Questo libro racconta di una comunità di detenuti politici che, esauritasi l’esperienza della lotta armata, tra la fine degli anni ottanta e gli anni novanta del Novecento, avviano la loro liberazione dal carcere e il ritorno alla vita sociale, inserendosi con una progettazione autodeterminata negli spazi consentiti dalla legge penitenziaria. L’esperienza si svolge nell’Irpinia del post-terremoto, fra il carcere di Avellino e un casale in un bosco del comune di Tufo. Un’impresa inimmaginabile senza l’intreccio vitale con persone del territorio, tra cui spiccano Toti Rochat e Sandor Luongo, che si dispongono a operare con la comunità di reclusi come un unico organismo, una unità organica all’interno della quale, con un rimando alla biologia, la vita non si trova in un centro ma in tutte le sue parti, e dove ogni elemento si comporta secondo la sua natura venendo a sua volta compreso nell’insieme. Una esperienza quindi che, come nota Beppe, la parola solidarietà non riesce appieno a rappresentare. Ciò che piuttosto appare è una forma di interdipendenza foriera di una modalità sociale accogliente che dà priorità alla vita, generandola. È con questo spirito che un casale abbandonato in un bosco trova le persone che lo possono rivitalizzare e ciò facendo rivitalizzano loro stesse dopo anni di “disabilitazione” alla vita, indotta dalla reclusione. (dall’introduzione di Nicola Valentino)
Appuntamento per sabato 16 novembre alle 18
Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa Viale Monza 255 Milano