Londra e Milano in piazza contro la repressione dei climattivisti

 

Da il manifesto
Londra e Milano in piazza contro la repressione dei climattivisti
Alex Foti

A Londra e a Milano si sono tenuti ieri presidi di protesta contro le sentenze persecutorie avvenute a Londra contro Roger Hallam e altri attivisti di Just Stop Oil ed Extinction Rebellion, portando a 21 il numero di persone attualmente in prigione, fra cui anche Phoebe Plummer, una delle due giovani donne il cui gesto di «defacement» (sfregio ndr) simbolico del Van Gogh aveva fatto il giro del mondo, portando la questione climatica all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale.

A Londra centinaia di persone si sono ritrovate a mezzogiorno di fronte a Westminster, presso la statua di Gandhi, a sottolineare il fatto che tutti gli attivisti reclusi sono non-violenti. Nel processo a Roger Hallam, il giudice non ha concesso alla difesa di far testimoniare gli scienziati climatici di fronte alla giuria. L’intento era di dimostrare che un blocco autostradale o azioni simili sono giustificate dalla gravità dell’emergenza in corso, con massimi storici delle temperature mai registrati prima e il balzo sconvolgente di 10 gradi nella temperatura media dell’Antartide.

Un cartello diceva «You can’t lock out the truth», non si può imprigionare la verità, ma è quello che la giustizia inglese ha deciso di fare a Roger, fondatore di Extinction Rebellion e tutti i movimenti A22 (Ultima Generazione, Letzte Generation, Scientist Rebellion), e si appresta a fare con Phoebe, la climattivista più iconica di Just Stop Oil. L’avvocato Raj Chada che difende molti degli imputai ha spiegato che fino a tre anni fa non si erano mai viste pene detentive per proteste di questo tipo. Anche Greenpeace Uk ha portato la sua solidarietà.

A Milano alle 18 in Piazza Liberty di fronte al Consolato britannico, attivisti degli spazi sociali milanesi e del World Congress for Climate Justice hanno interrotto lo shopping di un sabato accaldato per protestare l’innocenza delle e degli attivisti in carcere e chiedere al nuovo governo laburista la loro immediata liberazione. Il processo è stato «una farsa», suscitando le proteste dell’osservatore Onu che era presente al dibattimento.

È stata colorata con pigmenti solubili la fontana dell’Apple Store prospiciente, sul cui bordo gli attivisti milanesi hanno apposto numerosi cartelli «Jail the Oilmen, Not the Activists» (In galera i petrolieri, non gli attivisti) e «Roger and Phoebe Political Prisoners». Negli interventi è stata ricordata la figura di Hallam, ex agricoltore biologico e scienziato sociale, collegando la sua incarcerazione e quella dei suoi compagni e compagne con le campagne di persecuzione in atto in Italia, Francia, Germania con nuovi decreti e leggi repressive.

Il movimento di giustizia climatica si batte per dare un futuro a tutte le persone del mondo contro lobby tanto potenti quanto denunciate dalla climatologia e dall’oceanografia come una minaccia all’abitabilità di vaste zone del pianeta, come stiamo sperimentando in queste settimane con un’impennata di decessi per calore. La sfida è rendere intersezionale la disobbedienza climatica, collegando le lotte dei campus per la Palestina con il sindacalismo radicale e il movimento transfemminista.

La giornata di ieri è un piccolo passo nella grande impresa di crossfertilizzare i movimenti per sconfiggere il capitalismo fossile e porre fine allo sfruttamento neoliberale di esseri umani e specie animali. Le élite politiche attuali sono condizionate dalle lobby fossili e i media tendono a nasconderne le responsabilità nel surriscaldamento della biosfera terrestre. La solidarietà transnazionale è vitale per compiere questa impresa.

COOL WAR: come l’America e la Cina si contendono il mondo Discussione con Alex Foti, climattivista e anarcosindacalista

 

Venerdì, 21 giugno h18:30 con Aperitivo nel Prato
Circolo Ponte della Ghisolfa
Viale Monza 255 (M1 Precotto)

 

COOL WAR: come l’America e la Cina si contendono il mondo
Discussione con Alex Foti, climattivista e anarcosindacalista
Con l’ingresso nel mercato internazionale grazie alle riforme postmaoiste di Deng, la Cina è cresciuta a doppia cifra per tutti gli anni 2000, fino agli anni ’10 e ’20 di Xi, che hanno visto un rallentamento della crescita e consolidamento dell’Impero Celeste come potenza tecnologica e militare mondiale. L’America, che con l’Europa è il grande mercato per l’export Made in PRC, da Kissinger in poi ha assecondato in una prima fase questa crescita, con investimenti e capitali che anno reso la Cina la fabbrica del mondo. La pandemia e la guerra in Ucraina hanno interrotto questo processo, mentre Biden ha mantenuto le misure protezionistiche contro il commercio cinese introdotte da Trump e ne ha recentemente introdotte di nuove contro le auto elettriche e i pannelli solari cinesi che stanno inondando i mercati occidentali. Mentre l’America scatta in avanti con la leadership sull’AI, dopo che la Cina l’aveva scavalcata nel supercomputing, e la rivoluzione dei campus viaggia sul social cinese TikTok, insidiando il primato di Meta, il conflitto per Taiwan e l’Indo-Pacifico e quindi la primazia mondiale sembra arrivare all’apogeo. La Repubblica Popolare è diventata una potenza aeronavale che vuole sloggiare le portaerei americane dai mari intorno alla Cina, ed è diventata una potenza spaziale che si appresta a colonizzare il polo sud lunare e studiare la dark side of the moon con la sonda Chang’e-6, ma questa non è la nuova guerra fredda, come quella USA-URSS che opponeva due sistemi economici e ideologici diversi, questa è una guerra combattuta in base alla competizione tecnologica e alla lotta per il soft power mondiali, fra problemi dei tre corpi, Mulan e Kung Fu Panda. Quella fra Cina e America è quindi una cool war, una battaglia a chi controlla il futuro e le sue menti, con il resto del mondo che deve decidere fra egemonia americana e crescente influenza cinese, mentre gli scacchieri africano e asiatico sono in forte subbuglio e i BRICS fanno da contrappeso ai paesi NATO nel G20. Sapranno PRC e USA sfuggire alla trappola di Tucidide che li spinge al conflitto militare, o stabiliranno un equilibrio bipolare a favore della prosperità (o della salvezza) del mondo? E l’Europa come può fare a meno di scomparire nella lotta fra i due giganti e rintuzzare la minaccia al confine orientale posta da Putin, sostenuto da Xi Jinping?