Piazza Fontana, continua la pubblicazione di documenti per non farci rubare la memoria. Vi proponiamo la lettura di questo brano sugli attentati del 25 aprile 1969; prime mosse della strategia della tensione, ancora qualche mese e la strage di Piazza Fontana, l’assassinio di Pinelli e l’imprigionamento di Valpreda e altri compagni saranno una realtà.
Ma il caso più clamoroso resta quello degli attentati del 25 aprile a Milano, i più gravi di questo mese che è il più “caldo” di tutti: 45 attentati sui 145 dell’anno l969.
Quel pomeriggio di festa, nel padiglione Fiat alla Fiera campionaria e nell’ufficio cambi della Stazione centrale scoppiano due bombe che provocano alcuni feriti (ma solo per una serie di fortunate coincidenze il bilancio delle vittime è rimasto modesto: una strage poteva avvenire anche stavolta).
Vengono subito fermati una quindicina di anarchici, indicati come colpevoli da una isterica campagna di stampa condotta da tutti i giornali dell’arco borghese, da quelli dichiaratamente di destra a quelli considerati moderati. Altre indagini in direzioni diverse non vengono nemmeno tentate. Eppure i fascisti a Milano non scherzano nel maneggiare l’esplosivo: nelle settimane precedenti hanno lanciato bombe a mano e incendiarie contro tre sedi del PCI, ordigni vari contro l’Unità, I’ANPI, un circolo di sinistra e una galleria d’arte, hanno sparato contro una sezione comunista e, il 12 aprile, hanno gettato due bottiglie Molotov contro l’ingresso dell’ex albergo Commercio, occupato e trasformato in Casa dello studente e del lavoratore, colpendo due ragazzi che hanno rischiato di morire bruciati vivi.
Degli anarchici arrestati, alcuni vengono rilasciati. Gli altri – Paolo Braschi, Paolo Faccioli, l’architetto Giovanni Coordini e sua moglie Elbane Vincileone – rimangono in galera. Si aspetta un mese per controllare i loro alibi e interrogare i testimoni; cinque mesi prima di interrogare gli stessi imputati. Il giudice istruttore è Antonio Amati, il funzionario di polizia che più degli altri segue le indagini è Luigi Calabresi: gli stessi accusatori del 12 dicembre. Non emergono né prove né indizi eppure si respingono tutte le istanze presentate dagli avvocati dei coniugi Corradini con delle ordinanze di rigetto abnormi proprio perché sprovviste della lista degli indizi a carico. Il caso supera i confini nazionali, se ne occupano i giornali stranieri, il tribunale per i Diritti dell’Uomo.
Ma gli anarchici rimangono in galera. E ai loro compagni che in quei mesi hanno dato vita a una serie di manifestazioni di piazza e di scioperi della fame ( vedi foto ) per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, si risponde con la violenza, le cariche di polizia e le incriminazioni. Il 26 settembre cinque cittadini denunciano il questore di Milano Marcello Guida, il vicequestore, i commissari Calabresi e Pagnozzi e alcuni agenti per attentato ai diritti politici dei cittadini, abuso di ufficio (Calabresi ha inseguito e malmenato un fotografo durante una manifestazione), omissione in atti di ufficio, concorso in percosse e lesioni. Il quotidiano di destra La Notte apre tra i suoi numerosi lettori una sottoscrizione a favore”a polizia soldi per i “tutori dell’ordine che di questi tempi hanno tanto da fare e da rischiare e sono così mal pagati”. Le bombe del 25 aprile sono scoppiate tre giorni prima che alla Camera dei deputati iniziasse il dibattito sul disarmo della polizia in funzione di ordine pubblico una proposta che fa sorridere, con l’aria che tira. Ma se non sono gli anarchici, chi sono gli attentatori del 25 aprile? Quando la stampa inglese pubblica il famoso e già citato rapporto inviato dal ministero degli Esteri di Atene al proprio ambasciatore a Roma, sulle possibilità di un colpo di stato di destra in Italia, tra le altre cose vi si legge: “Le azioni la cui realizzazione era prevista per epoca anteriore non hanno potuto essere realizzate prima del 20 aprile. La modifica dei nostri piani è stata necessaria per il fatto che un contrattempo ha reso difficile l’accesso al padiglione Fiat. Le due azioni hanno avuto un notevole effetto”.
( Tratto da “La strage di stato” )