I chiarimenti della Comunità palestinese di Roma e Lazio: finalmente!, di Piero Bernocchi
Finalmente!!! Dopo un anno di sopportazione di posizioni insostenibili – apertamente in appoggio e copertura di Hamas e del fronte che ha a capo l’orrendo regime iraniano – imposte soprattutto dai “Giovani Palestinesi”, stavolta i/le palestinesi dotati di sufficiente saggezza politica non solo hanno manifestato apertamente il loro totale dissenso dai filo-Hamas, filo-Hezbollah e filo-Iran, ma se ne sono dissociati ufficialmente e platealmente, rifiutandosi di andare in piazza il 5 ottobre in sostegno di forze reazionarie e oscurantiste come Hamas, Hezbollah e il regime teocratico iraniano. E hanno preso la decisione di manifestare il 12 e non il 5, che poi simbolicamente significa separarsi da chi vuole celebrare l’obbrobrio del 7 ottobre 2023, sciaguratamente considerato “il giorno del riscatto del popolo palestinese” e “l’inizio della Rivoluzione”, intendendo in realtà quella agognata islamista della Guerra Santa, non certo quella di un popolo palestinese che da quel giorno ha subito la più mostruosa carneficina della sua già tremenda storia. E scegliendo il 12 per la loro manifestazione, la fanno invece coincidere con l’anniversario dell’invasione di Gaza da parte delle truppe israeliane e con l’inizio dell’orripilante massacro di decine di migliaia di civili, che avevano l’unica colpa di essere sottomessi alla dittatura spietata di Hamas, che li ha usati cinicamente come scudi umani per provocare la massima indignazione mondiale contro Netanyahu e l’estrema destra israeliana
In questa aperta presa di distanza, risaltano frasi con le quali la Comunità palestinese di Roma e Lazio e il Movimento studenti palestinesi sottolineano come la manif del 5 ottobre “è stata convocata con un testo assolutamente non condivisibile che inneggiava al ‘7 ottobre inizio della rivoluzione’ e al ‘sostegno incondizionato alla resistenza’“, ribadendo che “da sempre riconosciamo il diritto di resistenza, ma condanniamo attacchi contro civili oltre a non riconoscerci assolutamente nell’autoproclamato ‘asse della resistenza’ che fa riferimento all’Iran. Non possiamo andare un giorno ai cortei insieme alla comunità curda gridando “donna, vita, libertà” e poi l’altro stare con Ayatollah e formazioni che fanno riferimento a varie forme di islam politico reazionario“. Arrivando alla conclusione che “rispetto all’esaltazione del ‘7 ottobre inizio della rivoluzione’, noi ci sentiamo in dovere di far presente che queste posizioni isolano invece di allargare il fronte di chi chiede il cessate il fuoco, lo stop al genocidio, il riconoscimento dello stato di Palestina, la rottura della cooperazione militare, il boicottaggio e le sanzioni, ecc“. La Comunità prende anche nettamente le distanze dalla sciagurata posizione di chi vuole la, peraltro impossibile visti i rapporti di forza, cancellazione/distruzione di Israele e la cacciata degli ebrei da quei territori. Scrivono infatti: “Nei nostri congressi abbiamo sempre sostenuto la soluzione ‘due popoli due stati’ con ritiro di Israele e dei coloni dai territori occupati illegalmente dal 1967… Si è aperta da tempo una riflessione intorno alla proposta di stato laico bi-nazionale in cui convivano i due popoli e le differenti religioni… Noi ne discutiamo e ne discuteremo da internazionalisti sempre nel rispetto del popolo palestinese e della sua autodeterminazione”. E concludono con nettezza: “Noi non partecipiamo a gare tra chi è apparentemente più radicale sulla pelle di altri popoli“.
Insomma, queste sono le tesi che, credo, molti militanti della sinistra conflittuale e alternativa sostengono fin da quelle giornate post-7 ottobre in cui i “Giovani palestinesi” manifestarono l’esaltazione della strage del 7 ottobre e l’accettazione dell’egemonia dell’asse Hamas-Iran sui palestinesi, vista sciaguratamente come l’unica carta per la liberazione della Palestina. Però c’è stato in proposito, mi è parso in questi mesi, un eccesso di “timidezza” nei confronti di quella sinistra conflittuale che ha invece sottoscritto tale disastroso orientamento, una reticenza/riluttanza a dire apertamente ciò che ora leggiamo in questo comunicato, un farsi condizionare da chi diceva “chi siete voi per mettere bocca sulle forme della resistenza palestinese?”. Cose che succedono, mi viene da dire, quando ci si fa troppo influenzare dalla “corrente” e si arretra da quello che si dovrebbe fare di fronte a posizioni errate e pericolose che però sembrano convincere la maggioranza dei nostri ambienti: e cioè il buon vecchio andare controcorrente. Che poi, a distanza di neanche molto tempo, si rivela in realtà, appunto come ci ricorda la Comunità palestinese, la corrente giusta.
Piero Bernocchi
3 ottobre 2024
CHIARIMENTI da parte della COMUNITA’ PALESTINESE DI ROMA E DEL LAZIO:
1) La manifestazione inizialmente era convocata dalla Comunità palestinese su una piattaforma assolutamente condivisibile.
2) I Giovani Palestinesi Italiani hanno fatto uscire una loro convocazione successiva per la stessa scadenza con un testo assolutamente non condivisibile che inneggiava al “7 ottobre inizio della rivoluzione”.
3) Questo appello ha dato la scusa a Piantedosi per vietare la manifestazione;
4) La Comunità Palestinese e il Movimento Studenti Palestinese hanno deciso di non scendere in piazza il 5 ottobre e promuovono una nuova giornata per il 12, dal momento che l’attuale piattaforma non è frutto di una convocazione condivisa
5) E’ uscita una nuova piattaforma che ha punti non condivisibili. Per esempio: “sostegno incondizionato alla resistenza”. Noi da sempre riconosciamo il diritto di resistenza, ma condanniamo attacchi contro civili oltre a non riconoscerci assolutamente nell’autoproclamato “asse della resistenza” che fa riferimento all’Iran. Non possiamo andare un giorno ai cortei insieme alla comunità curda gridando “donna, vita, libertà” e poi l’altro stare con Ayatollah e formazioni che fanno riferimento a varie forme di islam politico reazionario. La piattaforma inoltre contiene punti non unitari tra i palestinesi stessi e l’impostazione non a caso NON dà la priorità alla richiesta del “cessate il fuoco”, che invece a noi sembra il punto fondamentale.
6) Noi dunque abbiamo deciso di non aderire a documenti che non condividiamo pienamente e anzi rispetto ai quali dissentiamo su alcuni punti e, come in tante altre occasioni (per esempio la manifestazione del 28 ottobre del 2023) partecipiamo con le nostre posizioni illustrate in un comunicato stampa che vi è stato inviato.
7) Rispetto all’esaltazione del “7 ottobre inizio della rivoluzione”, noi ci sentiamo in dovere di far presente che queste posizioni isolano invece di allargare il fronte di chi chiede il cessate il fuoco, lo stop al genocidio, il riconoscimento dello stato di Palestina, la rottura della cooperazione militare, il boicottaggio e le sanzioni, ecc. Non a caso nelle convocazioni di manifestazioni all’estero le parole d’ordine sono simili alle nostre, e non a quelle che sono al centro dell’agenda del corteo del 5.
8) Non siamo subalterni e codisti rispetto ad altre organizzazioni che hanno posizioni diverse dalle nostre. Noi andiamo in piazza con il nostro profilo ideale e programmatico.
9) Ricordo che nei nostri congressi abbiamo sempre sostenuto la soluzione “due popoli due stati” con ritiro di Israele e dei coloni dai territori occupati illegalmente dal 1967 che è anche la posizione delle risoluzioni ONU, Cuba, Cina, Lula, ecc. e della Sinistra Europea. Si è aperta da tempo una riflessione intorno alla proposta di stato laico bi-nazionale in cui convivano i due popoli e le differenti religioni. Non è però quella espressa nella piattaforma. Noi ne discutiamo e ne discuteremo da internazionalisti sempre nel rispetto del popolo palestinese e della sua autodeterminazione.
10) Di fronte alla più potente macchina militare del Medio Oriente, supportata dal più grande complesso militare industriale del pianeta è nostro dovere lavorare perchè il nostro paese e l’Europa smettano di essere complici del genocidio, dell’occupazione illegale dei territori, dell’apartheid della pulizia etnica. Noi non partecipiamo a gare tra chi è apparentemente più radicale sulla pelle di altri popoli. Cerchiamo di dare un contributo con umiltà e spirito unitario e internazionalista. Andiamo in piazza con la coerenza delle nostre posizioni.
Youssef Yousef Salman, presidente della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio