Massimo Filippi, biopoesie contro la «banalità violenta del normale»

Da ilmanifesto

Massimo Filippi, biopoesie contro la «banalità violenta del normale»

Vi ricordiamo che domenica 30 marzo alle 18 presso il Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa Viale Monza 255 Milano ci sarà un reading delle biopesie di Massimo Filippi

Attivista e saggista, per il suo ultimo libro Massimo Filippi sceglie la forma poetica. Diario di un anno. Biopoesie 2022-2023 (Meltemi, pp. 126, euro 12), accompagnato dai disegni di Luigia Marturano, comincia il 18 ottobre 2022 e il giorno è casuale, a detta dell’autore nella nota introduttiva. Un’occasione, piuttosto somigliante alla contingenza, sia un accadere che un contiguo.

Nella trattazione poetica di Filippi, antispecista e teorico con ampi interessi legati alla filosofia e alla storia delle idee, si incontrano numerosi temi inscritti in direzioni escatologiche e quotidiane.
Se un diario ha, per forza di cose, un intento cronachistico, in questo libro c’è la solennità incoercibile del male del mondo, dalle guerre che si susseguono fino ai macelli e alle «tenebre dell’allevamento», e ai mattatoi sempre al lavoro: «la banalità violenta del normale». Eppure è in quei giorni troppo umani in cui non c’è niente di destinale bensì le ghigliottine delle metropolitane o lo scorrere oltre i finestrini di un treno, che succede sempre qualcosa a rammentarci «Lo strazio del vivente», più avanti «Non una nuvola in cielo,/ Si scavano le fosse».

Sono apici sparsi di biopoesie, dunque compostabili, perché i resti non sono, per Massimo Filippi, solo le deiezioni corporee ma anche le pile accumulate delle nostre memorie, i sogni che si rifrangono, gli scarti della burocrazia e le scaglie della morte. Lo sono i parassiti, i cloni, i funghi e tutto quel materiale dei senza-potere che si infila in una fine per poi ricominciare a cospirare. «Volersi sentire danzare» è il titolo del disegno di Marturano che chiude la raccolta di Filippi, non è un caso che sembri una pinna caudale stagliata al cielo e, al contrario, prossima a una clessidra che deposita il tempo ben oltre un diario.