Il circolo anarchico Ponte della Ghisolfa ha, da pochi giorni, un account mastodon. È raggiungibile tramite questo indirizzo: https://mastodon.bida.im/@ponte.
“Che noia! L’ennesimo social network?”, direte voi.
“No!”, rispondiamo noi.
Cos’è mastodon?
In effetti, è un social network, ed è molto simile a Twitter.
Per certi versi, ne rappresenta un clone: come su Twitter, dopo aver creato il proprio account, è possibile pubblicare un breve testo, un’immagine o un filmato (su mastodon si dice “fare un toot”).
I toot degli altri utenti possono essere apprezzati e ri-postati (re-toot).
mastodon è pensato per il web: perciò è accessibile, come un normale sito, tramite un internet browser (Chrome, Firefox, etc); ma esistono anche alcune app (Tootdon, per esempio), per l’utilizzo tramite smartphone e tablet.
Perchè mastodon?
Innanzitutto, perché è software libero. Questo significa che è protetto da una speciale licenza che tutela la libertà degli utenti di usare, copiare, distribuire, studiare, cambiare e migliorare il software, liberamente e con il consenso degli autori.
Inoltre, mastodon non ha un server (o un cluster di server) centralizzato: ci sono tanti server (nel mondo mastodon si chiamano istanze).
Le singole istanze si possono riunire in federazioni e ogni istanza mantiene la propria autonomia, dialogando con le altre attraverso protocolli standard e aperti.
Perchè mastodon.bida.im?
mastodon.bida.im è l’istanza, tra le numerose presenti in rete, che abbiamo scelto per registrare l’account del circolo anarchico Ponte della Ghisolfa.
È un’istanza pensata e realizzata da un gruppo di lavoro di hacktivist* che fanno parte di centri sociali, circoli anarchici, esperienze sociali autogestite e hacklab.
In particolare, il progetto è scaturito dal dibattito riguardante i social network sviluppatosi nelle assemblee del circolo anarchico Camillo Berneri di Bologna, dello spazio sociale XM24, del collettivo HacklabBO e nelle discussioni della mailing-list hackmeeting.
L’obiettivo è quello di costruire un’alternativa ai social network commerciali, cercando di garantire un certo grado di anonimato e di privacy agli utenti, mettendoli per di più al riparo dalla censura preventiva, dalla profilazione di massa e dalla manipolazione delle informazioni, non concedendo nessuno spazio a contenuti razzisti, sessisti e fascisti e a messaggi di propaganda partitica istituzionale o esclusivamente commerciali.
Dopo la chiusura di Indymedia Italia, i movimenti sociali non sono stati capaci di proporre una piattaforma dedicata all’open publishing di tipo non commerciale: il collettivo bida.im rilancia l’idea alla base di Indymedia, proponendo alle realtà antagoniste di munirsi di strumenti il più possibile autonomi e indipendenti, caratterizzati dall’esercizio dell’autogestione dal basso.
Per approfondire