si pone allora la domanda: una moneta, libera da vincoli istituzionali e liberamente riproducibile in modo autonomo, è in grado di portare l’attacco al cuore del potere oligarchico della grande finanza? In altre parole, può diventare una moneta del comune?
Ne parliamo giovedì 31 marzo alle 21:00 al circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa con Andrea Fumagalli, economista professore di Economia Politica presso l’Università di Pavia, coautore insieme a Emanuele Braga di “La moneta del comune”
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