Gli Stati Uniti manderanno armi in Ucraina, ma ci sono due problemi

La decisione presa dall’amministrazione Trump ha fatto arrabbiare la Russia e preoccupare chi teme che le armi finiscano ai nemici.

( L’articolo è del 2018 e si riferisce alla prima amministrazione Trump, ma fa comunque venire qualche dubbio sul metodo che vorrebbe usare oggi per arrivare, se non alla pace, almeno ad un armistizio )

Lo scorso dicembre l’amministrazione statunitense di Donald Trump ha approvato un piano per inviare armi all’Ucraina, una decisione che l’ex presidente Barack Obama si era sempre rifiutato di prendere. Le nuove armi, tra cui figurano anche i missili anticarro Javelin, serviranno all’esercito ucraino impegnato nella guerra contro i separatisti filo-russi per mantenere la propria posizione ed evitare ulteriori avanzamenti dei nemici. La decisione presa dall’amministrazione Trump ha fatto emergere però due problemi: l’arrabbiatura del governo russo, con il quale Trump spera di collaborare su diverse questioni internazionali, e il timore che le armi finiscano in mani sbagliate, come è già successo in passato in situazioni simili.

Per quanto riguarda il primo problema, la tensione tra Stati Uniti e Russia in Ucraina orientale è molto alta dall’inizio della guerra, nel 2013. Di recente gli americani e altri paesi loro alleati si erano mostrati ottimisti quando il presidente russo Vladimir Putin aveva proposto di mandare nella zona contesa dei peacekeeper, che avrebbero potuto contribuire a ridurre la tensione. Le due parti però avevano cominciato a discutere sui tempi e i modi di impiego di questi soldati: la Russia voleva che si posizionassero solo lungo la linea di confine tra Ucraina e Repubbliche separatiste, mentre gli Stati Uniti e il governo ucraino che fossero impiegati in tutto il territorio controllato dai ribelli, fino al confine con la Russia.

A dicembre Associated Press ha scritto che la decisione dell’amministrazione Trump di mandare armi all’Ucraina è stata in qualche modo misurata: Trump ha sì approvato la vendita di un tipo di armi che Obama non aveva voluto considerare, ma allo stesso tempo non ha risposto a tutte le richieste che da anni fa il governo ucraino agli Stati Uniti. La scelta di Trump potrebbe quindi anche essere interpretata come un tentativo degli Stati Uniti di guadagnare del vantaggio nei negoziati sui peacekeeper e su altre questioni ancora in sospeso, senza però far saltare il tavolo del dialogo con i russi.

Per quanto riguarda il secondo problema – cioè il rischio che le armi finiscano ai nemici degli Stati Uniti – i funzionari americani sentiti dal Wall Street Journal hanno detto che l’amministrazione ha calcolato i rischi e ha già pensato alle precauzioni da prendere. Alcune delle armi che verranno mandate in Ucraina, come i missili anticarro Javelin, saranno impiegate lontano dal fronte di battaglia, di modo che non ci sia il rischio che vengano conquistate dal nemico in caso di suoi avanzamenti territoriali: saranno tenute nei centri di addestramento e controllate periodicamente dai soldati americani. Le preoccupazioni su questo tema, ha scritto il Wall Street Journal, sono legittime. Nel 2014 gli Stati Uniti inviarono dei sistemi radar a corto raggio all’Ucraina. Durante una battaglia nella città orientale di Debaltseve, i soldati ucraini furono costretti a scappare per un attacco dei ribelli e a lasciare indietro uno di questi sistemi, che fu preso e poi studiato dai loro nemici. Gli Stati Uniti vorrebbe evitare che si ripetano in futuro episodi del genere.

Quando ha approvato il piano sulle armi da mandare in Ucraina, il governo statunitense era a conoscenza dei problemi e delle critiche che una tale decisione avrebbe potuto comportare. Samuel Charap, analista politico del think tank statunitense Rand Corporation, ha spiegato al Washington Post che, a differenza di altre decisioni prese da Trump, quella sulle armi in Ucraina è stata poco pubblicizzata e poco dettagliata. L’amministrazione non ha cercato di celebrarla come un cambiamento rispetto alla precedente politica estera di Obama, nonostante di fatto lo sia. Da anni nella politica americana è infatti forte la preoccupazione che eventuali armi inviate ai propri alleati finiscano nelle mani dei loro nemici, e dei nemici degli americani. Questo è il motivo per cui Obama si era rifiutato di mandare un certo tipo di armi ai ribelli siriani: per evitare che venissero usate dallo Stato Islamico o da altri gruppi estremisti.

Fonte

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YURII COLOMBO
Giornalista e ricercatore esperto di Russia ed ex Urss, vive a Mosca da anni. È stato corrispondente del «manifesto» in Russia e attualmente collabora con la Radiotelevisione Svizzera. Tra i suoi ultimi titoli ricordiamo
Urss, un’ambigua utopia (Massari, 2021) e Lo scudo
e la spada. I servizi segreti dal Kgb a Putin (OGzero, 2021).
Per Castelvecchi ha pubblicato
Svoboda. Ucraina fra Nato e Russia dall’indipendenza a oggi (nuova edizione, 2022)