La parata e la risposta

Alle origini della strategia della tensione

Cinquantenario di Piazza Fontana

Continua la pubblicazione di documenti per non farci rubare la memoria. Vi proponiamo “La parata e la risposta”

“La parata e la risposta” è il titolo di un opuscolo del SIFAR ( il servizio di informazioni delle forze armate ) che la dice molto lunga su cosa intendessero i nostri servizi segreti per difesa della libertà e della democrazia. E che aiuta a capire in che contesto è avvenuta la strage di Piazza Fontana, l’assassinio di Pinelli, l’incarcerazione dell’innocente Valpreda e molti altri compagni. Non solo: aiuta a capire i presente.
Fu la rivista “Controinformazione” a pubblicarne, per la prima volta, nel 1973 degli stralci.

LA PARATA E LA RISPOSTA

L’esperienza di questi anni ha dimostrato esaurientemente che, al primo manifestarsi dell’azione rivoluzionaria, si produce, nelle menti dei dirigenti democratici, una deplorevole confusione: gli interessati ritengono, in buona fede, che quelli che nella dottrina della guerra non ortodossa vengono definiti “fattori favorevoli” all’insorgere e all’espandersi della rivoluzione, siano le “cause determinanti” dell’insurrezione.
Ora non bisogna dimenticare che i “fattori favorevoli”, denominati nella dottrina marxista anche “contraddizioni interne”, sono in effetti gli elementi fondamentali sui quali fa leva la propaganda rivoluzionaria, ma non sono la causa determinante dell’insurrezione. Questa va individuata esclusivamente nell’esistenza e nell’azione, pianificata e coordinata, di un’organizzazione rivoluzionaria.
L’errore di ritenere che causa determinante dell’insurrezione siano le contraddizioni interne del regime democratico induce i dirigenti alla ricerca delle ragioni politiche, sociali, economiche, della rivolta; ricerca che, per l’affanno con cui generalmente è condotta e per l’errore iniziale che l’influenza, determina due ordini di conseguenze negative per lo stesso regime democratico e positive per lo sviluppo dell’azione rivoluzionaria:
a) le coscienze dei dirigenti democratici si gravano di un ingiustificato “senso di colpa”;
b) le riforme non rispondono a esigenze immediate, scardinano l’economia, aumentano il disordine sociale, esaltano le contraddizioni interne….

Il brano è tratto da un opuscolo riservato del SIFAR, “requisito” da militanti della sinistra rivoluzionaria dentro una sezione missina (specializzata in aggressioni alle scuole) prima di distruggerla. Sul frontespizio si legge: “Servizio Informazioni Forze Armate – Sezione SM – Nucleo guerra non ortodossa”; il titolo è “La parata e la risposta”; l’anno di edizione il 1964.
La conoscenza di questo opuscolo è importante per due motivi. Primo perché esso dimostra fino a che punto e indipendentemente dalle condizioni oggettive – va ricordato che in Italia gli anni tra il ’61 e il ‘ 64 furono, dal punto di vista delle lotte operaie, tutt’altro che caldi – le nostre forze armate fossero imbevute dell’ideologia militare dell’imperialismo USA ed, in particolare, delle teorie CIA sulla contro-guerriglia. Secondo perché – a parte le premesse sull’esigenza di “difendere gli ordinamenti democratici”, tanto più improbabili in quanto formulate proprio nel periodo in cui si apprestava il colpo di stato – in esso emergono le linee fondamentali di quell’uso strategico dei fascisti in funzione anti-popolare che, impostato nel ’64, troverà piena applicazione dopo il ’68.
Dopo il catastrofico giudizio sull’efficacia repressiva delle riforme e sull’insipienza di “quei dirigenti democratici che scambiano i sintomi rivoluzionari per normali agitazioni di carattere economico sindacale” si lamenta che “nel periodo iniziale della lotta, l’avversario ha buon gioco nel gridare alla “provocazione” non appena si accenna a far entrare in azione le forze regolari, e l’autorità costituita, vincolata com’è alla “legge morale” (sic), è messa nelle condizioni di non poter utilizzare a fondo i mezzi di cui dispone”.
Si passa quindi ad una sintetica definizione di quelle che vengono considerate le due tappe fondamentali del processo rivoluzionario: il “periodo pre-insurrezionale, generalmente clandestino” e il periodo insurrezionale o della lotta aperta”. Così si esprime il relatore: “durante il primo periodo i rivoluzionari cercano, soprattutto, di staccare la popolazione dall’autorità costituita ed assumerne progressivamente il controllo. E’ escluso ancora l’impiego della violenza.
Manifestazioni principali di questo periodo:
– agitazioni sindacali che non escono generalmente dalla legalità;
– entrata in funzione delle “gerarchie parallele”;
– azione psicologica a mezzo di una propaganda appositamente studiata e pianificata.
Essa suscita entusiasmi e depressioni, comprime e deprime senza sosta lo spirito della popolazione servendosi di ogni mezzo di informazione e divulgazioni”.
Si aggiunga a questo che “la presenza di simpatizzanti coscienti e incoscienti per i movimenti rivoluzionari, negli organi dello stato e nelle masse popolari crea confusione nell’opinione pubblica e la mantiene in un equilibrio instabile” ed ecco scaturire un quadro della situazione italiana pressoché identico a quello prospettato in anni recenti dalla stampa padronale e dai dirigenti socialdemocratici. (Ad ulteriore verifica dell’entroterra culturale, sostanzialmente poliziesco, della nostra borghesia).
E’ poi la volta del periodo insurrezionale: “In questa fase si manifesta la violenza. La popolazione è ormai tenuta saldamente in pugno dai rivoluzionari e gioca un ruolo sempre più importante nella lotta. L’esperienza ha dimostrato che alle attività sporadiche e clandestine del periodo pre-insurrezionale si può anche opporre una “parata” che tenga conto degli “imperativi morali” tradizionali e sfrutti i mezzi legali a disposizione, mentre ai progressi rivoluzionari del periodo insurrezionale non ci si può opporre, con un minimo di speranza di successo, se non con una “risposta” che venga condotta con metodi analoghi a quelli con i quali l’avversario combatte”.
I concetti di “parata” e di “risposta”, tanto cari agli esperti CIA operanti in America Latina e nel Sud Est asiatico, debuttano ufficialmente nelle scuole di guerra di un paese industrialmente avanzato.
Continua l’opuscolo:

Allo sviluppo della “parata” sono direttamente interessati tutti i poteri dello stato: l’esecutivo, il legislativo, il giudiziario. Il potere esecutivo dovrebbe:
– provvedere all’impostazione della dottrina nazionale e del relativo programma d’azione allo scopo di formare i “cittadini”, i giovano soprattutto, al fine di fortificare il loro senso civico, il loro amor patrio e di coalizzare il favore dell’opinione pubblica attorno al potere costituito;
– Impegnare i grandi raggruppamenti nazionali (partiti nazionali, associazioni, movimenti della gioventù, ecc.) ed i maggiori organismi dello Stato ( Scuole, FF.AA., Forze di Polizia, ecc.) per la divulgazione dei predetti temi negli ambienti di loro competenza;
– impiegare i mezzi d’informazione e di formazione dell’opinione pubblica disponibili, per rintuzzare tempestivamente le azioni di offesa psicologica dell’avversario e sviluppare proprie azioni d’offesa tendenti a prendere in contropiede i rivoluzionari ed a neutralizzare la loro azione sulle stesse basi di partenza.
Ovviamente l’attività del potere esecutivo deve essere fiancheggiata e sostenuta da quella dei poteri legislativo e giudiziario; per quanto riguarda quest’ultimo è necessario un cenno alle limitazioni cui esso è costretto a soggiacere nel periodo pre insurrezionale.
In tale periodo possono anche episodo di violenza e, mentre il potere esecutivo dispone dei mezzi necessari per opporvisi, il potere giudiziario, perdurando almeno apparentemente lo stato di pace, non è in grado di reagire efficacemente. Si tratta in effetti di una vera e propria “debolezza giuridica” della quale sanno bene come approfittare i rivoluzionari; essi infatti agendo ai limiti del “consentito” e fornendo agli eventuali incriminati dei difensori abilissimi, capaci di sfruttare tutte le scappatoie del codice, oltre ad operare sempre in condizioni di minimo rischio, si procurano a buon mercato numerosi “martiri” e svolgono, a spese dello Stato, gran parte della campagna di azione psicologica. In tale situazione, ovviamente, è richiesta al potere giudiziario una duttilità che spesso contrasta con la sua stessa natura, per cui in suo soccorso dovrà muoversi tempestivamente il potere legislativo”.

Come è presto detto:

“Con la promulgazione e l’applicazione di leggi eccezionali ” e all’occorrenza ” con operazioni di polizia condotte a ragion veduta e con estrema decisione per liquidare una situazione che col tempo potrebbe consolidarsi pericolosamente fino a diventare esplosiva”. Non prima, naturalmente, d’aver impiegato di instaurare con la polluzione ” una politica di maggiori contatti umani” allo scopo di ” facilitare lo studio e l’adozione di provvedimenti che attenuino le contraddizioni interne e tolgano spazio ai rivoluzionari” e – perché no?- di “facilitare grandemente l’individuazione dell’apparato clandestino dei rivoluzionari”.
Ma il presupposto fondamentale affinché la “parata” sia realmente efficace è la tempestività con la quale viene predisposta “fin dal tempo di pace” giacche: “La storia passata dimostra che in alcuni paesi – come la Spagna del 1936 – i partiti rivoluzionari, anche se in minoranza, sono riusciti a conquistare il potere senza aver bisogno di ricorrere alla fase della violenza. Il predetto paese – alla fine della fase pre-insurrezionale – era piombato in un stato di disgregazione che il potere passò nelle mani dei rivoluzionari con “mezzi del tutto legali”.
E – sembra sottintendere con disappunto il relatore – un generalissimo Franco che ristabilisca l’ “ordine”, magari alleandosi con due compari come Hitler e Mussolini, non si trova tutti i giorni!
“Ma può accadere che, nonostante tutta la buona volontà dei governanti, nonostante l’attuazione di tutte le predisposizioni necessarie, a causa dell’imponderabile che alberga sempre nei fatti umani (sic), la rivoluzione riesca egualmente a progredire”.
In questo caso non resta che passare alla “risposta”; il cui dispositivo dovrà anch’esso, ovviamente, “essere messo a punto sin dal tempo di pace”. “Tale dispositivo ha il compito di fornire i mezzi per pianificare e sviluppare, sin dal primo manifestarsi dell’insurrezione, una “risposta” che accetti senz’altro il combattimento sul terreno imposto dall’avversario, ossia “la popolazione”, avvalendosi di:
a) un servizio dì informazioni veramente efficiente che sia centralizzato al massimo per la “valutazione” e ramificato quanto più possibile per l’attività di ricerca, il quale tenga conto che ogni insurrezione, nel quadro della guerra non ortodossa, è preparata da un organismo clandestino che apparentemente non ha legami con le personalità ufficiali al punto che i suoi componenti sono spesso sconosciuti a queste ultime;
b) una organizzazione di difesa interna del territorio”. Che cosa significhi esattamente il punto a) è chiarito dal seguente passo “Ad ogni nuova esperienza rivoluzionaria i dirigenti dei governi legali sono tratti sempre in inganno dall’apparente dualità della direzione in campo avversario e, dal comportamento dei rivoluzionari, deducono che l’apparto militare sovversivo tenda a sottrarsi alla direzione politica che l’ha generato. Tale errore di valutazione è causato dal fatto ch’essi ignorano i principi informatori della guerra non ortodossa e dalla scarsa funzionalità del Servizio Informazioni”.
Il secondo punto del dispositivo, l’ “organizzazione di difesa interna del territorio”, si fonda invece sui seguenti presupposti:

– la costituzione immediata di un comando politico-militare nazionale e di comandi politico-militari periferici;
– il decentramento automatico dei poteri civili e militari, affinché la lotta possa essere continuata, senza interruzioni, anche nel caso d’isolamento di un’intera regione.
Parallelamente si dovrà prevedere la costituzione di speciali unità di protezione che dovranno essere mobilitabili in brevissimo tempo; dislocate in maniera tale ad coprire tutto il territorio; formate da elementi particolarmente addestrati alle lotte che dovranno condurre.
Ciò presuppone che ordinamento, piani di mobilitazione, addestramento dei componenti delle predette unità dovranno essere disposti in precedenza, sin dal tempo di pace, prevedendo:
– unità per impiego prevalentemente statico;
– unità per impiego prevalentemente mobile;
– unità per impiego clandestino.
Queste ultime costituite a somiglianza dei gruppi d’azione rivoluzionari, con compiti di ricerca e di offesa nelle infrastrutture dell’avversario. In effetti non si può colpire efficacemente l’apparato clandestino dei rivoluzionari, né si può neutralizzare i loro gruppi d’azione, se non si usano mezzi e procedimenti simili ai loro”.