E’ da molti anni ormai che il corteo del 25 aprile si trova al centro di una polemica che ha per oggetto la partecipazione della Brigata Ebraica alla commemorazione della liberazione.
Le reciproche accuse tra i contestatori e i sostenitori della Brigata Ebraica di intolleranza, fascismo, violenza, sionismo, antisemitismo, razzismo ecc. non hanno contribuito certo a chiarire quale sia il vero nodo della questione. I media hanno dato come sempre un’immagine spettacolare e distorta degli avvenimenti: contestatori intolleranti contro i difensori della libertà di parola.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
E per fare chiarezza bisogna mettere da parte la questione palestinese ed è anche necessaria una premessa che apparentemente non ha alcuna connessione col tema che stiamo trattando, ma che in realtà fornisce una corretta chiave di lettura dei fatti e aiuta a costruirsi una opinione libera da preconcetti.
Bisogna tornare indietro nel tempo, fino all’inverno del 1944, quando il generale inglese Alexander,
comandante delle truppe angloamericane operanti sul fronte italiano contro i nazifascisti lancia ai partigiani un appello via radio attraverso l’emittente “Italia combatte”. Un appello che passerà alla storia. Eccone il testo.
«Patrioti! La campagna estiva, iniziata l’11 maggio e condotta senza interruzione fin dopo lo sfondamento della linea gotica, è finita: inizia ora la campagna invernale. In relazione all’avanzata alleata, nel periodo trascorso, era richiesta una concomitante azione dei patrioti: ora le piogge e il fango non possono non rallentare l’avanzata alleata, e i patrioti devono cessare la loro attività precedente per prepararsi alla nuova fase di lotta e fronteggiare un nuovo nemico, l’inverno. Questo sarà molto duro per i patrioti, a causa della difficoltà di rifornimenti di viveri e di indumenti: le notti in cui si potrà volare saranno poche nel prossimo periodo, e ciò limiterà pure la possibilità di lanci; gli alleati però faranno il possibile per effettuare i rifornimenti.
In considerazione di quanto sopra esposto, il generale Alexander ordina le istruzioni ai patrioti come segue:
1. cessare le operazioni organizzate su larga scala;
2. conservare le munizioni ed i materiali e tenersi pronti a nuovi ordini;
3. attendere nuove istruzioni che verranno date a mezzo radio “Italia Combatte” o con mezzi speciali o con manifestini. Sarà cosa saggia non esporsi in azioni arrischiate; la parola d’ordine è: stare in guardia, stare in difesa;
4. approfittare però ugualmente delle occasioni favorevoli per attaccare i tedeschi e i fascisti;
5. continuare nella raccolta delle notizie di carattere militare concernenti il nemico; studiarne le intenzioni, gli spostamenti, e comunicare tutto a chi di dovere;
6. le predette disposizioni possono venire annullate da ordini di azioni particolari;
7. poiché nuovi fattori potrebbero intervenire a mutare il corso della campagna invernale (spontanea ritirata tedesca per influenza di altri fronti), i patrioti siano preparati e pronti per la prossima avanzata;
8. il generale Alexander prega i capi delle formazioni di portare ai propri uomini le sue congratulazioni e l’espressione della sua profonda stima per la collaborazione offerta alle truppe da lui comandate durante la scorsa campagna estiva.»
Da notare che Alexander non sta dando consigli ai partigiani, sta dando loro degli ordini, li considera al suo servizio.
Anche se con toni “britannici” dice di sospendere le operazioni. I partigiani trovarono il modo di disattendere quegli ordini, ma l’inverno del 1944 fu comunque durissimo: i nazifascisti avevano anch’essi ascoltato l’appello alla radio e, sicuri che gli angloamericani avrebbero sospeso l’offensiva, rastrellarono a fondo le zone controllate dai partigiani che pur subendo gravi danni non crollarono. L’inverno passò e arrivò anche la primavera del 1945, l’insurrezione del 25 aprile e la liberazione.
Ma le cose sarebbero andate molto diversamente se i partigiani si fossero attenuti alle disposizioni di Alexander: i nazifascisti avrebbero lo stesso perso la guerra, ma il contributo dei partigiani alla vittoria sarebbe stato marginale e quindi le aspirazioni che la resistenza aveva espresso (rinnovamento sociale, maggiore giustizia ed equità, per qualcuno anche una rivoluzione) sarebbero state accantonate per tornare allo status quo prefascista.
Ma cosa c’entra questo contrasto partigiani-angloamericani con la Brigata Ebraica?
C’entra, perchè la Brigata Ebraica non era, come qualcuno lascia credere, una formazione partigiana composta da combattenti di religione ebraica, ma una formazione militare appartenente all’esercito britannico, agli ordini, quindi, di quel Generale Alexander che voleva imbrigliare i partigiani. Nulla a che fare con la Resistenza, quindi.
La Brigata Ebraica nacque nel 1944 e fu composta principalmente da ebrei che abitavano i territori che sarebbero diventati Israele. Al comando della Brigata fu posto il Generale canadese Benjamin.
Fu successivamente inviata in Italia (Emilia-Romagna) dove iniziò a combattere il 3 marzo 1945 per cessare i combattimenti il 25 aprile dello stesso anno. Le perdite furono di 30 morti su circa 5000 effettivi.
Proprio per il contrasto di cui abbiamo appena parlato, accomunare i partigiani e le truppe anglo-americane nelle ricorrenze del 25 aprile è una forzatura storica e politica, anzi qualcosa che si avvicina moltissimo alla riscrittura della storia funzionale a cancellare ogni memoria di ribellione popolare.
Sarebbe quindi auspicabile, che queste speculazioni cessassero e la verità ristabilita, ma molto probabilmente il 25 aprile 2017 ricominceranno le polemiche ad uso dei pennivendoli.
Sta a noi ricordare.